In Arabia Saudita si é tenuto a Jeddah il processo a sedici attivisti per le riforme democratiche e i diritti umani, arrestati nel 2007 e tenuti per quattro anni detenuti in attesa di giudizio, in totale violazione della stessa giurisprudenza del regno, che prevede al massimo una detenzione di sei mesi prima del processo.
Abusi e vessazioni sono la norma nell'ultimo reame assoluto del pianeta, che ovviamente non viene attaccato dai media occidentali ipocriti e venduti, prontissimi a inventarsi fittizie "rivoluzioni colorate" nei paesi invisi agli interessi imperialistici di Washington e Tel Aviv, ma del tutto tetragoni a denunciare le tirannidi dei corrotti sceicchi del petrolio, buoni alleati degli Usa.
Re Abdullah bin Saoud col suo amicone Obama, "pimpato" da un bel catenone d'oro da vero gangsta... |
Tuttavia le persecuzioni poliziesche non bastano a tacitare la voce del dissenso che, ispirata dai successi dei movimenti popolari in Tunisia ed Egitto e dalla eroica lotta del vicino popolo del Bahrein, continua a levarsi, specialmente nelle province orientali del paese, le più ricche di petrolio e popolate a maggioranza da sciiti, una fascia di popolazione sistematicamente esclusa dai benefici dell'enorme ricchezza su cui poggia i piedi.
Centinaia di manifestanti sono scesi in strada a Qatif, nonostante l'imponente schieramento di polizia, convergendo sulla città da sette diversi centri dell'Est; motivo scatenante della protesta sono le condizioni di detenzione delle 160 persone catturate dalle forze di polizia negli ultimi due mesi, durante i quali le marce e i sit-in si sono ripetuti a intervalli regolari nonostante l'azione violenta e brutale dell'apparato repressivo di Casa Saoud.
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