Abbiamo già espresso con chiarezza il convincimento che l'attuale 'balletto' in corso di svolgimento al Palazzo di Vetro dell'ONU, a New York, per il 'riconoscimento' di un parziale e mutilato 'Stato palestinese' sulla base dei confini antecedenti l'aggressione alle spalle sionista del 1967 sia molto poco utile alla Causa nazionale palestinese, almeno tanto quanto é invece vitale per la sopravvivenza politica di Mahmud Abbas che ha trovato in esso una comoda scusa per rinviare 'sine die' il progresso del dialogo di riconciliazione con Hamas e con il resto del 'Fronte del Rifiuto'.
Abbiamo spiegato che, anche qualora venisse riconosciuto uno 'Stato' esteso solo sul 22 per cento della Palestina, intossicato dalla metastasi degli insediamenti ebraici e privo di continuità territoriale, si corre il gravissimo rischio che, per 'rimbalzo' automaticamente Tel Aviv consideri 'legittimata' la sua occupazione del 78 per cento della Palestina, invasa con la Nakba del 1948. Oggi, provando la fondatezza dei nostri convincimenti il Dipartimento di Affari dei Profughi del Movimento Hamas ha rilasciato un comuncato in cui "si obietta fortemente a qualunque ipotesi di 'abbandono' delle rivendicazioni sulla parte di Palestina occupata dall'entità sionista e si lancia un severo monito contro ogni ventilata 'rinuncia' al Diritto al Ritorno dei profughi e dei loro discendenti, parte delle richieste irrinunciabili e non-negoziabili della Causa palestinese".
Il comunicato asserisce la "totale legittimità di ogni opzione di Resistenza all'occupazione sionista, ivi compresa quella armata" e altresì denuncia "l'ipotesi di un eventuale ritorno al tavolo della trattativa, obiettivo chimerico e inutile come dimostrato dai 'frutti' -inesistenti- di diciotto anni di simile 'trattativa', seguita agli Accordi di Oslo". Il Vicepremier del legittimo Governo palestinese Mohammed Awad ha dichiarato anche che, prima di rivolgersi all'ONU per il riconoscimento formale di uno Stato palestinese Abbas avrebbe dovuto completare il processo di riconciliazione e formare un nuovo Governo, tecnico e di transizione, col compito di amministrare Gaza e Cisgiordania in preparazione di nuove elezioni parlamentari e presidenziali.
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