mercoledì 16 febbraio 2011
Hassan Nasrallah celebra i leader martiri di Hezbollah con una profonda e articolata orazione
Il Segretario Generale di Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah ha rivolto un lungo e articolato messaggio ai militanti e sostenitori del Movimento sciita di Resistenza, ai cittadini libanesi e a tutti gli Arabi in occasione dell'inizio delle celebrazioni per i leader martiri di Hezbollah, che si sono svolte presso il complesso Sayyed Shohada’a nel sobborgo di Dahiyah, a sud di Beirut, lo stesso che ha dato il nome alla criminale dottrina operativa israeliana che prevede l'uso massiccio di bombardamenti su obiettivi civili.
Ogni anno Hezbollah celebra la memoria dei suoi capi caduti per mano di assassini sionisti, che li hanno colpiti vigliaccamente con attentati terroristici in niente diversi dagli attacchi qaedisti che costantemente vengono definiti 'barbari' e 'incivili' dai commentatori dei media occidentali: nel corso degli anni lo Sceicco Ragheb Harb, Sayyed Abbas al-Moussawi e Hajj Imad Mughniyeh hanno incontrato la morte nei giorni che vanno dal 12 al 16 febbraio, rispettivamente nel 1984 nel 1992 e nel 2008.
Lo slogan scelto per le celebrazioni di quest'anno: "Leader martiri, per una Nazione trionfante" ben rende la compenetrazione tra la prassi del Movimento e la storia dello sciismo che, nato da quella che agli occhi di un occidentale potrebbe sembrare una sanguinosa sconfitta, (la strage successiva alla battaglia di Karbala nell'anno 680), non considera la morte sul campo come una disfatta se da essa prende forza e si rinnova la determinazione di chi rimane a continuare l'opera del martire.
La verità di tale considerazione sembra finora sfuggita ai capi delle agenzie sioniste di spionaggio e assassinio, che da decenni continuano a martirizzare leader e capi di Hezbollah in un tentativo di rara futilità di 'decapitare l'organizzazione', mentre niente hanno tentato per impedire che si radicasse sempre più profondamente nell comunità sciita libanese, tanto da costituire ormai un tutt'uno con essa.
Obbligatorio é stato un riferimento e un saluto solidale a tutti coloro che attualmente, nel Medio Oriente e in Nordafrica, stanno lottando e versando anche il proprio sangue per portare alla caduta leader e regimi che non rappresentano le istanze e le volontà dei popoli, siano essi sciiti, arabi, musulmani o altro. Naesrallah ha anche ringraziato i "fratelli egiziani" per aver provocato, con la loro ribellion, la liberazione del militante Hezbollah Mohamed Mansour, conosciuto anche come Sami Shehab, catturato dalla polizia segreta egiziana mentre cercava di mettere in piedi un'operazione di sostegno logistico alla Resistenza di Gaza e gettato in carcere (e torturato) sulla scorta di assurde accuse di "complotto" contro il regime di Hosni Mubarak.
Sami Shehab, naturalmente, era presente alla cerimonia.
Nasrallah ha evidenziato come, per l'organizzazione, il tributo ai leader martiri non sia una vuota occasione di retorica e/o propaganda, ma un momento sia di ispirazione ideale che di studio pratico, necessario per rinnovare la dedizione agli obiettivi della lotta e a individuare le maniere migliori di raggiungerli, un processo grazie al quale Hezbollah é riuscito, per oltre trent'anni, a rimanere in contatto con le istanze dei fondatori e a evitare il processo di sclerotizzazione, imborghesimento e corruzione che ha devastato dall'interno movimenti a loro tempo coesi e determinati, come per esempio Fatah.
A quanti vedono o vogliono dipingere Hezbollah (e qualunque altro movimento di Resistenza e liberazione nazionale) come "una minaccia alla pace e alla stabilità" il Segretario Generale ha ricordato come pace e stabilità possano prosperare soltanto quando vengano assicurate la giustizia e la libertà, che non possono esistere in un regime di occupazione o di sottomissione a desideri e ordini esterni, come ben evidenziato dalle "paci" imposte con la sottomissione all'imperialismo occidentale e sionista da Ben Ali, Mubarak, Bouteflika e re Abdallah.
Nessuno stato sulla terra può dirsi più lontano dalla giustizia degli Stati Uniti, che pensano di poter imporre la propria volontà attraverso l'intero globo terrestre su popoli che non l'hanno mai chiesta e voluta, o dell'entità sionista israeliana, costruita sull'invasione della Palestina e sulla persecuzione dei suoi legittimi occupanti e abitanti; questi due agenti dell'ingiustizia globale si sostengono l'un l'altro, come dimostrano le loro azioni nei confronti dell'Egitto, del Libano, della Siria e dell'Iran ma, contro la loro forza diplomatica e bellica, sorge spontanea la volontà degli oppressi e dei perseguitati di lottare e resistere e, come dimostrato nel 2000, nel 2006 e ancora nelle ultime settimane, contro un popolo che lotta unito e determinato non vi sono astuzie politiche o brutalità militari che tengano.
Da qui Nasrallah é passato a fare alcune 'annotazioni' a recenti dichiarazioni di Gabi Ashkenazi, il neandertaliano ex-Capo di Stato Maggiore dell'Esercito israeliano che, facendo un bilancio del suo mandato, si é vantato del fatto che grazie alle sue "riforme" i fallimenti patiti da Tsahal nelle campagne contro il Libano nel 2006 e contro Gaza nel 2008-2009 non avranno a ripetersi. "Almeno questo tronfio generale sionista ammette che il suo esercito abbia patito sconfitte, cosa che a volte i sostenitori di quello stato criminale si azzardano a tentare di negare, ma, ora, impazza la discussione se Hezbollah sia in grado di occupare la cosiddetta regione di Galilea; vorrei ricordare che vent'anni fa si negava recisamente che le nostre forze potessero estendere il loro controllo al Nord della zona occupata".
"Quindi non solo la Resistenza di Hezbollah é riuscita a cacciare gli israeliani dal suolo libanese per due volte, ma ha anche esteso il raggio della sua potenziale influenza ad aree che in un passato non lontanissimo venivano ritenute off-limits per le sue possibilità". Il Segretario Generale ha quindi ricordato la frase lasciata cadere dal Ministro della Guerra sionista Ehud Barak durante il suo primo 'tour' dei reparti del Comando Nord insieme al neo-Capo di Stato Maggiore Benji Gantz, riguardo alla possibilità di "venire chiamati a entrare in Libano" nel prossimo futuro.
"Io dico a Barak, a Gantz e anche al dimissionato Ashkenazi che i combattenti della Resistenza sono pronti ad accogliere loro e i loro uomini se 'venissero chiamati a entrare in Libano', se davvero volessero insistere a confrontarsi con una Nazione determinata a difendersi, vorrei ricordare che alcuni analisti, persone evidentemente di natura più realistica, considerano ormai un dato acquisito che le forze della Resistenza possano interdire gli aeroporti, le strutture portuali e gli snodi strategici di Israele, spero per loro che gli israeliani abbiano buoni bunker e rifugi, e che siano psicologicamente preparati a restarci a lungo!".
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