mercoledì 20 luglio 2011

Erdogan: "Visiterò la Striscia di Gaza il prima possibile!"


Recep Erdogan, Primo Ministro della Turchia, recentemente confermato al potere con un Governo 'monocolore' dopo la vittoria riportata con maggioranza assoluta alle elezioni di giugno ha espresso la propria intenzione di visitare "quanto prima" la Striscia di Gaza, per riaffermare la dedizione del proprio esecutivo e del proprio paese alla causa dell'aiuto nei confronti dei cittadini palestinesi provati e angariati dal perdurante assedio sionista, che ha trasformato l'intera enclave costiera in un vero e proprio ghetto a cielo aperto.

Secondo quanto riportato dall'Agenzia France Presse "Il Ministero degli Esteri (guidato da Ahmet Davutoglu, strettissimo collaboratore di Erdogan e autore delle linee-guide che dovrebbero rendere la Turchia uno stato 'chiave' degli scenari politici e diplomatici mediorientali e centroasiatici nei prossimi vent'anni) sta analizzando le varie opzioni, é mio forte desiderio visitare Gaza e sono intenzionato a farlo il prima possibile, forse subito dopo la programmata visita di Stato in Egitto".
Una delle 'tabelle della fame' con cui gli Eichmann sionisti mantengono serrato il cappio della carestia sulla popolazione di Gaza.
Erdogan ha rinnovato la richiesta a Israele affinché "abolisca il prima possibile l'inumano e illegale strangolamento economico di Gaza, in particolare permettendo l'ingresso nella Striscia dei materiali di costruzione necessari a sanare le ferite infrastrutturali e abitative ancora aperte a due anni dal termine della disumana aggressione militare di "Piombo Fuso", che ha fatto oltre 1500 morti tra la popolazione civile, lasciando inoltre migliaia di senzatetto. In una notizia correlata Ozdem Sanberk, membro turco del pannello di inchiesta ONU sui fatti della "Mavi Marmara" ha dichiarato le scuse ufficiali del regime israeliano e il pagamento di pieni risarcimenti alle famiglie di tutte le vittime dell'avventurismo militare sionista sono l'unica via per mettere la parola "fine" alla crisi diplomatica tra i due paesi, che hanno interrotto le loro relazioni all'indomani della strage di attivisti umanitari compiuta a sangue freddo dai commando navali di Tel Aviv.
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