lunedì 24 gennaio 2011
Israele sgomita per accaparrarsi tutto il gas e il petrolio del Mediterraneo Orientale, l'incognita libanese
Per diversi anni numerose compagnie hanno esplorato e stimato i depositi di idrocarburi nel cosiddetto "Bacino Levantino", ma solo una manciata di figure-chiave politiche ed economiche erano al corrente dei risultati dei loro sforzi, avendo quindi un'idea più o meno precisa del giacimento in questione. Dal 29 dicembre scorso, le autorità israeliane hanno dato al consorzio Usa "Noble Energy Incorporated" la 'luce verde' per rivelare le scoperte fatte, comunicando che la fase di sfruttamento di un primo deposito, locato a 130 km al largo di Haifa e stimato in 450 miliardi di metri cubi di gas naturale,
é praticamente pronta a partire.
Attorno a questo primo giacimento se ne stenderebbe un secondo per altri 700 miliardi di metri cubi e, più a Sud e Sudovest sarebbe in attesa di sonde e trivelle una vera e propria "Grotta delle Meraviglie", ricca di ben 3500 miliardi di metri cubi di gas e un miliardo e 700 milioni di barili di petrolio greggio. La riserva di gas é imponente, e di gran lunga la più economicamente interessante: sarebbe, tanto per fare un esempio, l'undicesima del mondo in senso assoluto; più imponente dei 3170 miliardi di metri cubi Irakeni.
Il Governo israeliano ha affidato lo sfruttamento delle risorse alla Noble Energy e a una serie di compagnie locali (Delek, Avenr, e Ratio O.E.) ma, anziché predisporsi a uno sfruttamento concertato e armonioso coi suoi vicini (come fanno ad esempio l'Inghilterra, l'Islanda e la Norvegia coi giacimenti del Mare del Nord), ha iniziato un'aggressiva campagna di intimidazione per dissuadere i propri vicini dal far valere i propri diritti legali su quegli stessi depositi.
Secondo i rilevamenti geologici e le leggi internazionali vigenti infatti i campi di idrocarburi si estenderebbero fino alle acque territoriali libanesi (ampie fino a 370 Km dalla costa di un paese) in direzione Nord e, per colmo d'ironia, i punti più ricchi del giacimento -circa il 60 per cento del totale- sarebbero esattamente di fronte a Gaza; questi fatti non sono per nulla segreti, tanto che l'Autorità nazionale palestinese aveva fatto costruire due stazioni estrattive nei primi anni duemila, 'Gaza Marine 1' e 'Gaza Marine 2'.
Questi fatti non significano nulla per Israele, abituato da lunga pezza ad imporre i suoi arbitri a una scena politica internazionale troppo debole, divisa, irresoluta o interessata per fargliene pagare il prezzo con l'ostracismo, le sanzioni e le condanne che essi meriterebbero; infatti il Ministro sionista delle Infrastrutture, Uziel Landau (foto sopra), ha già annunciato che lo Stato ebraico si considera intitolato allo sfruttamento esclusivo dei depositi.
Ma i vicini di Israele non sono disposti a vedersi derubare di quel che spetterebbe legalmente loro senza lottare: il Portavoce del Parlamento di Beirut, Nabih Berri (foto sopra), legato al movimento secolare sciita Amal, ha dichiarato che il Libano non rinuncerà alla sua fetta di idrocarburi, invitando il Ministro degli Esteri Ali al-Shami (-sotto- membro della stessa forza politica) a farsi sentire presso il Segretario Generale ONU, Ban Ki-Moon, per impedire che il consorzio sionista attinga a depositi di competenza libanese.
Le prossime settimane e i prossimi mesi ci diranno se, guidato da un Esecutivo veramente autonomo e indipendente, il Paese dei Cedri saprà difendere con le armi della legalità e della diplomazia internazionale i suoi diritti di accesso alle risorse naturali della regione o se, schiacciato nella sottomissione da governanti-fantoccio che si genuflettono in direzione di Washington e Tel Aviv, abdicherà ai suoi diritti per compiacere quanti tirano i fili della screditata coalizione di centrodestra del "14 marzo".
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