La vedova del 65enne palestinese Omar Salim al-Qawasmi, davanti al letto dove il marito è stato assassinato, con un suo ritratto in mano. |
I cinque detenuti appena scarcerati, non c'é neanche da dirlo, erano ovviamente i militanti/simpatizzanti cisgiordani di Hamas arrestati da Fatah e trattenuti in carcere con accuse vaghe, senza alcuna accusa o, in alcuni casi, addirittura con ordini di scarcerazione già emessi e trascorsi da molti mesi o addirittura da quasi un anno. Decisi a non subire senza reazione gli arbitri e le angherie degli sbirri di Abbas, i cinque avevano dato il via a un durissimo sciopero della fame, che aveva fatto temere per la loro vita.
Sempre premurosi di venire incontro alle necessità dei loro fedeli "ascari" di Fatah, i militari sionisti hanno aspettato che l'organizzazione di Abu Mazen li scarcerasse in seguito alle proteste di organismi e attivisti palestinesi e internazionali, per poi presentarsi alle loro case e sequestrarli, traducendoli in località sconosciute, forse in qualche insediamento ebraico illegale.
Il più grave di neo-prigionieri, Mohammaad Neiroukh, era privo di conoscenza stante la prostrazione fisica causatagli dal digiuno, e non la ha recuperata nemmeno durante il suo rapimento.
Contemporaneamente al ratto dei prigionieri, un pattuglione di militari sionisti ha fatto irruzione con la forza nell'appartamento della famiglia Al-Qawasmi e, sotto il tiro delle armi, ha ordinato ai presenti di ritirarsi nelle loro stanze; entrati nella camera del capo famiglia (un vecchio di sessantacinque anni che dormiva nel suo letto), lo hanno freddato con tredici colpi di arma da fuoco al torso e alla testa.
La casa a fianco a quella degli Al-Qawasmi ospita la famiglia di Wael Al-Bitar, uno dei rapiti, non si sa se l'omicidio sia legato al rapimento del prigioniero o non sia invece risultato da un errore di indirizzo. Hamas e altre organizzazioni palestinesi e arabe non hanno mancato di esprimere il loro sdegno per la piaggeria e il servilismo mostrato da Fatah nel collaborare con gli oppressori e persecutori del popolo cisgiordano.
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