Il candidato della Fratellanza Musulmana alla presidenza dell'Egitto sta rapidamente mobilitando il favore popolare nei suoi confronti, anche fidando nel fatto che se coloro che hanno sostenuto la Rivoluzione e la cacciata di Mubarak un anno e quattro mesi fa non voteranno per lui la prospettiva sarebbe quella della salita al soglio presidenziale di un ex-generale d'aviazione uomo del regime al 110% (Ahmad Shafiq) che potrebbe quindi proteggere i residui della dittatura e mettersi di traverso a qualunque tentativo di "repulisti". Quindi tutti coloro che al primo turno hanno scioccamente sprecato il loro voto scegliendo Amr Moussa, Aboul Fotouh o altre inconsistenti 'non-entità' come i vari candidati 'laici' sanno benissimo di non avere scelta e dover sostenere l'uomo dell'Ikhwan e dell'FJP.
Ovviamente, per mobilitare le coscienze nella maniera più penetrante e integrale Mursi sa benissimo come esista solo uno e un solo tasto da premere: quello filopalestinese e antisionista, essendo il sentimento di fratellanza con i legittimi abitanti della vicina Palestina e l'odio per i suoi invasori e occupanti illegali il grande collante del sentire popolare egiziano, che nemmeno trenta e passa anni di dittatura filoimperialista e filosionista sono riusciti a cancellare, anzi, se mai, hanno avuto l'effetto opposto di rafforzarlo e approfondirlo.
Nel corso di un recente raduno elettorale, tenutosi della cittadina del Delta di Mahalla, che ha visto la partecipazione della Guida Suprema dell'Ikhwan Mohammed Badei e di una nutrita rappresentanza degli Stati Maggiori della Fratellanza e del Partito di Libertà e Giustizia il predicatore Sawfat Hagazy ha dichiarato che l'elezione di Mursi a Presidente dell'Egitto sarà "Il primo passo verso la liberazione della Palestina e di Gerusalemme, al canto di 'Milioni di Martiri in Marcia verso Al-Aqsa'!", con palese riferimento alla moschea messa in pericolo dai costanti tentativi israeliani di provocarne il crollo minandone le fondamenta con la scusa di "scavi archeologici".
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Come sempre, nel totale disinteresse delle potenze occidentali ipocrite e codarde, pronte ad attaccare Governi coraggiosi che non si piegano ai loro ricatti, ma mai a mobilitarsi per limitare l'impudente arroganza di Sion, aguzzina e affamatrice di milioni di civili indifesi racchiusi nel ghetto di Gaza, l'ultima incursione armata ebraica contro la capacità autonoma di procurarsi cibo degli abitanti della Striscia non ha causato sdegno né reazioni, ma la redazione di Palaestina Felix ritiene importante darne notizia in maniera che tutti possano rendersi conto di che cosa voglia dire vivere in balia dello shylockiano strangolamento imposto dai grassi e crudeli politici e generali di Tel Aviv, gli Hans Frank e i Rosenberg del Ventunesimo Secolo.
L'aggressione contro il settore agricolo di Gaza si é svolta con cannoneggiamenti e lancio di granate al fosforo contro i campi di frumeto e di orzo di Khan Younis, nel Sud della Striscia assediata, più precisamente a Est di Abasan al-Kabira ed é risultata nell'incendio di una enorme estensione di campi che ha distrutto tutto il raccolto ormai quasi maturo per la mietitura. Il 'timing' dell'intervento dimostra con quanta malvagità é stato programmato l'attacco: i sionisti hanno atteso che gli onesti e laboriosi contadini palestinesi avessero versato fino all'ultima goccia di sudore sui loro campi prima di dar loro fuoco.
In alcuni casi, per impedire alle fiamme di distruggere case abitate sono stati gli stessi contadini, a dover dare fuoco a quel poco che rimaneva intatto dei loro campi per fare 'terra bruciata' davanti al fronte delle fiamme avanzanti, salvando vite al prezzo di quanto restava di mesi di fatica e lavoro. Chi é in grado di compiere azioni talmente vili e meschine come distruggere il frutto del lavoro altrui non merita alcuna pietà o comprensione e, presto o tardi, si troverà a dover pagare il fio delle sue colpe fino all'ultimo.
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L'illustrazione di qui sopra serve a illustrare cosa deve avere pensato il lettore medio del 'Maariv', (tabloid serale sionista per semi-analfabeti) leggendo sulle pagine del suo rotocalco preferito che secondo il preoccupato rapporto di tale David Albright, portavoce di un presunto 'centro studi' di nome "Institute of Science and International Security" la Repubblica Islamica iraniana, in gran segreto, avrebbe iniziato la costruzione di un 'terzo sito di centrifughe', lontano dagli occhi degli ispettori dell'IAEA.
Le centrifughe, lo ricordiamo ai nostri lettori, servirebbero a 'frullare' l'esafluoruro di uranio in maniera da separarne gli atomi di U-238 da quelli di U-235, diminuendo gradualmente la percentuale dei primi rispetto ai secondi in maniera che questi ultimi dall'uno per cento, diciamo, risultino via via il cinque, il venti, il cinquanta, il novanta per cento del totale, risultando quindi nel famoso "Uranio arricchino all'X per cento". Questo processo che lo ricordiamo é di SOTTRAZIONE di componenti da un totale (e non di 'addizione' come la terminologia 'arricchito' potrebbe forse suggerire ai non-iniziati) é alla base del pacifico programma nucleare civile di Teheran, cui l'Iran ha pienamente diritto in quanto firmatario confermato del Trattato di Nonproliferazione nucleare.
Mister Albright dell'Istituto per la Scienza e la Sicurezza Internazionale sembra molto preoccupato dalla possibilità che l'Iran venga mento al suo dichiarato intento di non costruire mai armi atomiche (impegno assunto con l'NNPT) ma stranamente non sembra colto da ansie o patemi al pensiero che a poche migliaia di chilometri da Teheran esista uno Stato-canaglia, colpevole di aggressioni armate a ripetizione, che se ne sta appollaiato letteralmente su centinaia di bombe atomiche illegali e non dichiarate e non si é mai sognato di aprire le porte dei suoi siti nucleari a nessuna ispezione internazionale (come invece la Repubblica iraniana fa regolarmente).
Inoltre l'intenzione iraniana di costruire altri siti di arricchimento oltre ai due già attivi a Natanz e Fordow é stata già dichiarata dall'Ex-capo dell'Agenzia nucleare della Repubblica Islamica Ali Akbar Salehi in più occasioni durante il suo mandato; se vi era l'intenzione di farlo segretamente, perché annunciarlo? Dopo le sue dimissioni, comunque, il progetto di iniziare i lavori per nuovi siti di centrifughe entro il 2012 é stato rimandato dal suo successore, Fereydoun Abbassi-Davani. Ancora una volta vediamo come la lobby sionista non indietreggi dall'usare ogni mezzo, anche il più scorretto, per fomentare fobie e paranoie negli ignoranti e nei disinformati, usandole per distrarli, come specchietti per le allodole dalle vere radici del 'problema nucleare' in Medio Oriente, che si trovano nei bunker e nei silos segreti di Dimona.
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Manifestazioni di massa in tutto l'Egitto sono seguite alle usuali preghiere del venerdì, con migliaia di persone che hanno chiesto a gran voce di escludere una volta per tutte Ahmad Shafiq dal ballottaggio che dovrebbe tenersi nel corso di questo mese per la poltrona presidenziale, dove l'ex Primo Ministro di Mubarak dovrebbe contendere la carica del suo ultimo datore di lavoro a Mohammed Mursi, capo dell'FJP, il partito politico della potente Fratellanza Musulmana, già prima forza politica del Paese delle Piramidi in seguito alla sua netta affermazione alle politiche di novembre 2011.
Le proteste, dette del "Venerdì della determinazione" hanno visto tutti i partiti e le correnti politiche protagoniste della Rivoluzione di Piazza Tahrir ritrovare l'unità di intenti e di richieste per evitare quella che viene vista una pericolosa riaffermazione della preminenza politica della vecchia nomenklatura dell'Era Mubarak.
"Dobbiamo implementare la 'Legge di Isolamento Politico' contro chiunque abbia esercitato potere o detenuto cariche durante il passato trentennio" ha dichiarato ai microfoni della stampa, ricordando come Shafiq non abbia mai abiurato la sua fedeltà a Mubarak e abbia certo avuto un ruolo nell'organizzazione del patetico -ma violento- carosello di mazzieri in groppa a cammelli (foto relata) che tentarono di sgombrare con la forza Piazza Tahrir nel momento più intenso della repressione, quando solo l'intervento di 5000 militanti della Fratellanza Musulmana (fino ad allora rimasta cauta nei confronti dei dimostranti) poté evitare la perdita del luogo-simbolo delle proteste contro la dittatura.
Incontrandosi con il Primo Ministro cinese Wen Jiabao a Beijing nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica Islamica Mahmoud Ahmadinejad ha dichiarato che mentre la Russia e la Cina si sono dimostrati partner affidabili e onesti nel processo di trattative riguardo al pacifico programma nucleare civile di Teheran le potenze occidentali, invece si sono mostrate ancora una volta incapaci di tenere fede alle promesse fatte in precedenza durante gli incontri di Istanbul, portando così il recente meeting di Bagdad a chiudersi con un nulla di fatto.
Ora le trattative si riapriranno tra circa dieci giorni a Mosca, ma già le potenze imperialiste stanno producendo notevoli sforzi per sabotare dal principio questa nuova occasione negoziale, negandosi ai colloqui preliminari che la Repubblica Iraniana aveva notificato di voler tenere onde arrivare alla capitale russa già con una bozza di piattaforma negoziale: "Basandoci su quanto reiterato ai colloqui di Bagdad ci aspettavamo di poter continuare il dialogo a livello del capo della diplomazia europea, con il nostro Segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale come portavoce, ma nessun passo in tal senso é stato fatto dalle nostre controparti occidentali, temiamo che l'Europa voglia solo trovare scuse e perdere tempo per poter dichiarare il fallimento dei negoziati".
In questo interessante excerptum di un servizio recentemente andato in onda sull'emittente 'All News' iraniana PressTV gli ospiti Ray McGovern e Philip Giraldi, esperti della comunità di intelligence statunitense e scomode 'voci critiche' riguardo alla sua sempre più profonda permeabilità agli interessi quando non ai 'Diktat' di una piccolissima ma potentissima cricca di lobbisti filosionisti likudnik riflettono con la conduttrice sul caso del licenziamento dell'Ex-ammiraglio Dennis Blair dal suo posto di
Direttore Nazionale dell'Intelligence (vero e proprio 'Zar' della Sicurezza nazionale americana) e su quanto, in merito ad esse, abbiano potuto pesare le trame e i complotti della "Lobby a Sei Punte", in particolare dell'AIPAC.
L'ascolto e la comprensione degli apprezzamenti fatti nei sei minuti di filmato che presentiamo lasciano pochi dubbi su come ormai gli USA siano, di fatto, una nazione a sovranità limitata la cui classe politica é totalmente ostaggio di pochi individui senza scrupoli che col potere del denaro e la manipolazione dei media sono riusciti a deragliare e dirottare quella che dovrebbe essere la più grande 'democrazia' del globo.
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Con effetto immediato il Governo ha avvertito gli osservatori ONU presenti nel paese che ai terroristi rimangono 24 ore per deporre le armi e cessare qualunque attività di destabilizzazione violenta della pace e dell'ordine pubblico dopodiché contro di loro verrà scatenata la più grande operazione militare congiunta da parte delle forze armate e di quelle di sicurezza e ci viene da dire che anziché perdere tempo con Kofi Annan e col Generale Mood, anziché fare passare giorni a ricevere gli osservatori del Palazzo di Vetro e a mostrar loro tutta la disponibilità alla cooperazione che Damasco ha SEMPRE mostrato, anche a inizio anno con la missione della Lega Araba forse Assad avrebbe fatto meglio a condurre da subito una incessante campagna di persecuzione e distruzione di ogni cellula armata infiltrata nel corpo della Siria dai corrotti emiri del petrolio del Golfo Persico, perché contro essi e i loro scherani é evidente che solo il linguaggio della forza usata senza confini e senza restrizione alcuna é in grado di farli desistere dai loro scopi.
Anche in questo frangente, comunque, si nota la volontà da parte siriana di "giocare secondo regole": l'ONU é stata informata in anticipo dell'ultimatum e dell'operazione militare in preparazione e siamo convinti che essa verrà condotta secondo gli alti standard di professionalità e moralità per cui l'Esercito siriano é conosciuto e stimato. In un discorso televisivo trasmesso recentemente Assad ha dichiarato al Parlamento recentemente eletto che la nazione sta "Affrontando una guerra condotta contro di lei da potenze straniere unite in una cospirazione" ma che essa é determinata a resistere e a vincere "Non importa cosa i suoi nemici tramino contro di lei".
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Una carovana motorizzata carica di una tonnellata e mezza di gasolio e benzina ha lasciato la provincia egiziana di Suez negli scorsi giorni diretta verso il varco di Rafah tra il Sinai e la Striscia di Gaza, cercando di calmierare le tragiche conseguenze della costante penuria di carburanti nel ghetto palestinese assediato illegalmente da Israele nel silenzio complice e ipocrita della comunità internazionale e dell'ONU.
Scortati da forze della polizia militare i veicoli sono stati forniti e caricati a spese della Cooperativa Petrolifera del porto di Al-Zitiat, secondo quanto relato dai cronisti del quotidiano "Al-Youm Assabi" ('Il Settimo Giorno', in Arabo).
Mano a mano che sempre più precaria e pericolosa si fa la penuria di combustibili a Gaza tanto più insopportabile diventa l'ignavia con cui lo SCAF, la giunta militare di Tantawi, ha deciso di proseguire la sua politica di 'inazione' riguardo all'assedio del territorio palestinese, temendo contraccolpi da parte del regime sionista, con cui il vecchio Maresciallo, relitto dell'Era Mubarak, é restio a tagliare definitivamente le relazioni sconfessando la sottomissione cui prima Sadat e poi il dittatore ora condannato all'ergastolo avevano deciso di ridurre quello che una volta era stato il paese-guida della Resistenza araba antisionista.
Sempre l'Assabi ha dichiarato che entro pochi giorni un nuovo convoglio questa volta munito di quasi tre tonnellate di combustibili si avvierà verso Gaza. Il Maggior Generale Javer al-Arabi, Governatore del Nord Sinai ha dichiarato che poi anche quattro camion carichi di tredici tonnellate medicinali e attrezzature cliniche, donate dall'Unione Medica Araba, verranno presto indirizzati verso Gaza.
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Un cittadino libanese esce con la moglie e i suoi tre bambini dal foyer dell'Arbaj, uno dei cinema della capitale Beirut dove si trasmette "33 Days", il kolossal della Farabi Productions che narra alcuni momenti della guerra dell'estate 2006 durante la quale l'ennesimo tentativo sionista di invadere e occupare il Libano é stato bloccato e respinto dalle forze della Resistenza capitanate dal movimento sciita Hezbollah (ma comunque non limitate solo a questa, pur fondamentale, organizzazione). All'avvicinarsi del cronista l'uomo, di nome Abu Asim Bazzeh, accetta di buon grado di scambiare qualche parola sullo spettacolo cui ha appena assistito insieme alla moglie e ai suoi tre figli di 14, 12 e cinque anni.
"Quello che mi ha veramente impressionato é la maniera naturale in cui viene descritta la determinazione degli abitanti del Sud a tenere duro e resistere; é convincente, né retorica né artificiosa, e dà una buona approssimazione di quello che effettivamente é successo in quei giorni". Salutandolo e ringraziandolo per il suo parere il giornalista rivolge un'ultima domanda al piccolo Mahdi chiedendo a lui quale parte del film sia piaciuta di più e, con gli occhi che brillano come quelli di qualunque bambino che abbia appena visto un film ricco di azione e momenti eccitanti lui risponde sorridendo: "I missili!".
Che Mahdi si riferisse ai razzi anticarro, che fanno la parte del leone nelle scene di battaglia campale contro i 'Merkava' e i 'Sabra' dell'esercito sionista (imitati con buona approssimazione sulla base di vecchi carri ceduti dall'Armee Libanaise alla compagnia produttrice del film), o ai proiettili lanciati dai combattenti di Hezbollah contro le città israeliane come rappresaglia per i selvaggi bombardamenti su obiettivi civili (il cui fragoroso fischio sottolinea sinistramente il discorso alle truppe con cui il 'villain' Colonnello Avi cerca di invitare i suoi uomini a non avere pietà dei libanesi, come un presagio di sconfitta) é indubbio che nell'immaginario visivo di '33 Days' questi due elementi siano in netta evidenza e, come la silohuette dello Spitfire rimase indissolubilmente legata a livello di cultura popolare alla Battaglia d'Inghilterra (anche se gli 'Spit' erano una parte minore della RAF all'epoca) così non abbiamo dubbio che gli ATGM e gli MRL di Hezbollah rimarrano il simbolo della vittoria del 2006 contro Israele.
Campione di incassi per il 2012 in Iran e in Libano, dove é molto improbabile che un qualunque film possa superarne le entrate al botteghino da qui a sei mesi, '33 Days' sta per uscire in Turchia e verrà presto distribuito in Siria, Egitto e Tunisia e poi in altri paesi arabi e islamici, dove però é già disponibile sottoforma di download elettronico e sta generando un "passaparola" sempre più intenso e pervasivo. Ali Bouzeid, CEO della Farabi Productions, sostiene che pur ispirato da un recentissimo avvenimento, il film fa del suo meglio per evitare una lettura eccessivamente didascalica o politica, anche se individua chiaramente gli Israeliani come aggressori e invasori e le forze della Resistenza come legittimi difensori della libertà e dell'indipendenza del Libano, come converrà chiunque che abbia un minimo di onestà intellettuale.
"Se mi portassero un filmato dove si vedono clienti e impiegati di una banca che si uniscono per cacciare e mettere in fuga dei rapinatori arrivati per derubarla, facendone un film sarebbe un film politico? No, sarebbe un film ispirato a un fatto di cronaca!", sostiene Bouzeid e con le sue parole in mente non ci resta di aspettare di poter trovare il film presto visionabile in streaming o scaricabile con sottotitoli in francese o inglese.
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Testata del cialtroname filoamericano e filosionista, "Bild" ha solo da poco smesso di pubblicare foto di donne nude in copertina, qui l'ultima pagina di quel tipo permette di farci un'idea di che straccio stiamo parlando...
"Il programma atomico iraniano non é stato arrestato e nemmeno rallentato di un millimetro nonostante tutte le pressioni, le minacce e le sanzioni che sono state applicate: niente!" ha detto il bilioso Benji Netanyahu in una intervista rilasciata martedì scorso al tabloid scandalistico filosionista 'Bild' (una pubblicazione talmente corriva e volgare che solo pochi mesi fa ha smesso di mettere donne nude in copertina, fino ad oggi un 'classico' del rotocalco tedesco) per poi continuare "I negoziati si sono limitati a chiedere all'Iran di cessare l'arricchimento dell'uranio oltre la soglia del 20 per cento e anche quella richiesta é caduta nel vuoto".
"I negoziati devono servire a imporre richieste inequivocabili all'Iran, non a trattare con esso", ha quindi proseguito lo gnomo di Tel Aviv, dimostrando definitivamente di non avere la benché minima idea di che cosa sia un 'negoziato'; del resto, basta vedere come lui ha condotto i suoi 'negoziati' con Fatah per rendersi conto che a Netanyahoo-landia 'negoziato' indica un processo dove la parte più forte offende e tiranneggia la parte più debole senza alcun rispetto per la legalità o la parola data, un significato ben diverso da quello comunemente accettato nel mondo civile.
Il caffé universitario dell'Olympia Evergreen State College di Washington, che si fregia dell'originale e suggestivo nome di "Melanzana Fiammeggiante" ha chiuso del tutto gli accessi alla sua dispensa e al suo frigo a qualunque prodotto 'Made in Israel', come protesta contro le politiche sioniste di annessione e colonizzazione di terra palestinese.
La notizia é stata riportata dal sito-web Olympiabds.org.
Il corpo discente del College si é detto convinto che l'acquisto di prodotti sionisti sia "gravemente e fermamente" contrario alla missione dell'istituzione educativa che si prefigge di: "Sostenere la partecipazione politica e l'azione diretta per la creazione di una società giusta ed egualitaria".
In tutto il mondo come abbiamo riportato anche recentemente, si stanno diffondendo e moltiplicando le iniziative di boicottaggio, disinvestimento e sanzione contro l'ingiusto regime razzista dell'Apartheid di Tel Aviv e le sue politiche di discriminazione, maltrattamento, espansione delle colonie illegali abitate da fanatici giudei armati e i continui attacchi militari contro il ghetto assediato di Gaza.
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Il Presidente siriano Bashir Assad, faro e scudo della nazione in questi mesi travagliati dall'offensiva terrorista internazionale ordinata dall'imperialismo americano e sionista e condotta con i soldi e le armi di Arabia Saudita, Qatar e Turchia, ha affidato a un uomo politico di illustre reputazione e grande esperienza, l'Ex-ministro dell'Agricoltura Riad Farid Hijab, il delicato compito di formare un nuovo Governo, che possa guidare la Repubblica Araba attraverso le sfide e i traguardi che la attendono nel prossimo e medio futuro.
Nella giornata di ieri il Ministro degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese ha annunciato che Beijing e Mosca sono in "Stretta comunicazione in ogni momento" e che coordineranno le loro azioni e le loro decisioni riguardo l'affaire siriano, fermo restando la loro fermissima contrarietà a ogni forma di ingerenza occidentale e americana nel paese e ogni forma di 'intervento' volto a causare un artificioso e violento cambio di regime a Damasco.
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Il rappresentante politico irakeno Jamal al-Bateekh ha rivelato l'esistenza di un complotto Turco-Saudita-Qatariota per suscitare un voto parlamentare di sfiducia contro il Premier Nouri al-Maliki, che con la sua lungimirante e brillante politica di cooperazione con l'Iran e di sostegno alla Repubblica Araba Siriana sta letteralmente 'rompendo le uova nel paniere' ai vassalli dell'imperialismo americano nella regione: i corrotti sceicchi del petrolio e l'intrigante e pasticcione Recep Erdogan.
Al-Bateekh, Segretario dell' "Irakiya White Bloc", ha spiegato ai giornalisti del sito-web "Aswat al-Irak" come le firme su una petizione presentata a numerosi parlamentari irakeni per chiedere un voto di sfiducia contro Maliki siano state raccolte non in Irak, ma invece a Doha, a Riyadh, ad Ankara, costruendo quindi un falso documento che dietro, anziché la volontà di migliaia di cittadini irakeni, ha solo e soltanto la malizia e il desiderio di ingerenza negli affari mesopotamici dei più screditati sicofanti di Usa e Israele.
La falsa 'petizione' contro Al-Maliki era stata presentata anche al Presidente irakeno Talabani, che, sulla scorta di quanto rivelato da Bateekh, é stato invitato da Governo e Parlamento a intensificare i controlli sull'autenticità di qualunque documento prodotto nel corso della dialettica politica interna in maniera da scoraggiare interventi esterni e manipolazioni del processo politico nazionale.
Un comitato apposito é stato formato oggi stesso per giudicare questo caso.
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Nella giornata di ieri, martedì 5 giugno, il Comandante della Polizia Provinciale di Frontiera iraniana, Brigadier Generale Gholamali Kouhkan, ha dichiarato che i suoi uomini schierati nella zona sudorientale del Sistan e Belucistan hanno ingaggiato un gruppo di terroristi Jundullah intenti a fare entrare in Iran un carico di 25 chili di esplosivo da usare in attentati contro civili e attacchi contro le forze dell'ordine.
Al termine dello scontro con i terroristi le forze iraniane hanno recuperato, oltre al materiale detonante, inneschi e comandi a distanza, sistemi di comunicazione e localizzazione satellitare e documenti contraffatti. Tutto questo dimostra come, attraverso i confini con l'Afghanistan occupato dagli eserciti NATO e con il Pachistan occupato in pianta semi-permanente dalla CIA é già in atto un'operazione di infiltrazione di personale e materiali per cercare nel prossimo futuro di destabilizzare la Repubblica Islamica sull'esempio di quanto hanno cercato da quattordici mesi a questa parte di fare in Siria gli agenti provocatori e terroristi al soldo dell'imperialismo americano e sionista.
Abdolmalek Rigi...una volta caduto in mano alle forze di sicurezza iraniane questo assassino ha smesso di ridere!
Per questo scopo infame sono disponibili i fanatici wahabiti Jundullah, già responsabili di attacchi e assassinii nel passato più o meno recente, incluso l'omicidio di leader religiosi sunniti avversi alla loro rozza distorsione del messaggio dell'Islam. Ma le forze della Repubblica Islamica fanno buona guardia alla sicurezza del popolo e della nazione iraniana e, come nel febbraio 2010 riuscirono ad arrestare il capo terrorista Jundullah Abdolmakek Rigi, in seguito inviato sul patibolo per i suoi orrendi crimini, nel solo ultimo mese esse sono riuscite a sottrarre all'organizzazione un vero e proprio arsenale di armi automatiche e dodici tonnellate di narcotici, col cui traffico i fanatici terroristi finanziano le proprie imprese.
Prima di venire impiccato Abdolmalek Rigi ammise di essersi incontrato a Dubai con emissari della CIA che lo spronarono a tentare di stabilire una base operativa permanente nel territorio dell'Iran orientale, promettendogli aiuto e supporto "illimitato" una volta che fosse riuscito a stabilirla.
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Da quando Omar Bashir ha fatto chiudere le valvole di tutte le tubature usate per fare transitare il petrolio sud-sudanese verso i terminal del Nord infatti il prodotto interno lordo del Sud-Sudan é precipitato, causando un gravissimo contraccolpo che ovviamente ha colpito per prime le ampie fasce di miseria e arretratezza presenti nel paese. Per cercare di porre argine a una situazione tanto disastrosa il Governo di Juba ha dato il via a una campagna anti-corruzione, nel tentativo di frenare l'emorragia di ricchezza pubblica involata da ufficiali governativi e amministratori locali, con risultati però finora deludenti.
A fronte di un "invito scritto" a 'restituire' le somme sottratte all'erario (e per la maggior parte depositate su conti svizzeri o in altri 'paradisi fiscali') sembra infatti che appena 60 milioni di dollari (60 milioni su quattro miliardi) siano stati localizzati e recuperati, questo a prendere per buoni gli annunci del Ministro della Propaganda di Kiir, Barnaba Benjamin. Intanto la Banca Mondiale ha già espresso la sua 'viva preoccupazione' per la situazione in cui versa l'economia sud-sudanese.
Secondo una approfondita statistica condotta da ricercatori universitari di Netanya poco più di un cittadino su due del regime ebraico di occupazione della Palestina sarebbe "moderatamente" o "decisamente" contrario alla prospettiva di un'incursione aerea o missilistica condotta da Tel Aviv contro le installazioni nucleari di Teheran, con l'obiettivo di arrestare i progressi fatti dalla Repubblica Islamica Iraniana (firmataria al contrario di Israele del Trattato di Nonproliferazione Nucleare).
Il sondaggio rivela come a battere sui "tamburi di guerra" contro l'Iran non vi siano che piccole cricche di politicanti e lobbisti, di cui moltissimi addirittura non vivono nemmeno nella Palestina occupata e non hanno alcuna intenzione di avvicinarvisi. Nel passato pià o meno recente parecchie figure dell'apparato militare e di intelligence dello Stato sionista si erano espresse a loro volta con contrarietà rispetto a questa opzione, ultima fra esse quella di Meir Dagan, già capo del 'Mossad', la potente e temuta organizzazione spionistica israeliana.