"Dai un pesce a un uomo, e questi mangerà per un giorno; insegnali a pescare e si sfamerà per tutta la vita".
La veridicità di questo adagio é esemplificata dai progressi delle organizzazioni armate palestinesi che nel corso di meno di un decennio sono passate dal dover dipendere dalla solidarietà dell'Asse della Resistenza per i loro rifornimenti di razzi con cui difendersi dalle aggressioni sioniste a riuscire autonomamente (grazie agli insegnamenti forniti dalla Guardia Rivoluzionaria iraniana, dal corpo di artiglieria dell'Esercito Siriano e dagli Hezbollah libanesi) a fabbricare vettori in grado di arrivare a Tel Aviv, a Gerusalemme e persino ad Haifa.
La Resistenza palestinese iniziò a colpire obiettivi sionisti dalla Striscia di Gaza con l'Intifada delle Moschee: inizialmente il bersaglio principale era Sderot, insediamento illegale preso di mira con razzi rudimentali e colpi di mortaio.
La Guerra d'Estate tra sionisti ed Hezbollah, nel 2006, fece apparire evidente ai Palestinesi, che intanto nel 2004 erano riusciti a cacciare gli occupanti sionisti dalla Striscia, come un forte arsenale di razzi fosse un'arma potente tanto dal punto di vista militare quanto da quello politico; nessun elemento della guerra di otto anni fa rese evidente la totale sconfitta sionista quanto il fatto che "i razzi continuavano ad arrivare" sulla Galilea Occupata fino all'ultima ora prima dell'Armistizio.
Un programma di addestramento venne subito lanciato dalle potenze dell'Asse della Resistenza: militanti palestinesi uscivano dalla Striscia, viaggiavano fino al Libano o alla Siria e qui venivano 'presi in consegna' da ufficiali dell'IRGC iraniana, che li portavano nella Repubblica Islamica e li istruivano sulle basi della balistica, sulla chimica dei materiali necessari ai razzi, e controllavano il loro apprendimento facendogli costruire razzi di prova che poi venivano lanciati in zone deserte.
I punti di arrivo di quei razzi venivano accuratamente segnalati e riportati e gli 'studenti' venivano incoraggiati a produrre 'rose' di impatti sempre più ristrette e precise. In seguito altri 'corsi' vennero istituiti in Siria e persino quando si verificarono incidenti (anche con feriti) Assad non fece mai venire meno il suo appoggio a quelle iniziative.
Ma i razzi prodotti a Gaza erano di cattiva qualità e quindi si iniziò un programma di rifornimento via mare e via tunnel, con i vettori iraniani e siriani che venivano spostati in Sudan, poi in Egitto e qui attraversavano il Sinai fino a Gaza oppure venivano caricati su imbarcazioni che poi gettavano contenitori ermeticamente chiusi in mare in zone accuratamente scelte, dove le correnti li avrebbero spinti verso le spiagge della Striscia fino a che un semplice sommozzatore fosse stato in grado di identificarli e trascinarli a riva.
Ma i razzi, soprattutto i modelli più potenti e a lungo raggio, erano molto ingombranti e scomodi da trasferire, persino se smontati in tanti componenti, il loro propellente poi rischiava di deteriorarsi nel lungo viaggio, quindi la parte di know-how e addestramento non venne mai interrotta.
A Gaza arrivavano componenti critici ma tutto quello che i Palestinesi potevano costruirisi o prodursi da soli veniva incoraggiato e anzi aumentato: dapprima i razzi venivano rimontati a Gaza e riempiti di propellente fabbricato in loco, poi fu la volta dell'esplosivo, in breve, quando la metallurgia delle officine clandestine fu abbastanza avanzata, anche gli involucri dei razzi (di certo la parte più pesante e ingombrante) vennero fatti realizzare a Gaza.
Questa scelta si rivelò vincente con la caduta di Mubarak: il dittatore egiziano era un servo di Israele e Washington ma il suo regime aveva il 'bonus' di essere corrottissimo, quindi per ben finanziati ufficiali di Hezbollah e dell'IRGC era facile trovare il modo con adeguate 'mazzette' di far passare nel Sinai o nei porti egiziani i carichi.
Il regime ikhwanita di Morsi si adoperò subito per ostacolare in ogni modo i transiti di componenti per razzi, su ordine dei suoi padroni di Doha che volevano escludere l'Iran dalla scena della Resistenza Palestinese, ma per allora Gaza era già in grado di fabbricare da sola razzi quasi avanzati come i migliori disponibili a Siria e Iran e la dimostrazione ci fu dopo la Guerra degli Otto Giorni nel 2012, quando l'intero arsenale di razzi sparati contro obiettivi ebraici venne non solo ricostituito ma addirittura aumentato in pochissimo tempo.
Nell'ultima Guerra di Gaza, al contrario di quella precedente, non solo i razzi Fajr "di importazione" erano in grado di raggiungere Tel Aviv, ma anche i loro equivalenti 'locali, come gli M-75, i Buraq-70, i Buraq-100. Senza tutti i costi di trasporto e addentellati vari i razzi 'Made in Gaza' sono estremamente più economici e la quantità prodotta può aumentare esponenzialmente.
Tanto per fare un esempio, un razzo Type-107 quando veniva contrabbandato poteva richiedere la spesa di 800 dollari usa, mentre un razzo identico fatto a Gaza costa un ottavo di quella cifra. Un Fajr-5 in grado di arrivare all'Aeroporto Ben Gurion costava 15.000 $, un razzo fatto a Gaza con le stesse caratteristiche appena 5.000.
Gli esperti in grado di manipolare le sostanze chimiche, i metalli, le componenti di precisione necessarie a queste armi sono tra gli 'assetti' più gelosamente custoditi dalle Brigate della Resistenza, forse anche più dei comandanti. Ogni volta che si recano al lavoro vengono prelevati da militanti armati di sicura fiducia e portati ai laboratori sotterranei della loro organizzazione bendati, in maniera che anche se venissero catturati (Dio non voglia) non potrebbero nemmeno rivelare la posizione del loro luogo di lavoro.
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