sabato 16 ottobre 2010
Portugal recognizes Palestinian diplomatic mission as a full-fledged embassy
Portugal's foreign office chose to fully recognize the Palestinian diplomatic mission as an embassy, and its head as official ambassador of Palestine in Lisbon.
Palestine's foreign ministry added that the recognition takes place within a frame built over more than three years of work, to review and requalify at an higher degree the Palestinian diplomatic presence abroad, on the road for a full Palestinian statehood.
venerdì 15 ottobre 2010
Il Portogallo eleva la missione diplomatica palestinese al livello di ambasciata
L'ufficio del ministero degli Esteri dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) fa sapere che il Portogallo ha decretato un importante riconoscimento al livello diplomatico palestinese. Il capo della missione palestinese a Lisbona assurgerà al rango di ambasciatore.
A conclusione della notizia, il ministero palestinese aggiunge che lo sviluppo portoghese rientra in un lavoro diplomatico condotto negli ultimi tre anni, per rivedere e riqualificare la rappresentanza palestinese in diversi paesi.
A conclusione della notizia, il ministero palestinese aggiunge che lo sviluppo portoghese rientra in un lavoro diplomatico condotto negli ultimi tre anni, per rivedere e riqualificare la rappresentanza palestinese in diversi paesi.
Ahmadinejad's visit to Lebanon: an appraisal
"Groundbreaking", "Historical", "A P.R. and political triumph", these are but some of the words used to describe Mahmoud Ahmadinejad's trip to Lebanon; some, such as Rajab Safarov (Director of the Russian Centre for Modern Iran Studies) have gone as far as likening the President's visit to Beirut and South Lebanon to JFK's 1963 journey to Germany, during which he uttered the "Ich bin ein Berliner" speech.
Of course one can discount some of the most enthusiastic appraisals of the Iranian, Lebanese and Middle Eastern press as skewed by pro-persian and pro-shiite bias, but the evaluation given by a knowledgeable and impartial political scientist as Safarov still stands testimony to the fact that Ahmadinejad's one has not been "just another state visit".
The reaction of the pro-israeli camp, on the other hand, has been exceedingly meek and understated: some criticism on Haaretz and the Jerusalem Post, some smug declarations by the ultra-rightist israeli head of Foreign Affairs Avi Lieberman, and a pitiful demonstration along the israeli-lebanese borders, where slightly less than 100 israeli rightists (almost entirely settlers), released clusters of white-and-azure balloons which dwarfed their already scarce ranks with their size. The external observer definitely got wind that the jewish state, at the current state of affairs, lacks the conviction or the boldness to wrestle with his most direct and vocal denouncer "mano-a-mano", perhaps already weakened by the divisive legislation passed last week about the "oath of fealty" to Israel which would be required to some of its citizens on a racist ethnic and religious basis.
Israeli voters elected the current right-wing government into office hoping that it would have fostered a more resolute stance which would have improved the security and the international standing of the zionist state; instead they helped a squabbling and insecure coalition to reach power only to find that they have no cohesive or concerted idea of how to employ it, save for resorting to excessive measures (like the aforementioned oath or the piratical raid on the international Gaza-bound aid flottilla, which resulted in the slaying of unarmed activists) which add to israeli embarassment on the international stage rather than improving its standing.
On the other hand Ahmadinejad has not only strenghtened his position on the internal iranian political stage (his fellow citizens can't deny that Iran is stronger and more respected on the Middle Eastern stage now more than ever, thanks to its uncompromising stance on matters ranging from relationship with the West to the nuclear issue), but added clout to the image of the Islamic Republic toward any observer wishing or dreaming for an independent and autonomous way to modernity, without having to reach an appeasement with the global powers-that-be.
The example of the different roads followed by the Lebanese Shia and the Hamas Palestinians and the ANP Palestinians are there to prove it: the first two refused compromise and appeasement toward israel and, while having suffered or suffering its armed aggression and retailatory policies are still standing, Hezbollah having managed to best the vaunted israeli army in open confrontation; the ANP Palestinians, on the other hand, still suffer from israeli "settlement and harassment" policy and have garnered nothing of the advantages they hoped for, as the u.s., which would have had to oversee the enactment of the reached deal, are too weak and partial to rein the jewish state in, no matter how grave and blatant its mistreatment of the rump government of the West Bank may ever eventually get.
giovedì 14 ottobre 2010
Continua la visita libanese del Presidente Ahmadinejad
Man mano che la visita del presidente iraniano in Libano si avvia verso il termine emergono nuovi e interessanti dettagli su un evento che diversi osservatori internazionali non hanno esitato a paragonare, per impatto mediatico e conseguenze storiche, a quella memorabile di John Fitzgerald Kennedy a Berlino nel 1963.
Rajab Safarov, direttore generale del Centro russo per gli studi iraniani moderni, ha avvicinato la visita di Ahmadinejad in Libano a quella di Kennedy a Berlino. |
Ovviamente una buona parte delle sue parole é stata spesa per denunciare e stigmatizzare Israele, che ha aggredito militarmente il Libano nell'estate del 2006. "Vedete voi forse qualcosa da Israele che non sia criminale, nella natura e negli intenti, nelle azioni del regime sionista?", ha chiesto Ahmadinejad alla folla riunita per ascoltarlo, "Vedete voi forse qualcosa di diverso dal massacro di civili innocenti, la distruzione di case e frutteti, la confisca di provviste di cibo e medicine, l'aggressione di civili in acque internazionali, e le minacce dirette e indirette a stati vicini e meno vicini sono all'ordine del giorno per Israele e i suoi dirigenti".
"La vostra vittoriosa campagna e, in misura minore, anche il martirio di Gaza, mostrano con sempre più evidenza la disperazione di Israele, la sua incapacità di agire se non ricorrendo alla violenza e alla forza militare", ha poi aggiunto, ricordando però che lo stato sionista diventa sempre più ingiustificabile con ogni aggressione che compie. Ahmadinejad ha definito l'esperienza libanese del 2006 "un esempio da studiare" e il movimento Hezbollah come un'università di resistenza e coraggio.
mercoledì 13 ottobre 2010
Bagno di folla in Libano per il presidente Ahmadinejad
L'annunciata visita del presidente della Repubblica islamica iraniana Mahmoud Ahmadinejad nel "Paese dei cedri", iniziata stamane, sta rapidamente trasformandosi in un trionfo diplomatico e di immagine; sbarcato all'aeroporto internazionale di Beirut nella mattinata odierna Ahmadinejad è stato salutato da ali di folla festante lungo tutto il traditto del corteo motorizzato che lo ha condotto verso la residenza del suo omologo libanese, Michel Suleiman, col quale ha condiviso una affollata e vivace conferenza stampa.
"L'Iran vuole un Libano forte, moderno e unito e si schiererà sempre a fianco del suo popolo, del suo Governo e di quegli elementi della sua società che vogliono raggiungere e consolidare tali obiettivi"; questa una delle dichiarazioni centrali di Ahmadinejad, che include un riferimento piuttosto esplicito al partito Hezbollah, forza politica di riferimento della comunità sciita, che ha respinto con successo l'aggressione israeliana dell'estate 2006.
Guidato dal dinamico e carismatico Hassan Nasrallah, Hezbollah gode di crescente popolarità presso sempre più vasti settori della società libanese, come i maroniti fedeli all'ex-Generale Aoun, i filosiriani di Amal e quei Drusi che non condividono la scelta di Walid Jumblatt di schierare il suo Partito socialista progressista in senso filo-occidentale e velatamente filo-israeliano.
La permanenza del presidente Ahmadinejad in Libano proseguirà domani con una visita alla cittadina di Bint Jbail, gravemente danneggiata dall'aggressione israeliana di quattro anni fa.
"L'Iran vuole un Libano forte, moderno e unito e si schiererà sempre a fianco del suo popolo, del suo Governo e di quegli elementi della sua società che vogliono raggiungere e consolidare tali obiettivi"; questa una delle dichiarazioni centrali di Ahmadinejad, che include un riferimento piuttosto esplicito al partito Hezbollah, forza politica di riferimento della comunità sciita, che ha respinto con successo l'aggressione israeliana dell'estate 2006.
Guidato dal dinamico e carismatico Hassan Nasrallah, Hezbollah gode di crescente popolarità presso sempre più vasti settori della società libanese, come i maroniti fedeli all'ex-Generale Aoun, i filosiriani di Amal e quei Drusi che non condividono la scelta di Walid Jumblatt di schierare il suo Partito socialista progressista in senso filo-occidentale e velatamente filo-israeliano.
La permanenza del presidente Ahmadinejad in Libano proseguirà domani con una visita alla cittadina di Bint Jbail, gravemente danneggiata dall'aggressione israeliana di quattro anni fa.
Israele usa i suoi jet per intimidire gli abitanti di Gaza
Gli F-16 della General Dynamics, aeroplani di quarta generazione in forza all'aviazione del regime sionista in virtù della strettissima alleanza cementata dalla lobby ebraica attiva negli Stati Uniti, già protagonisti di scempi come la distruzione di oltre 4000 abitazioni civili a Gaza durante il tristemente famoso ''pogrom'' di fine 2008, sono tornati in azione sui cieli della Striscia, con finalità più sottili e insidiose dei bombardamenti sui civili Palestinesi inermi, sebbene non meno vili e spregevoli.
Il tipo di "attacco" che ha visto protagonisti i piloti del "Hel Ha'vir", infatti, questa volta é stato psicologico: volto non a distruggere e devastare con gli ordigni ad alto esplosivo e a frammentazione, ma a intimidire e terrorizzare col loro suono, appositamente diffuso da speciali apparati montati sugli apparecchi, rinfrescando una memoria che per i civili di Gaza e fin troppo viva e recente.
Come il colonnello Kilgore, il militare americano smargiasso e imbecille magistralmente interpretato da Robert Duvall in ""Apocalypse Now"", anche "l'esercito più morale del mondo" si balocca con la guerra psicologica; a terra i civili di Gaza stringono i pugni e rafforzano la loro determinazione, la resa dei conti verrà e quel giorno non é detto che i sionisti possano nascondersi vigliaccamente dietro le armi tecnologiche di cui dispongono.
Il tipo di "attacco" che ha visto protagonisti i piloti del "Hel Ha'vir", infatti, questa volta é stato psicologico: volto non a distruggere e devastare con gli ordigni ad alto esplosivo e a frammentazione, ma a intimidire e terrorizzare col loro suono, appositamente diffuso da speciali apparati montati sugli apparecchi, rinfrescando una memoria che per i civili di Gaza e fin troppo viva e recente.
Come il colonnello Kilgore, il militare americano smargiasso e imbecille magistralmente interpretato da Robert Duvall in ""Apocalypse Now"", anche "l'esercito più morale del mondo" si balocca con la guerra psicologica; a terra i civili di Gaza stringono i pugni e rafforzano la loro determinazione, la resa dei conti verrà e quel giorno non é detto che i sionisti possano nascondersi vigliaccamente dietro le armi tecnologiche di cui dispongono.
martedì 12 ottobre 2010
Israele nega ai genitori di Rachel Corrie di guardare in viso il militare che la uccise
I coniugi Corrie, Cindy e Craig, sono due sessantenni americani che a prima vista possono sembrare fratello e sorella: stesso incarnato rosaceo, stessa sfumatura argentea dei capelli, occhiali con montature molto simili; invece Cindy e Craig, tanto tempo fa, si sono sposati e hanno avuto una figlia di nome Rachel.
All'età di ventitré anni, Rachel Corrie, prese una pausa dai suoi studi universitari per impegnarsi con l'ONG International Solidarity Movement, nata nel 2001, che ha la missione di alzare il livello di consapevolezza del pubblico internazionale sulla sofferenza del popolo Palestinese e organizza proteste non violente e atti di interposizione contro la forza repressiva che lo stato sionista di Israele scatena contro di esso.
Il 16 marzo 2003 Rachel venne investita e schiacciata da un bulldozer dell'esercito israeliano, impegnato in una delle "usuali" devastazioni volte a rendere impossibile la vita ai Palestinesi, a demolire le loro case, i loro campi coltivati, le loro serre, i loro acquedotti; nella fattispecie Rachel insieme ad altri sei attivisti dell'ISM (tre britannici ed altri tre americani) stava cercando di impedire che il veicolo di demolizione distruggesse la casa del pediatra Samir Masri.
Il sacrificio di Rachel Corrie non é stato vano; la sua tragica fine ha scosso dall'apatia tante persone, i volontari della flottiglia Free Gaza; le hanno intitolato una nave, artisti i più diversi (dall'Alan Rickman di Harry Potter e Die Hard fino alla band italiana Klimt 1918) le hanno dedicato piéce e canzoni, ma tutto questo, ovviamente, non può consolare Cindy e Craig della loro perdita.
In un vero e proprio periplo di dignitosa ''pietas'' i genitori della ragazza hanno iniziato a fare la spola fra i Territori Palestinesi, dove hanno visitato il luogo della morte della figlia e gli Stati Uniti, dove entrambe intervengono in eventi e conferenze sulla resistenza non-violenta e l'oppressione della popolazione palestinese.
In seguito a una loro denuncia civile sporta nel 2005, i coniugi Corrie hanno chiesto a israele una compensazione simbolica di un dollaro usa per la morte della figlia (visto che non si può dare un valore monetario a una vita umana) e la possibilità di vedere in viso l'autista del bulldozer che stroncò la vita di Rachel.
Israele aveva una grande possibilità di mostrarsi meno disumano e odioso del solito consentendo a quest'ultimo desiderio, magari organizzando un incontro privato fra le parti: ma, sprecando l'ennesima occasione di mostrare un po' di pietà e comprensione umana gli alti papaveri dell'esercito e del governo sionista hanno persino ordinato che il militare direttamente responsabile della morte della ragazza rendesse la sua testimonianza in tribunale dietro uno "schermo protettivo".
Non sanno, forse, che nessuno schermo potrà proteggerli dalla composta, calma, umana riprovazione dei Corrie? Un marito e una moglie che sono passati da una tranquilla vita suburbana a stelle e strisce all'occhio del ciclone della questione mediorientale con una incisività e una determinazione decisamente notevoli.
I coniugi Corrie nel 2010. |
Rachel Corrie. |
La morte di Rachel è stata testimoniata da foto commoventi e scioccanti come questa. |
In un vero e proprio periplo di dignitosa ''pietas'' i genitori della ragazza hanno iniziato a fare la spola fra i Territori Palestinesi, dove hanno visitato il luogo della morte della figlia e gli Stati Uniti, dove entrambe intervengono in eventi e conferenze sulla resistenza non-violenta e l'oppressione della popolazione palestinese.
In seguito a una loro denuncia civile sporta nel 2005, i coniugi Corrie hanno chiesto a israele una compensazione simbolica di un dollaro usa per la morte della figlia (visto che non si può dare un valore monetario a una vita umana) e la possibilità di vedere in viso l'autista del bulldozer che stroncò la vita di Rachel.
Israele aveva una grande possibilità di mostrarsi meno disumano e odioso del solito consentendo a quest'ultimo desiderio, magari organizzando un incontro privato fra le parti: ma, sprecando l'ennesima occasione di mostrare un po' di pietà e comprensione umana gli alti papaveri dell'esercito e del governo sionista hanno persino ordinato che il militare direttamente responsabile della morte della ragazza rendesse la sua testimonianza in tribunale dietro uno "schermo protettivo".
Non sanno, forse, che nessuno schermo potrà proteggerli dalla composta, calma, umana riprovazione dei Corrie? Un marito e una moglie che sono passati da una tranquilla vita suburbana a stelle e strisce all'occhio del ciclone della questione mediorientale con una incisività e una determinazione decisamente notevoli.
ONG accusa Israele: le sue truppe prendono di mira i bambini Palestinesi
Defence for Children International, la ONG nata nell'anno internazionale del fanciullo per iniziativa di personalità come Nigel Cantwell, ha denunciato in un suo dossier il fatto che, fra gli oltre cinquanta Palestinesi feriti con armi da fuoco dall'eserctio israeliano lungo il confine della Striscia di Gaza, dieci fossero bambini e adolescenti.
Alzare un'arma da fuoco contro un civile disarmato é già di per sé un marchio di bestialità e infamia, (anche se le forze armate dello stato sionista sono ben avvezze a portarlo) e tuttavia, quando a essere fatti segno del fuoco dei cecchini di israele sono bambini che avrebbero tutto il diritto a correre dietro un pallone anziché correre via dalle pallottole, il cuore di qualunque persona animata dai più comuni e normali sentimenti umani riesce ad avere un ulteriore sobbalzo, a fremere per un sovrappiù di disgusto.
Dal tragico ''pogrom'' militare uno dei passatempo preferiti dai soldati israeliani è diventato il tiro ai Palestinesi impegnati a recuperare detriti di calcestruzzo e cemento. Già, perché al contrario di quanto sostengono gli strombazzatori della propaganda filoisraeliana il primo e più pressante pensiero dei Palestinesi che li vorrebbero tutto il giorno a pianificare "terrorismo" o a lanciare i "micidiali" razzi Qassam (quelli che colpiscono 15 israeliani ogni 1500 Palestinesi massacrati) è invece quello di ricostruire Gaza, per ridare alle proprie famiglie quel tetto che è stato loro strappato dall'arroganza e dalla violenza sionista.
A tal fine i detriti di cemento sono preziosi: con cura essi vengono raccolti e avviati a speciali opifici dove sono triturati con macchinari di fortuna, frutto dell'ingegno e della perizia di un popolo troppe volte abituato a ricostruire tutto da zero; la polvere risultante mescolata con sabbia e fango per diventare un nuovo mattone.
Pet la mentalità razzista dei soldati di israele, sparare ai Palestinesi impegnati in tale corvée è diventato appunto un gioco perverso dove i bambini, "ovviamente" valgono punteggio doppio, visto che colpendo loro, piuttosto che gli adulti, si vorrebbe inculcare il terrore della sottomissione nelle nuove generazioni di abitanti di Gaza.
Riflettiamo di nuovo: chi dovrebbero essere i "terroristi"??
Un coraggioso membro dell' "esercito più morale del mondo" affronta il suo 'nemico'. |
Il tiro al bersaglio contro vittime indifese è sempre stato molto popolare fra vigliacchi sadici e criminali sociopatici. |
Anche così, un mattone alla volta, Gaza resiste a chi la vorrebbe umiliata e sottomessa. |
Pet la mentalità razzista dei soldati di israele, sparare ai Palestinesi impegnati in tale corvée è diventato appunto un gioco perverso dove i bambini, "ovviamente" valgono punteggio doppio, visto che colpendo loro, piuttosto che gli adulti, si vorrebbe inculcare il terrore della sottomissione nelle nuove generazioni di abitanti di Gaza.
Riflettiamo di nuovo: chi dovrebbero essere i "terroristi"??
Gli ulivi di Gaza: simbolo di pace ma anche di dignità e Resistenza
Il governo di Ismail Haniyeh, il legittimo Primo Ministro palestinese designato con la vittoria di Hamas nelle elezioni del 25 gennaio 2006, ha lanciato una campagna agricola mirante a piantare centinaia di alberi di ulivo nel territorio della Striscia di Gaza; per contrastare i danni inflitti all'agricoltura locale dalle devastazioni dell'operazione 'piombo fuso', il ''pogrom'' militare condotto contro Gaza dalle truppe sioniste ormai 20 mesi fa.
Dozzine di agricoltori Palestinesi, in massima parte coltivatori di olive e datteri, erano presenti all'evento, che ha visto protagonista il capo del Governo nazionale palestinese, i ministri Mohammed al-Agha e Ahmad al-Kurd, titolari dei dicasteri dell'Agricoltura e degli Affari sociali e una delegazione della stampa locale e regionale.
Haniyeh ha visitato diverse aziende agricole, venendo aggiornato sulle condizioni del raccolto annuale, sulle difficoltà dei coltivatori diretti di Gaza, prima di concludere la giornata con una ispezione ai frantoi della zona centrale della Striscia.
Copyright riservato - Middle East Monitor - Ottobre 2010. |
Copyright riservato - Middle East Monitor - Ottobre 2010 |
Copyright riservato - Middle East Monitor - Ottobre 2010. |
lunedì 11 ottobre 2010
Platini tackling israeli harassment of Palestinian footballers
Michel Platini has probably been one of the most talented foreign players ever to grace Italian football fields with his exhibitions: this recognition is made all the more admirable given the fact that in the early to mid-eighties several top-class footballers from all over the world migrated to the "Serie A" (among others we may remember Zico, Falcao, Rummenigge, Maradona), thus emerging among such a crowd required unparalleled talent and dedication.
Since his retirement Platini has started a brilliant career as a UEFA and FIFA executive, reaching presidency of the former in 2007.
And as UEFA president Platini had to tackle with one of the toughest and ugliest adversaries he faced so far; a much worse opponent than any rough-edged defender he ever jousted with on the field
Israel, giving his appalling popularity with the neighboring countries (legacy of decades of wars, aggressions and repression of the Palestinian people) is not included in the manifestations of the AFC (the consequences of matches such as Israel-Lebanon or Israel-Iran are much better left to the imagination), but is instead hosted by UEFA in its ranks, where its national team competes for qualification in the European Championship (where it has never managed to figure in the final rounds) and its club teams feature in UEFA Champions and Europa League (with a severe lack of memorable results so far).
Yet, following the spirit and the letter of an association which touts Football competitions as a mean of promoting mutual understanding and healthy sportmaship Platini could not avoid to denounce the systematic policy of harassment and persecution enacted by israeli authorities which obstruct and negate free circulation to Palestinian football players engaged in their own games and tournaments.
Backed in his action by Jacques Rogge, president of CIO he went as far to threaten Israel with exclusion from UEFA's events; a notable and corageous stand, given the fact that in all the decades of its existance Israel has paid a wonderfully low price for his long history of abuses and violences.
As a football player Platini was renowned for his free kicks, with which often he managed to best hapless defenders and goalkeepers; we can only hope that, as UEFA's president, he will manage to score one more time: a wonderful goal against israeli racism and apartheid.
Since his retirement Platini has started a brilliant career as a UEFA and FIFA executive, reaching presidency of the former in 2007.
And as UEFA president Platini had to tackle with one of the toughest and ugliest adversaries he faced so far; a much worse opponent than any rough-edged defender he ever jousted with on the field
Israel, giving his appalling popularity with the neighboring countries (legacy of decades of wars, aggressions and repression of the Palestinian people) is not included in the manifestations of the AFC (the consequences of matches such as Israel-Lebanon or Israel-Iran are much better left to the imagination), but is instead hosted by UEFA in its ranks, where its national team competes for qualification in the European Championship (where it has never managed to figure in the final rounds) and its club teams feature in UEFA Champions and Europa League (with a severe lack of memorable results so far).
Only Latvia and Malta manage to perform worse than Israel in this not-too-tough group". |
Backed in his action by Jacques Rogge, president of CIO he went as far to threaten Israel with exclusion from UEFA's events; a notable and corageous stand, given the fact that in all the decades of its existance Israel has paid a wonderfully low price for his long history of abuses and violences.
As a football player Platini was renowned for his free kicks, with which often he managed to best hapless defenders and goalkeepers; we can only hope that, as UEFA's president, he will manage to score one more time: a wonderful goal against israeli racism and apartheid.
Le Brigate Salah Ad-Din mettono in fuga un distaccamento israeliano
Tramite una dichiarazione rilasciata all'agenzia di stampa palestinese Ma'an le Brigate Salah Ad-Din, braccio armato dei Comitati Popolari di Resistenza hanno rivendicato il successo di una loro operazione di contrasto a un'attacco israeliano tentato in prossimità di Bet Lahiya, nella fascia settentrionale della Striscia di Gaza.
Secondo il comunicato delle Brigate Salah Ad-Din un distaccamento delle forze armate israeliane, centrato attorno a un distaccamento di artiglieria blindata, si è posizionata in prossimità dei confini della striscia nella sera di domenica 10 ottobre, assumendo assetto da combattimento.
Pattuglie di fanti israeliani si sarebbero quindi staccate dalla forza principale, evidentemente con l'intenzione di compiere una ricognizione e fungere da osservatori per il fuoco d'artiglieria. I militanti palestinesi sono quindi entrati in azione, ingaggiando una sparatoria coi ricognitori appiedati e facendo segno l'artiglieria israeliana di una scarica di colpi di mortaio.
Di fronte alla pronta reazione degli abitanti di Bet Lahiya gli aggressori israeliani si sono disimpegnati, ritirandosi. Dopo la conclusione dello scontro velivoli della forza aerea sionista sono stati avvistati in fase di sorvolo della parte Nord della Striscia, senza tuttavia assumere alcuna iniziativa ostile.
La notizia è stata ripresa e diffusa dalla Qatar News Agency e dall'agenzia di stampa italiana Infopal.
Logo delle Brigate Salad Ad-Din, braccio armato dei Comitati di Resistenza Popolare. |
Pattuglie di fanti israeliani si sarebbero quindi staccate dalla forza principale, evidentemente con l'intenzione di compiere una ricognizione e fungere da osservatori per il fuoco d'artiglieria. I militanti palestinesi sono quindi entrati in azione, ingaggiando una sparatoria coi ricognitori appiedati e facendo segno l'artiglieria israeliana di una scarica di colpi di mortaio.
L'obice cingolato M-109. di fabbricazione statunitense, é il più diffuso nell'arsenale dell'artiglieria israeliana. |
La notizia è stata ripresa e diffusa dalla Qatar News Agency e dall'agenzia di stampa italiana Infopal.
Apartheid South Africa and Israel: an odd couple cemented by racism
Even today many observers find hard to believe that in decades past the zionist state enjoyed warm and fruitful relations with apartheid-South Africa.
Of course the zionist-owned and controlled mainstream media have no interest in propagating knowledge of that 'dangerous liason', which was but one of Israel's many improper relationships with the vilest regimes on Earth (racist Southafrica, but also Palhevi's Iran,Pinochet's Chile, from an up-and-coming Idi Amin Dada to greek colonels' junta and even neo-fascist and neo-nazi(sic) terrorists in Italy).
Yet the Israelo-Southafrican alliance was reality and found its fertilizing humus in cold-war era necessities and in the racial obsessions of white afrikaner and jewish zionists.
To mention the first factor: israel, janissaire of Washington's foreign policy was used repeatedly to "prop up" the faltering South-African's strenght against soviet-aligned and soviet-friendly black african nations.
One could critique the USSR harshly, but always has to concede that, in the African arena, Moscow's aim always passed through a support of national emancipation movements calling for the end of colonial and neo-colonial western interests in the region, which was cause of countless woes for the White House and the Pentagon.
Mozambique, Angola, Zimbabwe, did free themselves from the Poroguese yoke (the first two) and from Ian Smith's racist regime (the third) thanks to soviet help and support and Washington needed an alert and armed counterbalance to this potential "African Domino", little did it matter that it was to be found in a racist regime and an international paria such as South Africa was at the time.
Israel served as middleman in this operation and, if hundreds of anti-apartheid activists were killed or made to vanish and thousands were gaoled and tortured, they were to be accounted for as "collateral victims" of america's geopolitical maneuvering, conducted in the name of "freedom" and "democracy". Odd that freedom and democracy were negated and pushed away from the reach of million of negro and coloured south africans by that very strategical jousting, along with all those africans which had to endure the aggressions and the invasions of the emboldened apartheid regime, such as Angolans and Namibians.
Israel, fattened and made audacious by Washington's support, renewed and updated Pretoria's aging arsenal, modernizing its tanks with all the tech-savvy obtained on Tsahal's Centurions, and its jets thanks to its Mirage expertise.
Not satisfied to have destabilized the entire Australafrican theater through conventional means Israel went as far as proliferating its own undisclosed nuclear capabilities in favour of its racist buddies, giving them the means to produce a five-weapons nuclear arsenal; which was dismantled when presidentDe Klerk did choose to do away with state-enforced racism.
On the other hand israeli generals and politicians closely scrutinized how South Africa managed to keep a small white clique in power and subjugate its largely superior coloured population: apartheid South Africa became the 'blueprint' on which future Israel was to be developed and built.
Demographical trends were already telling in the early 70s: jewish israeli (the "Master race") were destined to become minority in their own 'jewish state'; hence means were to be found to avoid that through democratic means the Palestinian "untermensch" could wrest power from them.
The answer of course laid in apartheid: which was to be imported, duplicated and refined in Israel, complete with bantustans and all, leading to physical, cultural and economic segregation of Palestinians as second-class citizens, no matter how large their number could eventually get.
Nobody is more convinced and vocal about the factual identity between south african and israeli apartheids than the ones which defeated and overcame the first: the south africans themselves which are always ready to demonstrate their support of the Palestinian cause, denouncing israeli racism and segregation.
Sasha Polakow-Suransky wrote an informative and detailed book on the matter, aptly titled: "The Unspoken Alliance" which can be found on Amazon for less than 20 Euro.
Of course the zionist-owned and controlled mainstream media have no interest in propagating knowledge of that 'dangerous liason', which was but one of Israel's many improper relationships with the vilest regimes on Earth (racist Southafrica, but also Palhevi's Iran,Pinochet's Chile, from an up-and-coming Idi Amin Dada to greek colonels' junta and even neo-fascist and neo-nazi(sic) terrorists in Italy).
Yet the Israelo-Southafrican alliance was reality and found its fertilizing humus in cold-war era necessities and in the racial obsessions of white afrikaner and jewish zionists.
To mention the first factor: israel, janissaire of Washington's foreign policy was used repeatedly to "prop up" the faltering South-African's strenght against soviet-aligned and soviet-friendly black african nations.
One could critique the USSR harshly, but always has to concede that, in the African arena, Moscow's aim always passed through a support of national emancipation movements calling for the end of colonial and neo-colonial western interests in the region, which was cause of countless woes for the White House and the Pentagon.
Mozambique, Angola, Zimbabwe, did free themselves from the Poroguese yoke (the first two) and from Ian Smith's racist regime (the third) thanks to soviet help and support and Washington needed an alert and armed counterbalance to this potential "African Domino", little did it matter that it was to be found in a racist regime and an international paria such as South Africa was at the time.
Israel served as middleman in this operation and, if hundreds of anti-apartheid activists were killed or made to vanish and thousands were gaoled and tortured, they were to be accounted for as "collateral victims" of america's geopolitical maneuvering, conducted in the name of "freedom" and "democracy". Odd that freedom and democracy were negated and pushed away from the reach of million of negro and coloured south africans by that very strategical jousting, along with all those africans which had to endure the aggressions and the invasions of the emboldened apartheid regime, such as Angolans and Namibians.
Racist South Africa attacked and invaded left-leaning Angola; cuban intervention was vital to stall its ambitions. |
Not satisfied to have destabilized the entire Australafrican theater through conventional means Israel went as far as proliferating its own undisclosed nuclear capabilities in favour of its racist buddies, giving them the means to produce a five-weapons nuclear arsenal; which was dismantled when presidentDe Klerk did choose to do away with state-enforced racism.
On the other hand israeli generals and politicians closely scrutinized how South Africa managed to keep a small white clique in power and subjugate its largely superior coloured population: apartheid South Africa became the 'blueprint' on which future Israel was to be developed and built.
Demographical trends were already telling in the early 70s: jewish israeli (the "Master race") were destined to become minority in their own 'jewish state'; hence means were to be found to avoid that through democratic means the Palestinian "untermensch" could wrest power from them.
The answer of course laid in apartheid: which was to be imported, duplicated and refined in Israel, complete with bantustans and all, leading to physical, cultural and economic segregation of Palestinians as second-class citizens, no matter how large their number could eventually get.
Nobody is more convinced and vocal about the factual identity between south african and israeli apartheids than the ones which defeated and overcame the first: the south africans themselves which are always ready to demonstrate their support of the Palestinian cause, denouncing israeli racism and segregation.
Sasha Polakow-Suransky wrote an informative and detailed book on the matter, aptly titled: "The Unspoken Alliance" which can be found on Amazon for less than 20 Euro.
domenica 10 ottobre 2010
La resistenza di Gaza passa anche dal folclore
La "Totaler Krieg" scatenata dal regime sionista contro il popolo di Palestina non è soltanto un affare di carri armati, jet, bombe, di mura di divisione, posti di blocco e fili spinati; anche quando alla formula si uniscano gli insediamenti, coi loro coloni razzisti e fanatici, si avrebbe soltanto una visione parziale della cosa.
Perché la tremenda equazione che dovrebbe dare come risultato finale l'annientamento del popolo Palestinese, la sua riduzione a massa amorfa di schiavi sottomessi alla ferula sionista o a rifugiati dispersi ai quattro angoli del mondo, passa anche (e forse soprattutto) attraverso la sistematica distruzione dell'identità nazionale e culturale Palestinese.
La colossale e sfrontata menzogna che fa da pietra angolare al sionismo espropriatore e colonialista: la pretesa che la Palestina fosse "terra di nessuno", "terra nullius", deve diventare verità a qualunque costo, come in un esperimento orwelliano di "modificazione della realtà".
Tutta la grancassa e la fanfara mediatica a disposizione del sionismo internazionale viene quindi mobilitata a questo fine: bisogna negare che sia mai esistito un popolo di Palestina, con le sue tradizioni, la sua lingua, la sua storia. I Palestinesi devono venire confusi e disgregati nel gran calderone degli "arabi", categoria superficiale e indistinta che viene presentata al pubblico dei paesi occidentali ogniqualvolta si parli di Vicino e Medio Oriente.
I Palestinesi devono risultare "alieni", ombre spaventose sorte da qualche antro di Acheronte a minacciare e aggredire i miti e buoni sopravvissuti dell'Olocausto che andavano, senza colpo ferire, a occupare la "terra senza popolo", promessa loro fin dai tempi biblici.
E' quindi naturale che fra coloro che combattono e resistono ogni giorno contro i piani di genocidio fisico e spirituale del popolo Palestinese, vi siano anche coloro che si dedicano a proteggere e difendere la sua ricca e multiforme cultura; come gli organizzatori del festival folcoristico inaugurato a Gaza lo scorso venerdì.
Bella e necessaria, la manifestazione ha ricevuto copertura mediatica dalla qatariana Al-Jazeera e dall'emittente iraniana PressTv; non certo dalla CNN o dalle reti di Rupert Murdoch (per non parlare dei media nostrani, allineati e coperti sotto la più ferrea cappa censoria filoisraeliana).
Perché la tremenda equazione che dovrebbe dare come risultato finale l'annientamento del popolo Palestinese, la sua riduzione a massa amorfa di schiavi sottomessi alla ferula sionista o a rifugiati dispersi ai quattro angoli del mondo, passa anche (e forse soprattutto) attraverso la sistematica distruzione dell'identità nazionale e culturale Palestinese.
La colossale e sfrontata menzogna che fa da pietra angolare al sionismo espropriatore e colonialista: la pretesa che la Palestina fosse "terra di nessuno", "terra nullius", deve diventare verità a qualunque costo, come in un esperimento orwelliano di "modificazione della realtà".
La città di Giaffa all'inizio del Ventesimo Secolo. |
Palestinesi degli anni '10 e '20; come si vede nella prima foto stili e mode di comportamento "occidentale" erano già diffusi in Palestina oltre novanta anni fa. |
E' quindi naturale che fra coloro che combattono e resistono ogni giorno contro i piani di genocidio fisico e spirituale del popolo Palestinese, vi siano anche coloro che si dedicano a proteggere e difendere la sua ricca e multiforme cultura; come gli organizzatori del festival folcoristico inaugurato a Gaza lo scorso venerdì.
Bella e necessaria, la manifestazione ha ricevuto copertura mediatica dalla qatariana Al-Jazeera e dall'emittente iraniana PressTv; non certo dalla CNN o dalle reti di Rupert Murdoch (per non parlare dei media nostrani, allineati e coperti sotto la più ferrea cappa censoria filoisraeliana).
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