Jamal Abu Samhadana, già membro di Al-Fatah e ufficiale dei Battaglioni Tanzim creò i primi embrioni di ciò che divennero in seguito i "Comitati Popolari di Resistenza" dopo lo scoppio dell'Intifada delle Moschee precipitata dalla provocazione di Ariel Sharon contro Al-Aqsa per difendere i campi profughi della Striscia di Gaza dalle incursioni armate sioniste (ricordiamo che all'epoca il regime ebraico manteneva una presenza in tutta la Striscia e vi controllava numerose colonie militarizzate piene di miliziani armati).
Samhadana era originario di Rafah, nel Sud estremo della Gaza Strip e anche per questo i gruppi più forti dei Comitati Popolari si formarono proprio in quella zona ma ben presto le adesioni al gruppo si estesero ben al di là di quella 'culla', (a tutt'oggi la roccaforte del gruppo si trova nel campo profughi di Jabalyia, nell'estremo Nord della Striscia) e cellule vennero formate anche nella West Bank.
Il reclutamento, anche per le necessità contingenti, diede da subito buoni risultati, fornendo un'amalgama di 'veterani' reduci da precedenti esperienze di militanza in altri gruppi (formazioni di Sinistra, ma soprattutto Fatah, specie dopo la morte di Yasser Arafat) e di 'nuove leve' che si affacciavano per la prima volta all'esperienza della Resistenza armata.
Organizzata la loro componente militare nelle 'Brigate Salah ad-Din' i Comitati Popolari si segnalarono da subito per l'estrema flessibilità dei loro metodi operativi, dimostrandosi in grado di mutuare alcuni protocolli da altre organizzazioni e contemporaneamente di introdurne di nuovi e insospettati, dimostrandosi molto efficienti nelle operazioni combinate portate avanti con altri gruppi.
Come d'uso con le organizzazioni della Resistenza palestinese, solo le loro operazioni più distanti nel tempo possono essere attribuite con certezza, i dettagli su quelle più recenti sono trattenuti per evitare di aiutare le forze sionaziste nei loro sforzi di repressione, comunque gli attacchi dei Comitati e delle loro Brigate agli insediamenti sionisti illegali hanno avuto molta parte nella decisione del boia Sharon di ritirarsi dalla Striscia di Gaza.
Con la scomparsa di Arafat e la totale 'svendita' di ogni prospettiva di Resistenza da parte di Fatah i Comitati Popolari hanno visto aumentare molto il loro seguito in Cisgiordania ma hanno anche dovuto confrontarsi con gli arresti e le persecuzioni da parte degli apparati di sicurezza dell'ANP ormai collaborazionista con Israele, specialmente dopo il fallito golpe del 2006 che però ha lasciato Abbas e complici in controllo della West Bank.
E' quasi certo che i Comitati Popolari abbiano organizzato sia l'attentato esplosivo contro il convoglio americano a Beit Hanoun e abbiano organizzato l'assalto alla residenza di Moussa Arafat, congiunto del defunto Yasser, nel quale egli venne ucciso per aver perseguitato a lungo gli uomini della Resistenza in Cisgiordania.
Si dice che i Comitati popolari abbiano tra i 2000 e i 3000 aderenti a tempo pieno e un numero molto maggiore di membri part-time e simpatizzanti; tra i membri full-time l'adesione alle Brigate Salah ad-Din é altissima tanto che alcuni osservatori indicano come 'meramente cosmetica' la distinzione tra aderenti a tempo pieno e militanti dell'ala armata.
Anche se presi di mira dalle imboscate sioniste (il fondatore Samhadana é stato martirizzato nel 2006, il suo successore Al-Qaisi nella primavera 2012) i Comitati Popolari hanno trovato modo di rafforzarsi, stabilendo una fruttuosa collaborazione con Hezbollah, di cui ammirano apertamente metodi e risultati, arrivando a omaggiarne persino il glifo sulla loro bandiera ufficiale.
Nel corso degli otto giorni di scontro con l'Esercito sionista l'anno scorso a novembre 2012, tredici loro militanti sono caduti come martiri, ma in compenso dalle loro posizioni di Gaza i membri dell'organizzazione hanno lanciato razzi e colpi di mortaio verso le posizioni dell'Esercito di Tel Aviv fino all'ultimo minuto di conflitto.
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