sabato 13 novembre 2010
Bestiale: soldati israeliani festeggiano e "tifano" durante bombardamento su Gaza
A quasi due anni dalla sua conclusione il clamore, l'orrore e il disgusto suscitati nell'opinione pubblica internazionale dalla brutalità del "pogrom" militare condotto contro la Striscia di Gaza e i suoi abitanti inermi dalle forze dello Stato ebraico non accennano minimamente a quetarsi o a uscire dalla soglia di attenzione collettiva; di questo, curiosamente, bisogna ringraziare non solo i giuristi coraggiosi come Goldstone, che col suo rapporto ha evidenziato i comportamenti criminali di Tsahal, ma anche i suoi stessi soldati che, lobotomizzati dalla propaganda israeliana che dipinge Arabi e Palestinesi come "untermensch" e imburbanziti dall'atmosfera di impunità e complicità diffusa fra i loro ranghi da ufficiali compiacenti hanno registrato, con telefonini e videocamere, gli abusi e le angherie inflitte contro vittime inermi, e le proprie reazioni di divertimento e plauso verso di esse.
Esemplare é il video che trovate accluso in capo a questo articolo: registrato durante la fase più intensa e spietata dei bombardamenti contro obiettivi civili mostra una squadra di fanteria sionista lasciarsi andare a tifo da stadio vedendo tre palazzi di appartamenti obliterati dall'artiglieria israeliana. E' importante che l'opinione pubblica europea e americana si confronti con queste scomode testimonianze, per imparare a rispondere a tono quando qualche insincero giaculante della lobby filosionista e filoisraeliana guaisce a gran voce per il lancio di un razzo Qassam fatto con un tubo di metallo verso una città israeliana.
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Proteste anti-apartheid in Cisgiordania, gli israeliani reagiscono con ferocia
Soldati delle forze di occupazione sioniste si sono resi responsabili di violenze contro una folla di pacifici dimostranti che cercava di attraversare un checkpoint arbitrariamente collocato dai soldati davanti all'entrata del loro villaggio, nella parte meridionale della Cisgiordania.
Il checkpoint, piazzato molti mesi orsono davanti alla comunità di Al Ma'sara, presso Betlemme, é stato artatamente collocato in modo da rallentare il più possibile gli spostamenti degli abitanti che vogliano raggiungere altre zone della West Bank; uno dei tanti esempi di angheria pianificata nel più vasto processo di "bantustanizzazione" della Palestina, che dovrebbe portare a nuovi furti e occupazioni di terre da parte dei soldati sionisti e dei loro alleati, i settler dell'ultradestra religiosa.
Oltre che dagli abitanti di Al Ma'sara la folla di dimostranti era integrata da attivisti e volontari stranieri, che non hanno paura di opporre il loro coraggio e le loro nude mani contro i fucili, i lacrimogeni, le granate assordanti e i proiettili di plastica del famigerato "esercito più morale del mondo".
Altre dimostrazioni contro l'apartheid israeliano si sono tenute a Bi'lin, nella Cisgiordania centrale; per far fronte a queste i "rambo" con la stella di Davide non hanno trovato di meglio che sparare candelotti lacrimogeni ad altezza d'uomo mirando a colpire i manifestanti. Più di dieci di loro sono stati ricoverati per sintomi di soffocamento e intossicazione.
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venerdì 12 novembre 2010
Regali di Hanukkah: Obama invia a Israele un vero e proprio self-service di razzi e bombe
Il governo statunitense, ansioso di sostenere le proprie declinanti fortune in Medio Oriente, non trova meglio da fare che sprecare ulteriori 400 milioni di dollari di tasse dei propri contribuenti (che potrebbero essere utilmente investiti nel combattere gli effetti devastanti della crisi economica) in regalie e rifornimenti allo stato sionista di Israele, permettendo quindi alla cricca di ultranazionalisti razzisti attualmente al governo con la complicità dei laburisti di pianificare ancora meglio le prossime "punizioni collettive" su Gaza e forse sulla Cisgiordania, o le prossime aggressioni piratesche contro il Libano e forse l'Iran.
Ammonta infatti a ben quattrocento milioni di biglietti verdi il quantitativo di munizioni di artiglieria e per aeromobili che il Pentagono trasferirà nei prossimi ventiquattro mesi ai colleghi di Tel Aviv, essi custodiranno questo "tesoretto" di armamenti sofisticati in depositi dai quali potranno attingere ogni volta che ne avranno bisogno (anche se, ufficialmente, le armi rimarranno di proprietà dell'esercito Usa, che potrebbe richiederle per equipaggiare le sue forze in Irak o Afghanistan).
Già ottocento milioni di armi americane stazionano in Israele sotto simili condizioni e questo fatto spiega quanto vitale lo stato dell'apartheid sionista sia per gli scopi dell'imperialismo coloniale di Washington; non solo "avamposto" e "portaerei" statunitense in Medio Oriente, ma anche arsenale e santabarbara "pronta all'uso" (sempre se le smanie aggressive dei pettoruti generali di Tsahal non riescano a drenare l'imponente cantinetta bellica con le molte imprese minacciate e progettate).
Israele si è già accomodato al "self service" di razzi e missili durante la brutale aggressione a tradimento consumata nel 2006 contro il Libano, che causò oltre mille vittime civili innocenti più circa centosessanta morti israeliani. Per l'attacco militare contro Gaza, invece, non ebbe bisogno di allungare le mani sui depositi del suo 'alleato' d'Oltreoceano.
Grazie agli sforzi della pasciuta e aggressiva lobby ebraica attiva a Washington e in tutti i circoli della politica a stelle e strisce il Congresso Usa aveva già in precedenza aumentato di 205 milioni di dollari i finanziamenti per aiutare Israele a completare una versione finalmente funzionante del suo vagheggiato sistema di difesa antimissile, denominato "Cupola di Ferro", che ha finora accumulato soltanto una serie di ritardi e aumenti di prezzo da far sfigurare altri fiaschi militar-finanziari come la Linea Maginot e lo Scudo Spaziale di reaganiana memoria.
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giovedì 11 novembre 2010
Film d'azione turco si ispira alla tragedia della Freedom Flottilla
Per anni il pubblico occidentale si é abituato a vedere, sugli schermi del canale FOX di Rupert Murdoch, le gesta di Jack Bauer, il superagente interpretato da Kiefer Sutherland che si destreggiava, un'ora per puntata', fra fanatici bombaroli "islamici", untuosi e baffuti "traficantes" latinoamericani, agenti cinesi imperscrutabili e doppiogiochisti e altri "villain" letteralmente 'strappati' alle prime pagine del momento.
Del resto, che la narrativa popolare d'azione e intrattenimento saccheggi a mani basse gli umori e le paure in voga fra i potenziali lettori non é certo fenomeno recente: fin dai tempi dei "Misteri di Parigi" e delle saghe di Rocambole, Arsenio Lupin e Fantomas.
Siccome in questi tempi di globalizzazione l'adagio che "tutto il mondo sia paese" non é mai stato tanto vero non deve sorprendere che anche in Anatolia uno show simile per concetto e impostazione abbia frantumato tutti i record d'ascolto fra il 2003 e il 2005, snodandosi per novantotto puntate e avvalendosi di un apparato produttivo che farebbe l'invidia di tutte le sgangherate "fiction" nostrane e persino di qualche 'serial' d'oltreoceano.
"Kurtlar Vadisi" (lett. "La Valle dei Lupi") é la creazione di Osman Sinav che ha segnalato forse più compiutamente l'emergere della Turchia come un produttore di fiction di prima grandezza, un deciso passo avanti da quando, negli anni '70 e '80, il paese di Ataturk si segnalava soltanto con produzioni ingenue e baracconesche che trovavano seguito solo fra cinefili occidentali innamorati del 'trash'.
Del resto, che il "Sud del mondo", nutrito nei decenni a furia di produzioni americane, abbia finalmente introiettato i loro elementi-base da riuscire a rivaleggiare coi maestri di Hollywood é testimoniato da film recenti come la saga brasilera di "Tropa de Elite" o la fantascienza sudafricana di "District 9".
Quindi, cosa c'é di più naturale che dopo i trionfi della serie Sinav e soci abbiano deciso di trascinare il loro eroe "ammazzasette" (interpretato da Necati Şaşmaz) in una serie di "spin off" cinematografici? Ovviamente niente, salvo che, nella sua ultima avventura, che dovrebbe debuttare sulla celluloide verso la fine di gennaio 2011 il superagente di Ankara Polat Alemdar sbarcherà coi suoi fedeli compagni d'avventura nientemeno che in Israele, inseguendo una missione di vendetta per il massacro degli attivisti della motonave Mavi Marmara (o un suo omologo cinematografico) perpetrato nello scorso maggio dai commando della marina di Tel Aviv.
Ovviamente la cagnara filosionista dei media addomesticati si é già scatenata parlando di produzione "antisemita" di "incitazione alla violenza" e ripetendo i triti e abusati slogan cui in Italia ci hanno abituato corifei di Israele quali il ministro Franco Frattini, l'alleata di Ciarrapico Fiamma Nirenstein, il pingue Giulianone Ferrara, lo smunto Roberto Saviano e lo scheletrico Piero Fassino.
Gioverebbe ricordare a questa improbabile claque che, come nessuno dopo la visione di "Dove osano le Aquile" o de "La Sporca Dozzina" si é mai sognato di compiere abusi o violenze contro i turisti tedeschi così é improbabile che da tale opera di intrattenimento nascano vendette e attacchi antiebraici o antisraeliani e che, come tutte le opere di intrattenimento d'azione é naturale che anche Kurtlar Vadisi dipinga i suoi "villain" come mostruosi e privi di scrupoli, per favorire l'identificazione del pubblico con gli eroi.
Del resto, non furono proprio i producer ebrei Menachem Golan e Yoram Globus, durante tutto il corso degli "80s" a regalarci 'grandi opere' come Delta Force, Invasion USA, la saga di Missing in Action e Red Scorpion, dove il nerboruto di turno si scatenava contro palestinesi, arabi generici, cubani e sovietici, in servile omaggio alla retorica reaganiana?
Il trailer che trovate "embedded" in questo articolo sembra promettere emozioni, sparatorie e one-liner degni del migliore (o peggiore, secondo i vostri gusti) 'actioneer' di Bruce Willis o Arnold Schwarzenegger e, mantenendo la lingua saldamente piantata fra le guance, e mantenendo intatto tutto il suo senso dell'ironia chi scrive ha già individuato nello scambio tra Polat e la sentinella sionista una battuta in grado di rivaleggiare con "Yippie ki yay, motherfucker!" o con "Hasta la vista, baby!".
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Clown inglesi si esibiscono per i bambini di Gaza
Poche cose sono preziose e belle come le risa di un bambino che si diverte ma, quando si vive in un vero e proprio "Lager" a cielo aperto, circondato da terra e dal mare da un esercito superarmato e privo di ogni scrupolo, che impedisce l'accesso a ogni genere di merce essenziale per la pura e semplice sopravvivenza, che sembra provare piacere a pianificare e condurre raid e attacchi contro gli obiettivi più indifesi, é più che possibile che le labbra dei bambini si chiudano a ogni speranza di gioia e di normalità.
Questo è quanto succede a Gaza, vittima dell'assedio sionista da ormai quattro anni, vittima dell'aggressione armata più violenta e insensata della lunga, violenta storia del Medio Oriente; per cercare di riportare le risa sui volti dei bambini della Striscia un gruppo di teatranti circensi inglesi si é sottoposto ai rischi di un viaggio in Palestina e sta effettuando una serie di spettacoli di solidarietà per gli alunni delle scuole locali.
Gli show hanno avuto un grandissimo successo, in un territorio in cui anche solo riunirsi all'aperto per giocare, come fanno tutti i bambini di ogni razza e ogni latitudine, costituisce per i piccoli abitanti di Gaza un potenziale rischio, con cecchini, artiglierie, elicotteri e jet israeliani sempre pronti a scaricare le loro armi su ogni "adunata sospetta", in 'piena assonanza' col titolo di "esercito più morale del mondo" che l'IDF si arroga di fronte a un'instupidita e disinteressata opinione pubblica occidentale.
"Siamo venuti a disegnare sorrisi"; così si esprime James Ross, coordinatore della troupe circense, durante una conferenza stampa tenuta di fronte a esponenti dei media locali e regionali. Invitati dal Club Al-Jazeera, collegato all'omonima emittente satellitare araba, Ross e compagni si sono valsi della preziosa cooperazione dei Ministeri dell'Istruzione e della Cultura del legittimo Governo palestinese espresso da Hamas, residente a Gaza fin dal fallito colpo di Stato tentato contro di esso nel 2007.
Jack Williams, un altro "performer", interrogato a sua volta, ha dichiarato che la gioia dei bambini, che si assiepano attorno a lui e ai suoi compagni con genuina meraviglia (alcuni di loro non hanno mai visto un clown dal vivo, visto che lo strangolamento di Gaza da parte israeliana dura ormai da quattro anni), ha rappresentato per lui una sincera e inaspettata emozione, così diversa dalle reazioni più tiepide e compassate dei bambini europei a cui certo non mancano i comfort e le occasioni di svago.
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Primo incontro a Damasco per la riconciliazione Hamas-Fatah
Si é conclusa da poche ore la seconda giornata di colloqui damasceni fra rappresentanti di Hamas, vincitore delle regolari elezioni politiche palestinesi del 2006 e Fatah, la fazione dell'ex presidente palestinese Mahmud Abbas, che controlla la Cisgiordania dopo aver tentato di rovesciare il legittimo governo espresso da Hamas, ora insediato a Gaza.
Il "Palestinian Information Center" ha fatto sapere che il meeting si é svolto in un'atmosfera positiva e cooperativa, anche se le parti in causa non si sono nascoste le proprie differenze; in special modo é stata la questione delle organizzazioni di sicurezza a costituire il più grande motivo di contesa fra i due gruppi.
Fatah teme che Hamas, che gode dell'appoggio della maggior parte della popolazione palestinese anche in Cisgiordania, impiegherà pochissimo tempo a ricostruire la sua struttura politico militare (che Fatah ha cercato di distruggere con arresti arbitrari, torture e sparizioni dopo il fallito colpo di stato del 2007) una volta che saranno ricostituiti organismi di sicurezza comuni fra la Striscia e la West Bank, mentre all'organizzazione di Abbas sarà impossibile fare lo stesso a Gaza; gli uomini dell'ex presidente avrebbero perciò più da perdere in uno scenario simile.
I falchi di Hamas temono che l'intero processo di questo dialogo fra fazioni altro non sia per Fatah che un tentativo di prendere tempo senza arrivare a nessun risultato concreto, in una ripetizione fra Palestinesi di quanto sta facendo Israele con la fazione di Abbas (trasformando i cosiddetti 'colloqui di pace' in una vergognosa e insincera impostura).
Ma, se invece i dialoghi dessero risultati positivi e il Governo dello stato ebraico si opponesse a un ritorno di Hamas negli apparati di controllo della Cisgiordania, a quel punto starebbe a Fatah "dimostrarsi indipendente e difendere la propria agenda politica, oppure capitolare per l'ennesima volta mostrando di essere ormai una forza totalmente subordinata ai diktat israeliani".
mercoledì 10 novembre 2010
Coloni ebrei fondamentalisti massacrano turista Cileno: "Sembrava arabo"
Riprendiamo e traduciamo dal quotidiano dello stato ebraico Yediot Ahronoth: nella giornata di avantieri una "gang" di fondamentalisti ebrei appartenenti all'area dei coloni di ultradestra avrebbe letteralmente massacrato a calci e pugni un turista sudamericano a Gerusalemme.
Jose Dominus Nolido, quarantatreenne cittadino cileno, stava soggiornando in Israele per assistere alle nozze del figlio di un amico e aveva deciso di prolungare la sua permanenza per concedersi una visita dei luoghi santi cristiani; di ritorno da un tour di questi ultimi sarebbe stato avvicinato e fermato da un folto gruppo di giovinastri poco fuori dal proprio albergo.
"Stavo giusto uscendo dal Parco dell'Indipendenza", racconta Nolido, steso nel suo letto d'ospedale, la faccia tumefatta e avvolta in bende ormai totalmente irriconoscibile, "quando all'improvviso un ragazzo mi ha attaccato; la cosa mi sorprese molto, perché indossava pantaloni militari e pensai che fosse un soldato israeliano. Mi rialzai, cercando di allontanarmi, ma invece mi imbattei in altri sette come lui, mi hanno tempestato di colpi, sono caduto di nuovo, poi ho perso conoscenza". Il pestaggio é continuato sul corpo esanime, con gli aggressori che infierivano su di esso con bottiglie rotte e persino con una chitarra.
Nolido, trasportato d'urgenza al più vicino pronto soccorso, sanguinava copiosamente da bocca, naso ed occhi, a causa della grandinata di calci che i giovani ultrà fondamentalisti hanno 'coraggiosamente' scaricato su un uomo prono e svenuto. Il team di sanitari che é intervenuto su di lui non ha potuto ancora sciogliere la prognosi e si teme per l'integrità della sua vista, soprattutto dall'occhio destro, che ha ricevuto i danni peggiori.
La polizia israeliana, interrogata in merito, non ha potuto negare che l'attacco, totalmente gratuito e non provocato, sia stato causato dall'aspetto del cittadino cileno, superficialmente assimilabile a quello di un arabo Palestinese. Gli sforzi per identificare gli aggressori per ora si sono limitati al fermo di otto persone ma, visto il tasso di complicità a copertura che esiste fra le forze dell'ordine sioniste e i loro "protetti" degli insediamenti illegali, é lecito pensare che i massacratori del signor Nolido rimarranno liberi e impuniti.
Le violenze e i vandalismi dei coloni ebrei ultranazionalisti a Gerusalemme sono parte integrante del progetto sionista di "giudeizzazione forzata" della città, che mira a far fuggire o deportare i residenti arabi cristiani e musulmani ed é portato avanti a suon di sgomberi, attacchi incendiari, pestaggi e distruzione di proprietà e risorse economiche dei Palestinesi.
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Imbarazzo per Netanyahu: ebrei antisionisti lo contestano in Louisiana
Violente proteste e contestazioni si sono avute a New Orleans durante la lettura di un discorso propagandistico di Benyamin Netanyahu, capo dell'esecutivo dominato dall'agenda e dai voti dell'ultradestra religiosa e razzista attualmente al potere in Israele (sostenuto dalla complicità dei deputati laburisti che non hanno esitato a schierarsi coi conservatori del Likud e i fascisti dell'estrema Destra).
Il primo ministro sionista aveva appena iniziato la sua concione, che andava cantilenando con la consueta voce fessa e priva di carisma, quando una giovane, ebrea ma di sentimenti antisionisti e solidale con gli arabi israeliani, ha iniziato vocalmente a contestare la legge sul "giuramento di fedeltà", provvedimento antidemocratico e discriminatorio imposto all'esecutivo dal fascista Avigdor Lieberman e dal suo partito ultranazionalista.
La diciassettenne, malmenata e strattonata fuori dall'aula dalla security e da qualche sionista esaltato e violento, ha poi dichiarato ai microfoni dell'emittente iraniana PRESSTV: "Sono ebrea osservante e felice e orgogliosa di esserlo, ma le politiche attuali di Israele vanno contro tutti i valori che mi sono stati insegnati in sinagoga, come potrei non dimostrare contro un Governo che offende e spregia ciò in cui credo?".
Poco dopo altri cinque manifestanti ebrei si sono alzati tirando fuori placard e insegne che denunciavano la politica degli insediamenti e il furto di terra e risorse palestinesi che sta alla sua base. Di nuovo gli uomini della sicurezza, aiutati dai violenti "fan" di un Netanyahu visibilmente indispettito, li hanno allontanati, dimostrando come la mentalità sionista sia del tutto allergica e intollerante alle proteste democratiche e pacifiche.
I dimostranti, membri dello "Young Leadership Institute" collegato con l'organizzazione "Jewish Voice for Peace", non stavano facendo altro che rendere noto al likudnik Netanyahu che non tutti gli ebrei sono d'accordo con lui e che non si può accusare chiunque sia in disaccordo con il razzismo e l'apartheid israeliano di "antisemitismo" (visto che loro erano semiti quanto lui), ma sono stati trattati con violenza e sopraffazione; una dimostrante, la ventottenne Rae Abileah di San Francisco ha riportato che uno dei sionisti più esagitati che le si é scagliato contro avrebbe cercato di soffocarla tentando di infilarle in bocca un coprisedile di tessuto.
Il discorso di Netanyahu è poi ripreso fino alla fine, con la voce monotona del primo ministro sionista che rimbombava in un uditorio ormai ricco di sedie vuote.
Israele si ritirerà dal villaggio di Ghajar
Durante il suo "tour" degli Usa il primo ministro sionista Benyamin Nethanyahu ha informato il Segretario generale dell'Onu Ban-Ki-Moon che l'esercito dello stato ebraico ha intenzione, dopo quarantatré anni di occupazione militare illegale, di ritirarsi definitivamente dal villaggio di Ghajar, nella fascia di territorio adiacente alle "Fattorie di Sheeba", lasciandone il controllo alle truppe dell'UNIFIL.
Ghajar, che conta oltre 2000 abitanti, era originariamente un villaggio siriano, ma cadde sotto il controllo delle truppe di Israele con l'attacco a tradimento che scatenò la "Guerra dei Sei Giorni"; da allora la Siria ha smesso di reclamarne la restituzione (che invece pretende per la fascia del Golan siriano) e, una volta completato il ritiro delle truppe sioniste, l'UNIFIL potrebbe affidarlo al Libano, a cui era già stata data la giurisdizione durante il temporaneo ritiro israeliano dalla fascia nord del villaggio, nel 2000.
Anche la parte settentrionale di Ghajar, comunque, venne ri-annessa con l'attacco al Libano dell'estate 2006.
Con il suo ritiro Israele inizierebbe a obbedire alle clausole della risoluzione ONU 1701, che pose fine alla guerra scatenata dalla sua aggressione contro il Paese dei cedri. La risoluzione raccomandava che Israele completasse l'evacuazione di tutte le zone che aveva occupato miltarmente, nel conflitto del 2006 o con operazioni precedenti.
Ancora una volta sembra evidente che l'unico modo per forzare Israele a rispettare i dettami della comunità internazionale (sia pure con cinquanta mesi di ritardo) non siano le trattative, ma bensì le sconfitte militari.
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martedì 9 novembre 2010
Nuovi insediamenti ebraici: disapprovazione da Bruxelles, ONU e Casa Bianca
L'annuncio apparentemente incongruo dell'approvazione dei piani di costruzione per centinaia e centinaia "unità abitative" negli insediamenti ebraici costruiti su terra palestinese occupata ad Har Homa, Ariel e Ramot, oltre che nella zona orientale di Gerusalemme (tradizionalmente a maggioranza araba) ha suscitato un vortice di reazioni sdegnate e incredule in tutto il mondo.
Il commissario del dicastero europeo per la Politica estera, Catherine Ashton, ha dichiarato che il piano é in aperta e irriconciliabile contraddizione con gli sforzi della comunità internazionale e che perciò stesso dovrebbe essere bloccato e riconsiderato.
Il segretario generale dell'ONU, Ban-ki-moon, ha espresso "Preoccupazione alla notizia", sottolinenando come altre dovrebbero essere le priorità del Governo israeliano: "Rompere l'impasse diplomatica, riprendere i negoziati con uno spirito che possa portare a risultati".
Ma la dichiarazione, che é impossibile sia partita senza il consenso di Netanyahu, mira proprio a silurare una volta per tutte l'impostura del "Processo di pace" (inutile perché condotto con un partner che non ha autorità e non gode del rispetto di nessuno, né in Israele né in Palestina).
In particolare l'annuncio delle ottocento "unità abitative" in Gerusalemme Est serve proprio a rendere noto all'opinione pubblica mondiale quale sia il primario obiettivo del Governo israeliano: "ebraicizzare" a forza la città mettendovi a dimora colonie di fondamentalisti religiosi e costringendo gli abitanti arabi (cristiani e musulmani) a spostarsi, con le violenze, le angherie e le demolizioni.
Persino il presidente Usa, Barack Obama, ha osservato come: "Attività di questo genere non siano utili o produttive in situazioni come quella che stiamo vivendo", auspicando piuttosto un rinnovo della moratoria sull'espansione delle colonie esistenti (come quella scaduta a settembre che comunque non é mai stata veramente rispettata dai settlers dell'ultradestra religiosa) e il congelameno di ogni nuovo piano di insediamenti.
Barbiere ateo di Qalqilya paga il prezzo dell'imbecillità politica di Abbas
Un venticinquenne di Qalqilya é stato arrestato dalle forze di Fatah (la fazione fedele a Mahmud Abbas al potere in Cisgiordania dal tentato colpo di stato del 2007) per "blasfemia". Un comunicato stampa di Fatah riporta che il giovane é stato catturato in un internet café dal quale stava aggiornando un profilo facebook sul quale apparivano post in cui egli si presentava come Dio ed esprimeva disappunto verso i mortali e le loro azioni.
Il profilo, costruito ovviamente con scopi e finalità ironiche e come 'megafono' della visione cinica e critica del giovane nei confronti delle religioni, era piuttosto "popolare" in Cisgiordania e veniva seguito con costanza da credenti musulmani che contestavano veementemente gli aggiornamenti dello stesso, indicando la pagina web come fonte di scandalo.
Evidentemente qualcuno dei critici del profilo/blog ha pensato bene di denunciare la cosa a Fatah, che ha lanciato immediatamente una lunga e dispendiosa operazione (due mesi di indagini, secondo lo stesso comunicato stampa dell'arresto!) per localizzarne l'autore e catturarlo.
L'avventimento, tragico per il giovane blogger, fa riflettere sulla bancarotta politica e propagandistica della fazione di Abbas, visto che é lampante ed evidente che tale fumus persecutorio nei confronti di un ragazzo colpevole solo di esprimere opinioni non convenzionali altro non sia che un disperato tentativo di corteggiare l'opinione dei musulmani devoti della West Bank.
Questo perché la maggior parte dei Palestinesi di Cisgiordania, a tre anni dal colpo di Stato di Fatah, é schierata con Hamas, (motivo per cui Fatah non é per nulla ansiosa di tenere nuove elezioni politiche o presidenziali) e considera i lacché dell'ex presidente dell'ANP (il cui mandato é scaduto da quasi due anni) come degli zimbelli, incapaci di contrapporsi alle violenze e alle angherie di Israele, corrotti dai fondi versati da Usa e paesi occidentali (sui quali non rendono nessuna accontabilità), una via di mezzo fra 'cacicchi' sudamericani e kapò collaborazionisti.
Quello che Fatah non capisce é che la popolarità di Hamas non sta nel fatto di essere un movimento politico a ispirazione musulmana, ma nell'essere una forza credibile e coerente, cosa che anche Fatah, in un passato ormai sempre più sfocato e distante, era, senza avere alcun bisogno di credenziali religiose, ma anzi con una ''Weltanschauung'' piuttosto secolare e laica.
Non si sa se il giovane blogger di Qalqilya, che sembra chiamarsi Waleed Al-Hussein, risultare iscritto all'Università e lavorare come barbiere part-time per pagarsi gli studi, sia stato accusato di un preciso crimine e se in quel caso abbia potuto valersi dei servizi di un avvocato.
Il profilo, costruito ovviamente con scopi e finalità ironiche e come 'megafono' della visione cinica e critica del giovane nei confronti delle religioni, era piuttosto "popolare" in Cisgiordania e veniva seguito con costanza da credenti musulmani che contestavano veementemente gli aggiornamenti dello stesso, indicando la pagina web come fonte di scandalo.
Evidentemente qualcuno dei critici del profilo/blog ha pensato bene di denunciare la cosa a Fatah, che ha lanciato immediatamente una lunga e dispendiosa operazione (due mesi di indagini, secondo lo stesso comunicato stampa dell'arresto!) per localizzarne l'autore e catturarlo.
L'avventimento, tragico per il giovane blogger, fa riflettere sulla bancarotta politica e propagandistica della fazione di Abbas, visto che é lampante ed evidente che tale fumus persecutorio nei confronti di un ragazzo colpevole solo di esprimere opinioni non convenzionali altro non sia che un disperato tentativo di corteggiare l'opinione dei musulmani devoti della West Bank.
Questo perché la maggior parte dei Palestinesi di Cisgiordania, a tre anni dal colpo di Stato di Fatah, é schierata con Hamas, (motivo per cui Fatah non é per nulla ansiosa di tenere nuove elezioni politiche o presidenziali) e considera i lacché dell'ex presidente dell'ANP (il cui mandato é scaduto da quasi due anni) come degli zimbelli, incapaci di contrapporsi alle violenze e alle angherie di Israele, corrotti dai fondi versati da Usa e paesi occidentali (sui quali non rendono nessuna accontabilità), una via di mezzo fra 'cacicchi' sudamericani e kapò collaborazionisti.
Quello che Fatah non capisce é che la popolarità di Hamas non sta nel fatto di essere un movimento politico a ispirazione musulmana, ma nell'essere una forza credibile e coerente, cosa che anche Fatah, in un passato ormai sempre più sfocato e distante, era, senza avere alcun bisogno di credenziali religiose, ma anzi con una ''Weltanschauung'' piuttosto secolare e laica.
Non si sa se il giovane blogger di Qalqilya, che sembra chiamarsi Waleed Al-Hussein, risultare iscritto all'Università e lavorare come barbiere part-time per pagarsi gli studi, sia stato accusato di un preciso crimine e se in quel caso abbia potuto valersi dei servizi di un avvocato.
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Westerwelle a Gaza, buone intenzioni ma pochi fatti concreti
Il Ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle ha visitato Gaza; diventando il primo membro dell'esecutivo della Rft a visitare la Striscia da quattro anni a questa parte. Durante la sua permanenza in Palestina Westerwelle ha caldeggiato la fine dell'assedio sionista che affligge il milione e mezzo di Palestinesi residenti.
In una conferenza stampa che ha costituito il momento centrale della sua visita Westerwelle ha dichiarato: "Oggi sono qui a Gaza perché la Germania vuole lanciare un chiaro segnale: non ci siamo dimenticati delle vostre sofferenze e non intendiamo farlo. Tutti coloro che capiscono il nostro messaggio ne devono trarre le dovute conseguenze".
"Questa" ha poi proseguito "non é solo la posizione tedesca, ma quella dell'intera UE. L'assedio di Gaza deprime il livello di vita di un milione e mezzo di persone, esaspera i moderati e fa il gioco degli estremisti; in breve, é moralmente e politicamente insopportabile". Westerwelle ha concluso assicurando che il Governo di Berlino continuerà a prestare aiuto e supporto alla Striscia, enfatizzando l'importanza delle infrastrutture idriche ed elettriche, danneggiate dall'attacco israeliano di ventidue mesi fa.
In una conferenza stampa che ha costituito il momento centrale della sua visita Westerwelle ha dichiarato: "Oggi sono qui a Gaza perché la Germania vuole lanciare un chiaro segnale: non ci siamo dimenticati delle vostre sofferenze e non intendiamo farlo. Tutti coloro che capiscono il nostro messaggio ne devono trarre le dovute conseguenze".
"Questa" ha poi proseguito "non é solo la posizione tedesca, ma quella dell'intera UE. L'assedio di Gaza deprime il livello di vita di un milione e mezzo di persone, esaspera i moderati e fa il gioco degli estremisti; in breve, é moralmente e politicamente insopportabile". Westerwelle ha concluso assicurando che il Governo di Berlino continuerà a prestare aiuto e supporto alla Striscia, enfatizzando l'importanza delle infrastrutture idriche ed elettriche, danneggiate dall'attacco israeliano di ventidue mesi fa.
lunedì 8 novembre 2010
L'assedio sionista di Gaza mette in pericolo la festa di Eid-al-Adha
Gli effetti dello strangolamento economico imposto dalle forze sioniste che circondano la Striscia di Gaza causa via via maggiori sofferenze alla popolazione palestinese man mano che si avvicina la data della Eid al-Adha, il festival musulmano del sacrificio che cadrà la prossima settimana.
L'embargo israeliano, che sta per toccare il suo quarto anniversario, impedisce il normale commercio e l'afflusso di merci dall'estero o anche solo dalla Cisgiordania, costringendo gli abitanti di Gaza a veri e propri miracoli di autosufficienza, risparmio e riutilizzo di qualunque oggetto, rifiuto o scarto; nonostante ciò i prezzi di qualunque genere alimentare sono aumentati dal 200 al 400% in questo periodo, con le punte di rincaro più astronomiche toccate, ovviamente dai generi carnei.
In seguito al brutale assalto militare indiscriminato del dicembre 2008-gennaio 2009 le fattorie palestinesi hanno perso nove capi di bestiame su dieci e, per alimentare la quota rimanente, sono costretti a crescere essi stessi il loro foraggio, non potendolo più comprare dall'esterno, procedura dispendiosa di tempo, superficie coltivabile e acqua.
Il fatto che la quasi totalità della popolazione di Gaza segua la fede musulmana limita la possibilità di ricorrere all'allevamento del maiale per provvedere carne agli abitanti; i suini sono infatti perfettamente in grado di sopravvivere grazie ai rifiuti domestici organici; il loro allevamento richiederebbe quindi meno risorse.
Gli allevatori palestinesi fanno fatica a mantenere costante il livello delle loro mandrie e dei loro armenti, sempre più esigui di numero e sparuti di costituzione; l'importazione clandestina di animali vivi attraverso i tunnel che collegano la Striscia con l'Egitto non offre che un minimo sollievo a una situazione di emergenza permanente.
Tutti questi fattori renderanno impossibile, per la maggior parte delle famiglie di Gaza, acquistare un agnello sacrificale per la festa dell'Eid, in occasione della quale é tradizione macellarlo e offrire parte delle sue carni ai poveri della comunità.
L'embargo israeliano, che sta per toccare il suo quarto anniversario, impedisce il normale commercio e l'afflusso di merci dall'estero o anche solo dalla Cisgiordania, costringendo gli abitanti di Gaza a veri e propri miracoli di autosufficienza, risparmio e riutilizzo di qualunque oggetto, rifiuto o scarto; nonostante ciò i prezzi di qualunque genere alimentare sono aumentati dal 200 al 400% in questo periodo, con le punte di rincaro più astronomiche toccate, ovviamente dai generi carnei.
In seguito al brutale assalto militare indiscriminato del dicembre 2008-gennaio 2009 le fattorie palestinesi hanno perso nove capi di bestiame su dieci e, per alimentare la quota rimanente, sono costretti a crescere essi stessi il loro foraggio, non potendolo più comprare dall'esterno, procedura dispendiosa di tempo, superficie coltivabile e acqua.
Il fatto che la quasi totalità della popolazione di Gaza segua la fede musulmana limita la possibilità di ricorrere all'allevamento del maiale per provvedere carne agli abitanti; i suini sono infatti perfettamente in grado di sopravvivere grazie ai rifiuti domestici organici; il loro allevamento richiederebbe quindi meno risorse.
Gli allevatori palestinesi fanno fatica a mantenere costante il livello delle loro mandrie e dei loro armenti, sempre più esigui di numero e sparuti di costituzione; l'importazione clandestina di animali vivi attraverso i tunnel che collegano la Striscia con l'Egitto non offre che un minimo sollievo a una situazione di emergenza permanente.
Tutti questi fattori renderanno impossibile, per la maggior parte delle famiglie di Gaza, acquistare un agnello sacrificale per la festa dell'Eid, in occasione della quale é tradizione macellarlo e offrire parte delle sue carni ai poveri della comunità.
Hezbollah si attrezza contro nemici interni ed esterni (Parte 2)
Continua con questi paragrafi il nostro apprezzamento della situazione politico-strategica libanese e l'atteggiamento assunto da Hezbollah, il movimento politico musulmano a base sciita, in relazione ad essa; dopo avere analizzato la situazione politica interna fra minacce palesi (come l'ostilità sempre più aperta dei partiti sostenuti da Stati Uniti ed Arabia Saudita, che non hanno esitato a fare uso scoperto della provocazione violenta in un paese uscito da una guerra civile fra le più spietate e distruttive dell'evo contemporaneo) e occulte (il famigerato 'tribunale speciale' trasformatosi da strumento d'inchiesta in arma contro Hezbollah) é ora il turno di valutare ed apprezzare le minacce esterne che insidiano il prossimo futuro dei seguaci di Nasrallah.
I leader del "Partito di dio" non hanno dubbi: Israele, il grande nemico del Libano indipendente, la potenza che vorrebbe il Paese dei cedri asservito sotto qualche cacicco locale dello stampo di un Saad Haddad o di un Mahmoud Abbas, non ha accettato la sconfitta patita con l'aggressione militare dell'estate 2006 e si sta rapidamente organizzando per un nuovo "round", che dovrebbe, nelle intenzioni dei pianificatori sionisti, raggiungere gli obiettivi sfuggiti quattro anni fa: l'emascolazione di Hezbollah come forza armata, il crollo della sua popolarità fra l'opinione pubblica libanese (non soltanto sciita) e, direttamente o indirettamente, la sottomissione politico-strategica di Beirut sotto la coalizione di partiti di destra sostenuti da Washington e da Ryiadh.
A tale scopo l'intero comando settentrionale di Tsahal é stato messo in fermento, a partire dal vertice, in cima al quale proprio a settembre 2006 é stato messo il generale Gadi Eizenkot. Costui, generale politicizzato nello stampo del likudnik Ariel Sharon o del nazista Ferdinand Schoerner della Wehrmacht, è convinto sostenitore della "Dottrina Dahiyeh", frutto dei think tank militari sionisti che eleva il crimine di guerra contro i civili a modalità operativa comune sostenendo la "necessità" di "infliggere gravi danni e distruzioni con forza sproporzionata a ogni centro abitato del territorio nemico" in modo da mettere in crisi le forze avversarie col grande numero di emergenze umanitarie causate dalle vittime civili innocenti.
Si riconosce, in tale sistematico spregio di ogni regola etica di condotta bellica, l'impronta del brutale "pogrom" militare contro Gaza e i sionistologi sono piuttosto concordi nel ritenere che la spietata e irragionevole punizione collettiva inflitta agli abitanti della striscia quasi due anni fa sia stata la prima istanza di applicazione di tale dottrina (che mirava a "punire" i Palestinesi per avere eletto un governo di Hamas e per aver continuato a sostenerlo anche dopo il colpo di stato di Abbas e l'inizio dell'assedio di Gaza).
Contro tale piano mostruoso Hezbollah può reagire in un solo modo: migliorando le proprie capacità di difesa basate sul contrasto asimmetrico dei punti di forza del nemico, sul comando decentralizzato, sulla capacità di colpire obiettivi israeliani a distanza (tutte facoltà già brillantemente messe in mostra durante il conflitto di quattro anni fa) e acquisendo capacità che finora gli sono mancate: ingaggiare le forze aeree israeliane (con le quali viene portata a segno la maggior parte degli attacchi contro obiettivi civili) e acquisire la capacità di infiltrare il territorio dello stato ebraico per colpire i centri logistici e i cordoni di rifornimento delle truppe di prima linea.
L'attività di intelligence e ricognizione è fondamentale per entrambe gli obiettivi e gli uomini di Nasrallah la perseguono con convinzione, raccogliendo fruttuosi risultati, affidandosi soprattutto all'HUMINT e integrando questa con rilevamenti fotografici ed elettronici solo in maniera complementare; d'altro canto i sionisti (ormai preda della febbre "gadgettistica" che hanno contratto dai loro sponsor a stelle e strisce) sembrano ormai incapaci di perseguire con convinzione la strada dell'intelligence captata a orecchie e occhi umani e traggono la maggior parte dei loro assunti dai rapporti di droni, satelliti e computer.
Hezbollah si aspetta che qualunque forza israeliana lanciata all'assalto del Libano nella prossima guerra comprenderà l'ordine di battaglia al completo del Comando Settentrionale dell'IDF e cioé: una divisione corazzata regolare (36a 'Gaash'), una divisione di fanteria territoriale (91a 'Givati'), tre divisioni corazzate della riserva (210a, 319a, 366a) integrate da almeno altre sei brigate indipendenti fra paracadutisti, fanteria per l'impiego urbano, gruppi di commandos e unità complementari.
Per mettere in crisi e neutralizzare un dispositivo militare tanto imponente questa volta resistere come a Bint Jbeil e Ayta as-Shab potrebbe non essere abbastanza; da qui la necessità di fare mancare, a un nemico tanto tecnologicamente avanzato, la possibilità di esprimere sul campo tale superiorità, cercando, anzi, di trasformare questo suo 'asset' in una 'liability'. Tale intento potrebbe realizzarsi infiltrando squadre di commando in territorio israeliano e usandole per colpire i depositi e gli snodi logistici dell'IDF, azione che potrebbe lasciare le sue unità di punta a secco di munizioni, carburante e parti di ricambio in momenti chiave della battaglia per il Libano del Sud.
I pianificatori di Hezbollah hanno individuato cinque ipotetiche zone operative dove condurre azioni di questo genere, dalla località costiera di Rosh Haniqrah a Quriyat Shimona, sulle pendici della valle di Hula, e le stanno suddividendo in 'sottozone', assegnando ognuna a un gruppo o più gruppi di commando specialmente addestrati per agguati e sabotaggi, in grado di rimanere nascosti per tutto il periodo di tempo necessario a individuare obiettivi di primaria importanza e quindi colpirli rapidamente ma a fondo.
Purtroppo non alla prospettiva (già di per sé abbastanza preoccupante) di un rinnovato assalto militare israeliano si limitano le angustie dei comandanti di Hezbollah, perché, vista la capacità di rifornire e mantenere operativi i suoi gruppi armati meridionali con "iniezioni" di personale e materiali dalle sue basi nella Bekaa, Israele quasi certamente cercherà di aprire anche un "fronte settentrionale" in occasione di un suo prossimo attacco, nel tentativo di impegnare sotto il fuoco l'intero apparato militare di Nasrallah per impedirgli di usare la parte "libera" come pool di riserve da cui rinforzare le unità impiegate contro Israele.
(FINE SECONDA PARTE, il reportage TERMINA in un ALTRO POST)
I leader del "Partito di dio" non hanno dubbi: Israele, il grande nemico del Libano indipendente, la potenza che vorrebbe il Paese dei cedri asservito sotto qualche cacicco locale dello stampo di un Saad Haddad o di un Mahmoud Abbas, non ha accettato la sconfitta patita con l'aggressione militare dell'estate 2006 e si sta rapidamente organizzando per un nuovo "round", che dovrebbe, nelle intenzioni dei pianificatori sionisti, raggiungere gli obiettivi sfuggiti quattro anni fa: l'emascolazione di Hezbollah come forza armata, il crollo della sua popolarità fra l'opinione pubblica libanese (non soltanto sciita) e, direttamente o indirettamente, la sottomissione politico-strategica di Beirut sotto la coalizione di partiti di destra sostenuti da Washington e da Ryiadh.
A tale scopo l'intero comando settentrionale di Tsahal é stato messo in fermento, a partire dal vertice, in cima al quale proprio a settembre 2006 é stato messo il generale Gadi Eizenkot. Costui, generale politicizzato nello stampo del likudnik Ariel Sharon o del nazista Ferdinand Schoerner della Wehrmacht, è convinto sostenitore della "Dottrina Dahiyeh", frutto dei think tank militari sionisti che eleva il crimine di guerra contro i civili a modalità operativa comune sostenendo la "necessità" di "infliggere gravi danni e distruzioni con forza sproporzionata a ogni centro abitato del territorio nemico" in modo da mettere in crisi le forze avversarie col grande numero di emergenze umanitarie causate dalle vittime civili innocenti.
Colpire donne e bambini per danneggiare l'apparato militare avversario, ecco l'ultima trovata del famoso "esercito più morale del mondo". |
Contro tale piano mostruoso Hezbollah può reagire in un solo modo: migliorando le proprie capacità di difesa basate sul contrasto asimmetrico dei punti di forza del nemico, sul comando decentralizzato, sulla capacità di colpire obiettivi israeliani a distanza (tutte facoltà già brillantemente messe in mostra durante il conflitto di quattro anni fa) e acquisendo capacità che finora gli sono mancate: ingaggiare le forze aeree israeliane (con le quali viene portata a segno la maggior parte degli attacchi contro obiettivi civili) e acquisire la capacità di infiltrare il territorio dello stato ebraico per colpire i centri logistici e i cordoni di rifornimento delle truppe di prima linea.
L'attività di intelligence e ricognizione è fondamentale per entrambe gli obiettivi e gli uomini di Nasrallah la perseguono con convinzione, raccogliendo fruttuosi risultati, affidandosi soprattutto all'HUMINT e integrando questa con rilevamenti fotografici ed elettronici solo in maniera complementare; d'altro canto i sionisti (ormai preda della febbre "gadgettistica" che hanno contratto dai loro sponsor a stelle e strisce) sembrano ormai incapaci di perseguire con convinzione la strada dell'intelligence captata a orecchie e occhi umani e traggono la maggior parte dei loro assunti dai rapporti di droni, satelliti e computer.
Hezbollah si aspetta che qualunque forza israeliana lanciata all'assalto del Libano nella prossima guerra comprenderà l'ordine di battaglia al completo del Comando Settentrionale dell'IDF e cioé: una divisione corazzata regolare (36a 'Gaash'), una divisione di fanteria territoriale (91a 'Givati'), tre divisioni corazzate della riserva (210a, 319a, 366a) integrate da almeno altre sei brigate indipendenti fra paracadutisti, fanteria per l'impiego urbano, gruppi di commandos e unità complementari.
Per mettere in crisi e neutralizzare un dispositivo militare tanto imponente questa volta resistere come a Bint Jbeil e Ayta as-Shab potrebbe non essere abbastanza; da qui la necessità di fare mancare, a un nemico tanto tecnologicamente avanzato, la possibilità di esprimere sul campo tale superiorità, cercando, anzi, di trasformare questo suo 'asset' in una 'liability'. Tale intento potrebbe realizzarsi infiltrando squadre di commando in territorio israeliano e usandole per colpire i depositi e gli snodi logistici dell'IDF, azione che potrebbe lasciare le sue unità di punta a secco di munizioni, carburante e parti di ricambio in momenti chiave della battaglia per il Libano del Sud.
Contro convogli di munizioni, rifornimenti e carburante anche le armi più antiquate come questo razzo filoguidato Malyutka, ormai quasi inutile contro i carri armati, potrebbero avere buona riuscita. |
Purtroppo non alla prospettiva (già di per sé abbastanza preoccupante) di un rinnovato assalto militare israeliano si limitano le angustie dei comandanti di Hezbollah, perché, vista la capacità di rifornire e mantenere operativi i suoi gruppi armati meridionali con "iniezioni" di personale e materiali dalle sue basi nella Bekaa, Israele quasi certamente cercherà di aprire anche un "fronte settentrionale" in occasione di un suo prossimo attacco, nel tentativo di impegnare sotto il fuoco l'intero apparato militare di Nasrallah per impedirgli di usare la parte "libera" come pool di riserve da cui rinforzare le unità impiegate contro Israele.
(FINE SECONDA PARTE, il reportage TERMINA in un ALTRO POST)
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