Cina, Giappone, Sudkorea, Singapore e altri buyer asiatici hanno bisogno del petrolio iraniano; in particolare Pechino, che dopo il periodo peggiore della crisi vede di nuovo il ritorno alla crescita delle esportazioni dopo un anno di stagnazione e segni stazionari ha iniziato ad aumentare gli acquisti per alimentare il prossimo mini-boom di sviluppo, in particolare, costruendo nuove raffinerie adatte a trattare proprio il tipo di greggio che viene da Teheran, dimostrando così di non avere ALCUNA INTENZIONE di aderire a embarghi a stelle e strisce. E se in Cina OGNI GIORNO arriva circa mezzo milione di barili di petrolio iraniano, in Sudkorea e Giappone i livelli non sono poi troppo distanti, con 187mila e 182mila barili quotidiani.
Ovviamente con la ripresa della 'locomotiva cinese' questi numeri sono fatalmente destinati a crescere, dimostrando che il calo delle esportazioni iraniane di petrolio, nel mondo multipolare che non va più a rimorchio dell'unilateralismo americano, é stato probabilmente causato più dalla crisi economica che da qualunque fanfalucato e velleitario 'embargo'.
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