giovedì 2 dicembre 2010
Elezioni-farsa in Egitto, meditazioni e commenti
Lo scenario all'indomani delle "elezioni" egiziane é descrivibile con diversi aggettivi: "ridicolo", "desolante", "indifendibile", "indignante" sono solo alcuni di questi. Ovviamente quasi nessun media outlet occidentale si é preoccupato di informarne le opinioni pubbliche europee o americane: quel che accade nelle satrapie dell'Impero deve restare lontano dagli occhi e dal cuore dei bravi cittadini del 'Primo mondo'...chissà se il biondo Assange riuscirà a trovare modo di 'leakare' che:
-l'affluenza alle urne é oscillata fra il 10 e il 15 per cento degli aventi diritto; con queste percentuali in occidente non si rinnova nemmeno un'amministrazione di condominio, figurarsi un Parlamento.
-I mazzieri di Mubarak, riuniti in 'gang' dette "baltagiya", presidiavano la maggior parte dei seggi, col compito di intimidire, minacciare o allontanare con la violenza fisica i sostenitori conosciuti della Fratellanza musulmana, gruppo politico che raccoglie i maggiori consensi nell'opinione pubblica.
-Gli osservatori internazionali indipendenti che si erano recati in Egitto a spese delle loro stesse organizzazioni (visto che Mubarak non li ha invitati, né gli Usa o Israele hanno fatto clamore perché vi fosse un controllo indipendente del voto) hanno dichiarato: "Le procedure di voto e spoglio non hanno avuto la benché minima trasparenza. Chiamare "elezioni" quel che é avvenuto recentemente in Egitto é un insulto alla stessa idea di Democrazia".
"Questo ci avanza di cotanta speme!", non é una superflua pseudo-citazione, ma un'amara constatazione, visto che proprio nella terra delle Piramidi un anno e mezzo fa l'abbronzato' presidente Obama ancora pimpante e fiducioso di sé ipnotizzava ed entusiasmava le opinioni pubbliche di mezzo mondo col suo 'storico' discorso al 'Mondo musulmano'...adesso quel discorso fa il paio con la dichiarazione di Neville Chamberlain che di ritorno dal Vertice di Monaco vedeva "La pace nel nostro tempo".
Il famoso giornalista palestinese Khalid Amayreh, in un suo recente articolo ricorda che persino un presidente Usa decente come Jimmy Carter, che negli ultimi anni si é fatto apprezzare per le sue severe critiche a Israele e il suo aperto sostegno alla Causa palestinese, quando era "avviluppato" dall'ingranaggio perverso della politica estera Usa definiva il tiranno Reza Palhevi come "Il garante di un'Isola di stabilità" in Medio Oriente".
Sappiamo com'é finita.
Gli Stati Uniti devono decidere se vogliono essere una potenza colonialista, nel qual caso non possono fare a meno di sostenere satrapi corrotti e disprezzabili come lo Shah di Teheran ieri o Mubarak oggi; oppure una nazione veramente dedita ai principi di Pace, Giustizia a Tolleranza, ruolo per il quale dovrebbero disfarsi di molta zavorra e molta paccottiglia, compresi i programmi di aiuto economico e militare a regimi impresentabili e le ambizioni di estendere dall'Egitto allo Yemen al Sud-Sudan (di prossima indipendenza grazie al referendum-farsa sponsorizzato dalla Clinton) una ragnatela di basi militari e centrali di spionaggio che circondi l'africa subsahariana per asservirla ai propri appetiti da 'basso impero'.
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