sabato 15 gennaio 2011

La Caduta dei Cacicchi: oggi Ben Ali, domani Mubarak? Re Abdallah? Abbas?


Ecco le scene che i caporioni della CIA e del Mossad avrebbero voluto vedere a Teheran, in seguito alla maldestra e fasulla gazzarra mediatica da loro organizzata in occasione delle democratiche e regolari elezioni che hanno confermato al suo posto il Presidente Ahmadinejahd: folle in rivolta, incendi, lacrimogeni, manganellate, spari, sangue sull'asfalto e infine l'odiato tiranno inviso al popolo che si imbarca frettolosamente su un aereo e inizia il periplo che lo porta a un triste e illamentato esilio.

Solo che lo scenario non é Teheran, ma Tunisi, il tiranno é l'ex-generale Ben Ali, pupillo di Craxi installato al potere grazie agli intrighi e alle manovre dei Servizi italiani e, in luogo delle panzane montate ad arte su twitter e su facebook per le strade c'é vera folla, vera rabbia e, purtroppo, anche vero sangue.

Nessuno ha assegnato un colore o un fiore a questa Rivoluzione, non ce ne é bisogno, perché non é una delle fasulle iniziative delle agenzie di spionaggio imperialiste come la "rivoluzione arancione", la "rivoluzione verde" o la "rivoluzione delle rose", che guarda caso finivano sempre per installare al potere un satrapo degli Usa e di Israele, no, questa è una Rivoluzione vera, che il cacicco del colonialismo occidentale lo ha preso a calci nel culo fino a farlo ruzzolare giù dal trono e fuori dal paese.
Un satrapo d'annata...lo Shah di Persia Reza Palhavi, cacciato dalla Rivoluzione popolare del 1979.
Nella purtroppo ancor vasta comunità dei satrapi asserviti agli interessi imperialistici dei grandi parassiti e sfruttatori ci si scambiano occhiate colme di ansia e preoccupazione: "E ora?" "Chi sarà il prossimo?" "Oggi a lui, domani a noi!".
Crasso e volgare come un pizzicagnolo arricchito l'erede di Re Hussein si pavoneggia in Costa Azzurra con la moglie-trofeo.

In Giordania la popolazione, presa in giro lo scorso autunno da elezioni-farsa che hanno solo riempito il Parlamento di cortigiani e sicofanti di Re Abdallah, erede del nanerottolo Hussein famoso solo per la fotogenicità della moglie, l'esotica bellezza da rotocalco Ranyiah, la gente é già in piazza, così come in Algeria, in Egitto Mubarak sente l'aria che tira e probabilmente spera in qualche nuova bomba che gli permetta di scatenare il suo apparato di repressione.
"I'm with stupid"
Nella Palestina occupata, ridicolo e sfigato come il Woody Allen che recitava: "Dio è morto, Marx é morto e anch'io non mi sento troppo bene" Mahmud Abbas si domanda se, visto che Ben Alì é dovuto scappare appena dopo aver ricevuto la sua telefonata di solidarietà, non sia il caso di cominciare a far scorta di portafortuna.


Menzione Speciale, per i pallonari e mercanti di paura in servizio permanente effettivo del sito "secondo protocollo", noto covo di sionistame che infesta e appesta il cyberspazio italico, i quali, per guadagnarsi la cotidiana manciata di shekel, non hanno trovato di meglio che inventarsi di sana pianta una ansiosa (e ansiogena) preoccupazione per il "Pericolo Islamico" che avrebbe alzato la testa in quel di Sfax e di Cartagine...si sa, non c'é nulla che i sionisti temano più di un popolo che decida di testa sua da chi farsi governare! Teheran e Gaza insegnano!!

Dollari canadesi finanziano gli oppressori e gli sterminatori israeliani, col pieno appoggio del Governo


Il sistema tributario canadese attualmente finanzia gli insediamenti ebraici illegali, ma il Governo conservatore dice che non c'é nulla da fare al riguardo. Nel giugno del 2010 l'attivista Dan Maitland spedì una email al Ministro degli Affari Esteri Lawrence Cannon concernente "Canada Park", un progetto della sezione canadese del Fondo nazionale ebraico, l'agenzia parastatale israeliana incaricata di cancellare dal paesaggio ogni traccia della Storia degli originali abitanti della Palestina; 'Canada park' dovrebbe essere realizzato su terre occupate con l'aggressione militare a tradimento del 1967 e per la sua realizzazione i villaggi palestinesi di Beit Nuba, Imwas e Yalu sono stati già demoliti.

Poche settimane addietro Maitland ha ricevuto una replica da Keith Ashfield, Ministro delle Tasse (foto sopra), che si é rifiutato di discutere i particolari del caso, fornendo invece 'informazioni generali sui rapporti tra le agenzie di opere caritatevoli registrate e progetti in corso nei territori occupati'; in essa Ashfield ha avuto l'impudenza di scrivere che il fatto che alcune di esse siano coinvolte nella realizzazione di progetti nei territori palestinesi occupati non é pregiudizievole per il mantenimento del loro status di opere di beneficenza.

Questo vuol dire che organizzazioni caritatevoli canadesi possono apertamente e senza timor di conseguenze raccogliere fondi per attività che lo stesso Governo di Ottawa ritiene illegali a norma della legge internazionale vigente, e non solo, esse possono perfino chiedere allo stesso Governo di diventare loro complice tramite lo sconto del 30% dei crediti di imposta per le donazioni. Per giustificare la posizione del Governo Ashfield ha citato una sentenza d'appello emessa nel 2002 da una Corte federale, che sentenziò in favore di una organizzazione ebraica.

Milioni di dollari canadesi sono stati investiti nel progetto di colonizzazione e sradicamento dei Palestinesi e questo trend va avanti almeno dal 1997, quando il tributarista David Drache attirò per la prima volta l'attenzione sull'operato delle organizzazioni canadesi coinvolte in progetti di esproprio e annessione di territori al di là della "Linea Verde". Nei tardi anni '90 l'associazione dei coloni Ebrei ultranazionalisti Yesha raccoglieva in canada oltre 700.000 dollari l'anno. A metà del decennio il criminale di guerra Ariel Sharon ricevette da organizzazioni ebraiche oltre un milione di dollari da investire nelle colonie illegali e, prima del 2000 la Fondazione Press raccoglieva oltre 5 milioni di dollari l'anno per l'annessione e la colonizzazione delle alture del Golan e della cittadina palestinese di Hebron.
Questi due li hanno mandati in Canada di sicuro...
A questo bisogna aggiungere l'attività di "organizzazioni caritatevoli" coinvolte in attività con l'esercito israeliano, come Beit Helochem, che porta soldati sionisti considerati 'meritevoli' a fare viaggi e vacanze in Canada o come il Libi Fund o l'Associazione per i soldati di Israele in Canada che fornisce 'sostegno finanziario e morale' ai soldati in servizio attivo.
Vorremmo sapere se fra i critieri di 'merito' secondo i quali i membri delle forze armate più im-morali del mondo ricevono i loro viaggi-premio e le altre prebende Made in Canada vengano conteggiati il numero di bambine palestinesi uccise mentre comprano dolci, il numero di contadini palestinesi freddati mentre lavorano i loro campi, il numero di vecchi palestinesi massacrati mentre dormono nei loro letti.

E, mentre é perfettamente legale e persino deducibile dalle tasse aiutare e premiare le SS del ventunesimo secolo impegnate nei loro crimini di genocidio, persecuzione e pulizia etnica, lo stesso Stato canadese impedisce ai suoi cittadini di contribuire a un ospedale gestito dal legittimo Governo di Hamas e operante sotto monitoraggio e controllo internazionale.

Il Governo di Ottawa rende facile il percorso di chi voglia foraggiare e ingrassare i persecutori e gli sterminatori, mentre rende tortuoso e difficile il sentiero di chi voglia alleviare le sofferenze dei perseguitati e delle vittime...ogni cittadino canadese dotato di coscienza e di normali sentimenti umani dovrebbe mobilitarsi, protestare e domandare cambiamenti di questa politica opportunistica, ipocrita, vigliacca e soprattutto ingiusta.

Khalid Amayreh su Israele e la sua natura destabilizzatrice e criminale

Khalid Amayreh
I membri del Governo ultranazionalista e razzista al potere in Israele, compreso il Primo Ministro Benyamin Netanyahu, si sono recentemente lamentati per la crescente campagna di critica e denuncia nei confronti dei crimini e degli abusi dello Stato ebraico, che loro con aperta ipocrisia chiamano "delegittimizzazione" (come se l'entità sionista sia mai stata in qualche modo legittima) e hanno evidenziato il bisogno che Israele e i suoi sodali e complici internazionali si mobilitino per "delegittimare i delegittimizzatori".

Ma una pur cursoria revisione delle attività in cui sono state coinvolte le forze di aggressione e repressione israeliane negli ultimi tempi evidenzierà oltre ogni legittimo dubbio la natura nefanda, illegale e assassina di un'entità i cui rappresentanti commettono crimini e atti di terrore consapevolmente e deliberatamente, con la piena certezza che non verranno mai chiamati a risponderne come succederebbe per i rappresentanti di qualunque altro Paese del mondo: sono queste loro azioni, non altro, a privare il cosiddetto Stato di Israele di qualunque pretesa e/o aspirazione a una qualsivoglia legittimità internazionale.

L'omicidio, volontario o casuale, costituisce la normale e quotidiana azione politica di Israele contro il popolo Palestinese e contro quanti coloro lo sostengono o solidarizzano con esso, siano essi individui, associazioni, gruppi o governi e nazioni. Alcune delle vittime degli omicidi sionisti sono figure apolitiche, innocenti la cui morte non ha alcuna giustificazione tranne il "bisogno" dei sionisti di infliggere dolore e sofferenza a coloro che percepisce come 'nemici'.

Lo scorso 9 gennaio soldati sionisti dal grilletto pruriginoso, al sicuro su di una piattaforma di tiro sopraelevata al confine con la Striscia di Gaza assediata hanno sparato, uccidendolo, al sessantacinquenne Shaban al-Garmout, un povero contadino palestinese, mentre stava prendendosi cura dei suoi campi che si trovano pericolosamente vicini alla "Zona della Morte", la terra di nessuno arbitrariamente stabilita da Israele all'interno stesso della Striscia. Con la totale mancanza di interesse che li contraddistingue quando si parla di morti non-Ebrei i portavoce delle forze militari israeliane hanno negato di essere a conoscenza dell'incidente; da costoro, uomini e donne senza distizione, si aspetterebbe quantomeno una parola di cordoglio o di empatia nei confronti di un uomo ucciso mentre lavorava la terra senza costituire una minaccia per nessuno...invano...forse tale albagia ha l'origine nell'indottrinamento razzista che é parte integrante dell'addestramento dei soldati israeliani, ricordiamo infatti che più di un esponente del rabbinato militare ha definito i non-Ebrei come "bestie" e "subumani" invitando i soldati a usarli come scudi.

I parenti della vittima e i testimoni oculari dell'assassinio sono ancora più netti: "Incidente? Un incidente é qualcosa che succede una, due, forse tre volte", dichiara Ahmet al-Garmout, congiunto della vittima "Ma qui stiamo parlando di un vero e proprio tiro al bersaglio quotidiano, gli 'errori' ripetuti quotidianamente hanno un diverso nome: sono una politica di assassinio". Basta guardare alla lista di Palestinesi assassinati sui confini della Striscia di Gaza mentre si recavano al lavoro, coltivavano le loro terre o raccoglievano materiali di risulta da impiegare nell'edilizia per capire che c'é più di un oncia di verità in queste parole.
Abu Mazen si é umiliato di fronte a Israele fino a rendersi odioso al suo stesso popolo...ha fatto forse cessare le violenze e gli omicidi israeliani? NO!
In seguito al recente assassinio di un altro sessantenne nella Cisgiordania formalmente 'controllata' da Fatah, la morte di Al-Garmout fa ancora più scalpore perché dimostra chiaramente come il disprezzo degli israeliani per le vite dei Palestinesi sia totale, sia che essi vivano nella Striscia di Gaza (che sotto la guida del Movimento di Resistenza Hamas rifiuta l'Occupazione sionista e viene perciò attaccata e assediata da Tsahal), ma anche quando sedicenti 'rappresentanti' del popolo di Palestina (come i sodali di Abu Mazen) fanno atto di sottomissione e si trasformano nei fedeli ascari degli interessi sionisti: il disprezzo e gli assassinii non cessano.

Qualche giorno prima di Al-Garmout e di Al-Qawasmi é toccato a Jawaher Abu Rahma venire martirizzata dalle truppe di occupazione sioniste, soffocata dai gas urticanti lanciati in concentrazione letale contro un rally di protesta che non faceva altro che contestate pacificamente l'estensione dell'infame barriera dell'Apartheid sulle terre palestinesi. Se la lista sempre crescente dei crimini dello Stato ebraico non lo qualifica come un'entità malvagia, canagliesca, assassina, che cosa sarebbe necessario per giungere a tale conclusione?

Dobbiamo forse aspettare l'erezione di una nuova Auschwitz per ammettere finalmente la natura criminale di Israele? Quante piogge di fosforo bianco, quanti pogrom militari condotti contro infrastrutture e abitazioni civili saranno ancora necessarie? L'impostura del cosiddetto "esercito più morale del mondo" ha ancora sostenitori? Cos'hanno da dire davanti al sudario insanguinato del 65enne Al-Qawasmi? Che cosa hanno da dire davanti al pianto della madre di Jawaher e Bassem Abu Rahma?

L'innegabile e oggettiva natura criminale di Israele non é ristretta o limitata all'arena palestinese...il Mossad si occupa normalmente di inviare "squadroni della morte" all'estero ad assassinare a sangue freddo cittadini di altri Stati, con operazioni di killeraggio o di vera e propria strage...i casi di Gerald Bull, Rafik Hariri, Mahmoud Al-Mabhouh e molti altri ancora sono emblematici e tipici della concezione sionista delle operazioni di "intelligence".

Con simili credenziali criminali, senza una decisa e aperta azione di stigmatizzazione, condanna, isolamento e sanzioni da parte della Comunità internazionale Israele continuerà a essere un fattore destabilizzante non solo nei confronti della Palestina o del Medio Oriente, ma anche dell'Asia, del Nordafrica e del mondo in generale. Il terrorismo di Stato israeliano continuerà a influenzare per il peggio le vite di milioni di persone in tutto il pianeta. Diventa quindi un imperativo morale e politico mobilitarsi con ogni mezzo legale, giustificato e appropriato per contenere e controbattere la letale carica di caos e distruzione che la presente linea di condotta israeliana reca con sé, in modo che, messo di fronte alle conseguenze del suo agire, Israele stesso cessi di portare al potere politici tanto pervicacemente e costantemente alieni dalle più comuni norme della legalità e del Diritto internazionale.

Hanyieh ordina alle forze della Resistenza di mantenere la calma


Il portavoce del legittimo Governo palestinese insediato a Gaza, Taher al-Nunu, ha dichiarato in una conferenza stampa tenuta ieri che il Primo Ministro Ismail Hanyieh ha emesso: "ordini chiari e dettagliati" affinché le forze di sicurezza nazionale assicurino la calma lungo la regione costiera, coordinando i loro sforzi con le varie componenti della Resistenza armata e i loro referenti politici, in maniera da negare ai militari dello Stato ebraico qualunque pretesto per incrudelire con raid e attacchi contro la popolazione civile della Striscia.

Militanti delle Brigate Ezzedine al-Qassam, braccio militare di Hamas; oltre a questa forza armata, molte altre sono le ramificazioni della Resistenza palestinese.
Le dichiarazioni di Al-Nunu arrivano dopo una prolungata seduta del gabinetto governativo, che ha coinvolto altresì i capi delle forze di sicurezza e alti ufficiali della polizia. Hanyieh ha informato i ministri del contenuto di una missiva da lui inviata al Governo egiziano, nella quale si esprime viva preoccupazione per le crescenti indicazioni che le forze armate sioniste si starebbero preparando a una "reprise" del brutale pogrom militare scatenato due anni fa contro gli abitanti di Gaza.
Ad esempio le Brigate di Resistenza nazionale, espressione del DFLP...
Il Primo Ministro ha evidenziato la necessità di continuare a dialogare con Il Cairo e con i gruppi dirigenti di tutti i partiti e le fazioni della Resistenza, sottolineando come né Hamas né altre organizzazioni palestinesi abbiano al momento alcunché da guadagnare in un inasprirsi della tensione con Israele. Hanyieh si é infine appellato alla Comunità internazionale perché attivi una pronta e decisiva azione contro le violazioni della sovranità di Gaza, che spesso si risolvono con sanguinosi bilancia di vittime civili.
...la milizia della Jhiad Islamica palestinese, le Brigate Al-Quds...
...le Brigate Salah ad-Din, milizia dei Comitati di Resistenza Popolare...
...le Brigate Abu Ali Mustafa, del PFLP...
...e infine la milizia del PFLP-GC

L'ultima grana libanese di Obama? Cortesia di Madama Clinton, paladina degli interessi israeliani!

Barack Obama sta probabilmente rimpiangendo la scelta di dare a Dama Clinton carta bianca sulla politica estera Usa...
Continuano a emergere nuovi dettagli sulle pressioni e i movimenti che hanno portato al collasso la coalizione bipartisan che sosteneva il Governo di unità nazionale di Saad Hariri, il figlio dell'ex Primo Ministro libanese ucciso nel 2005 da un proiettile lanciato con ogni probabilità da un drone assassino israeliano.

E' ormai evidente, come risulta dall'analisi della successione temporale degli eventi, che il presidente dimezzato che siede nello Studio Ovale debba ringraziare Dama Clinton, instancabile patronessa della lobby ebraica e infaticabile protettrice degli interessi e dei desiderata israeliani per l'ennesima debacle della propria politica estera, che sta ormai raccogliendo tante battute d'arresto da ricordare quella del suo impopolare predecessore George Bush jr.

La Clinton infatti incontrò Saad Hariri prima di partire per un viaggio in Medio Oriente e Golfo Persico, dove si é fatta notare per i ripetuti tentativi di seminare zizzania fra i paesi arabi del Golfo Persico e l'Iran, nonché per il goffo tentativo di fare accettare all'opinione pubblica araba il 'fait accompli' riguardo la continua politica sionista di persecuzione e sradicamento della popolazione araba dalla Palestina.

E' chiaro che nel colloquio, avvenuto a porte chiuse, la Clinton abbia messo Hariri con le spalle al muro costringendolo a fare un passo indietro dalla prospettata accettazione dell'intesa "2S" (Siro-Saudita) che lo avrebbe invece portato a rigettare "in anticipo" qualunque conclusione del Tribunale speciale per il Libano, più volte esposto come un'agenzia parziale e politicizzata, pronta a falsificare prove e ad accettare testimonianze mendaci nel tentativo di costruire un traballente castello accusatorio nei confronti del suo obiettivo del momento (prima la Siria, adesso il partito Hezbollah).

Hariri, che nell'attentato di sei anni fa ha perso suo padre, sembrava inclinato a voler conoscere la verità piuttosto che a lasciare andare liberi gli assassini del padre per far piacere ai suoi sponsor internazionali, ansioni di piegare il Libano ai loro voleri, ma, minacciato dalla bionda paladina della lobby sionista, ha commesso l'errore di vacillare e tentennare come un qualsiasi Carlo Alberto, pagando prontamente lo scotto della sua indecisione con il crollo del suo Esecutivo.
Walid Jumblatt quando era ancora in "buona" con gli Usa...
Walid Jumblatt, leader del Partito Socialista Progressista, la storica formazione politica drusa, ha dichiarato: "Hariri era sul punto di fare un'audace e generosa mossa nei confronti della soluzione congiunta Siro-Saudita, che avrebbe permesso di disinnescare la crisi con onore e nel rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia nazionale, ma le forze occulte che manovrano la coalizione del 14 marzo gli hanno impedito di percorrere fino in fondo quel sentiero".
Militanti del PSP durante la Guerra civile del Libano
Jumblatt, una volta sostenitore della coalizione filo-occidentale, si é sganciato da essa quando il suo asservimento a Usa e Israele era diventato talmente smaccato e offensivo da rendere impossibile la permanenza tra le sue file al partito che nel corso della lunga e sanguinosa Guerra civile libanese (1975-1990) si era distinto per non essersi mai messo al servizio dello Stato ebraico o dei suoi manutengoli libanesi.

Il Ministro del Lavoro Muahmmad Fneish (del partito sciita Hezbollah -foto sopra-) ha a sua volta dichiarato: "Le ingerenze americane e l'incapacità di Hariri di assumere una posizione autorevole e indipendente da essere hanno sabotato ogni speranza di successo dell'iniziativa siro-saudita; se volete saperne di più sulle ragioni di questo fallimento dovete chiedere alla signora Clinton". Se Obama avrebbe visto di buon occhio una soluzione inter-araba che non coinvolgesse eccessivamente la Casa Bianca nella ragnatela di interessi e pressioni contrapposte che é la politica interna libanese Dama Clinton, da brava paladina del sionismo a stelle e strisce, non poteva farsi sfuggire l'occasione di intrigare a favore di Israele, anche a scapito degli immediati interessi politici della propria nazione, da qui il suo intervento.
La Clinton, sorridente e scodinzolante accando al suo "Massa"...
Saad Hariri, schiacciato fra il legittimo desiderio di vedere investigati e incriminati i veri mandanti e i veri esecutori dell'assassinio di suo padre e le pressioni e i ricatti di coloro che hanno inteso usarlo come propria pedina per trasformare il Libano in un vassallo dei loro interessi non é riuscito a far prevalere la motivazione della Giustizia sulle pressioni settarie e di fazione; pur avendo un onorevole compromesso a portata di mano non é riuscito a raggranellare abbastanza forza di volontà e indipendenza morale per afferrarlo, lasciandosi sopraffare dal veto della Clinton, guardiana degli interessi del Moloch con la stella di davide.

Anche dalle occasioni perdute, comunque, si possono trarre utili lezioni e ammaestramenti, da ricordare e utilizzare in futuro: da questa in particolare il popolo libanese e i suoi sinceri amici ed alleati hanno avuto l'ennesima conferma che molto più della Siria o addirittura dell'Iran é dalle mire egemoniche di Stati Uniti, Francia e ovviamente Israele che il Paese dei Cedri ha da salvaguardare la propria indipendenza ed autonomia, mentre le forze che ieri militavano nella Resistenza contro l'invasione e l'occupazione militare sionista costituiscono il più grande baluardo a difesa delle stesse.

venerdì 14 gennaio 2011

Anche la Guyana riconosce l'indipendenza della Palestina


La Guyana é diventato il sesto paese latinoamericano a riconoscere l'indipendenza della Palestina. Annunciando l'importante decisione Carolyn Rodrigues-Birkett, Ministro degli Esteri di Georgetown, ha dichiarato: "E' speranza del popolo della Guyana che il crescente riconoscimento internazionale dello Stato palestinese contribuirà alla soluzione della questione israelo-palestinese e alla creazione di una Pace giusta e duratura nella regione".

La decisione della Guyana, si legge nello stesso comunicato: "...é coerente con la tradizione di solidarietà e sostegno del nostro paese nei confronti delle giuste e legittime aspirazioni dei popoli all'autodeterminazione e alla libertà, alla costruzione di una loro patria che sia libera, indipendente, pacifica e prospera".

La Guyana segue Brasile, Argentina, Bolivia, Uruguay ed Ecuador nell'immediato riconoscimento dell'indipendenza palestinese, e precede di alcune settimane l'annunciato riconoscimento da parte di altri paesi sudamericani: come i suoi vicini anche lo Stato creolo riconosce l'esistenza di uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme Est all'interno dei confini evidenziati dall'ONU nella risoluzione 242, precedente all'attacco a tradimento di Israele consumatosi nel giugno 1967.

Ahmed Yousef su Hamas e la condizione femminile: "Le donne di Gaza studiano, lavorano, lottano fianco a fianco coi loro uomini"

Ahmed Yousef
Le donne in ogni singola società hanno diverse e differenti percezioni del loro ruolo, il quale é solitamente plasmato da norme e convenzioni culturali e sociali; evidentemente in diverse parti del mondo queste norme e queste convenzioni hanno restritto la sfera dei diritti femminili.

L'Islam, la cultura e la società musulmana, possono senza dubbio rivendicare il merito di avere abbattuto molte di queste restrizioni e di queste barriere, enfatizzando l'eguaglianza sociale e garantendo il diritto al Lavoro come parte integrante della libertà di scelta di ogni donna. Inoltre, sebbene il Corano raccomandi a uomini e donne di "vestire con modestia", la questione se una donna debba indossare uno Shayla, un Hijab, un Amira, un Chador o un Niqab, é, in ultimo, lasciato alla coscienza personale della donna e al suo rapporto con la Scrittura e con Dio.

Inoltre, la scelta di un individuo o di un gruppo di praticare la propria religione seguendone gli insegnamenti, i principi e i precetti deve essere pienamente rispettato e non giudicato secondo standard stabiliti da qualcun altro.

Se da un lato non si può negare che certi individui o certe istituzioni in alcuni paesi o realtà musulmane abbiano oppresso le donne, come del resto é accaduto nel corso della Storia a qualunque paese e in qualunque latitudine, é cruciale, per una valutazione obiettiva dei fatti, riconoscere che tali comportamenti e tale oppressioni non seguono alcuna norma o ideologia religiosa e, anzi, spesso derivano da precedenti tradizioni e norme, con le quali l'Islam si é spesso trovato in contrasto. Hamas, in quanto movimento musulmano, é ansioso e pronto a implementare i principi e gli insegnamenti di integrazione e uguaglianza del genere femminile nel corpo sociale, senza riguardo per norme o tradizioni oppressive.

Hamas, in quanto Movimento di Liberazione dell'intero Popolo palestinese, lavora per rifiutare, sradicare e mettere fine all'Occupazione sionista e all'ingiustizia e all'oppressione che essa genera e non ha, in nessun modo o maniera, intenzione di instaurare un particolare tipo di Stato al termine di questa vittoriosa lotta di liberazione; né progetta di imporre le proprie visioni e i propri valori a chicchessia.

Per conseguire il proprio obiettivo primario, la vittoria della lotta di liberazione, Hamas deve giocoforza mobilitare e coinvolgere tutti i gruppi e tutti gli strati della società palestinese, senza riguardo al censo, al sesso, all'età, questa é la stringente necessità della militanza integrale.

Nel Corano é scritto: "I credenti, uomini e donne, sono l'uno il protettore dell'altro, godono di ciò che é giusto e proibiscono ciò che é nocivo". Chiaramente, l'Islam permette a uomini e donne di cooperare nell'assoluzione dei loro doveri; conseguentemente con ciò, comprendendo l'importanza l'utilità dell collaborazione e della complementarietà Hamas invita le donne a prendere parte a tutte le proprie attività: vi sono membri femminili nel Consiglio Consultivo, responsabile della strategia generale e delle iniziative principali del Movimento, così come vi sono donne attive nel Politburo, nell'Ufficio Affari culturali e, ovviamente, il Comitato per gli Affari femminili é costituito esclusivamente da donne.

A parte questi ruoli politici, le donne di Gaza giocano un ruolo decisivo nel mondo del lavoro e dell'istruzione: molte donne hanno ruoli di prestigio e responsabilità nelle scuole e nell'Università della Striscia, lavorano come medici, ingegneri e tecnici, si occupano del Sociale e hanno ruoli preminenti anche nelle rappresentanze sindacali e nei consigli studenteschi. Con le vittoriose elezioni del 2006 le donne di Hamas si mobilitiarono nella Striscia e in Cisgiordania per portare con grande successo il messaggio di Dignità e Resistenza di Hamas all'elettorato palestinese, che lo recepì premiandolo con la maggioranza assoluta.

Tre membri del Parlamento palestinese uscito da quelle urne erano donne, una di loro divenne Ministro, ben sessanta furono nominate direttori generali di commissioni e assessorati. Di sei Dipartimenti di Educazioni locati oggidì nella Striscia di Gaza, ben tre sono guidati da donne.
Con simili 'ceffi' a infestare la stampa e l'informazione italiana menzogne e balle su Hamas sono all'ordine del giorno!
La menzogna che vorrebbe Hamas come "oppressore" delle donne o che legherebbe il Movimento musulmano di Resistenza a pratiche discriminatorie e repressive come quelle in vigore in paesi e realtà lontanissime dalla Storia e dalla tradizione palestinese non é altro che uno dei mille modi con cui le lobby filosioniste che tanto bene influenzano i media e la politica delle cosiddette 'democrazie' occidentali tentano di diffondere paura, disprezzo e intolleranza nei confronti dell'Islam, della Cultura araba e della lotta di liberazione ed emancipazione del popolo di Palestina contro il razzismo e la persecuzione dello Stato ebraico; una lotta e un'emancipazione che vedono le donne di Hamas in prima linea su tutti i fronti: Politica, Lavoro, Economia, Sociale, Famiglia.