lunedì 13 dicembre 2010

1967-2010: Quarantatreesimo anniversario del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina


Dicembre é decisamente un mese ricco di date da ricordare per la popolazione della Striscia di Gaza e, mentre si prepara una grande cerimonia per commemorare la nascita di Hamas, anche il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ha celebrato il proprio Natale con un raduno che, pur con la certezza che sarà sicuramente superato dalla programmata manifestazione di Hamas, ha stupito non pochi osservatori e comenttatori palestinesi, arabi e internazionali per l'imponente affluenza e l'entusiasmo dei convenuti tutti: affiliati, sostenitori e simpatizzanti, ma anche semplici spettatori.

In effetti rispetto al calo di influenza e popolarità registrato negli anni '90 si può proprio dire che la Storia e la cronaca si siano incaricate di vendicare la linea politica tenuta dal 1993 in poi dal movimento di George Habash (fondato nel 1967 dalla fusione di tre piccole fazioni: gli "Eroi del Ritorno", i "Giovani per la Vendetta" e il "Fronte di Liberazione di Palestina"), che sempre ha rifiutato qualunque opzione di dialogo col regime sionista o di ventilata creazione di un monco ed emascolato "Stato palestinese" che dovrebbe restare perennemente in ostaggio delle armi e delle fisime paranoidi di Israele.

Con lo stallo delle trattative fra un'Anp ridotta alla sola Fatah, e il sempre più evidente collasso di qualunque seria "Soluzione a due Stati" molti Palestinesi sono tornati a indossare le kefieh biancorosse e ad agitare gli stendardi guevaristi del PFLP, a cantarne gli inni e a ripeterne le parole d'ordine, improntate all'ortodossia marxista-leninista, alla teoria (e alla pratica) della conquista del potere da raggiungersi tramite una lotta in cui il momento militare e armato deve necessariamente cedere il passo alla presa di coscienza di classe e all'interiorizzazione della Resistenza nel suo significato più ampio: storico, sociale e culturale.

Durante la manifestazione, tenutasi in una Gaza polverosa di macerie ma capace tuttavia di esprimere un vigoroso e sentito entusiasmo, il dirigente Jamil Al-Majdalawi ha dichiarato che lo stesso atto di considerare come viabili e possibili delle alternative al percorso della Lotta e della Resistenza é in sé stesso, sbagliato e costituisce nei fatti un vero e proprio tradimento dei diritti e delle legittime aspirazioni dei Palestinesi, che troppo hanno sofferto e sacrificato, troppo hanno subito e patito per potersi accontentare di qualunque soluzione diversa da uno stato libero, democratico e socialista che vada dalle sponde del Giordano alle rive del Mediterraneo.

"Ovviamente" puntualizza Al-Majdalawi "questo non vuol dire affatto che gli abitanti ebrei di Israele verranno scacciati, come i loro antenati e predecessori hanno fatto con noi e coi nostri fratelli nel 1948, né che verranno trattati come cittadini di serie B, come accade ai nostri compatrioti che vivono nel regime di Apartheid attualmente retto da Netanyahu e Lieberman; essi saranno protetti dalla Costituzione democratica e socialista del costruendo Stato palestinese e parteciperanno ai suoi progressi e alle sue conquiste come cittadini uguali agli arabi e agli altri gruppi etnico-religiosi della regione".

Nessun commento:

Posta un commento