Man mano che passano i giorni e si rafforza la presa delle forze armate libanesi sui territori del Nord che di recente sono stati teatro di una vasta operazione antiterrorismo emergono fatti e testimonianze che provano come la determinazione dei vari agenti takfiri a far scattare un'insurrezione che, nei piani, avrebbe dovuto ritagliare un 'emirato wahabita' nella zona togliendola dal controllo dello Stato e aprendo un retrofronte provvisto addirittura di sbocco al mare per i terroristi attivi in Siria, fosse molto meno solida di quanto si credesse e, messa alla prova delle armi, non abbia retto e si sia sgretolata.
Sembra infatti che l'arcipelago wahabita, fatto di tanti predicatori estremisti, ognuno autonominatosi 'imam' o 'sceicco', abbia reagito in maniera sparpagliata e incoerente, permettendo all'Esercito di far valere la propria superiorità numerica e di fuoco. In ogni momento degli scontri sembra che a Bab al-Tabaneh non siano mai stati attivi più di 40-50 uomini armati alla volta, con gruppi che si sono attivati dopo che altri erano già stati neutralizzati o distrutti, quindi, appunto, l'Armee non ha mai dovuto affrontare le 'centinaia' di militanti che temeva, ma poche dozzine per volta.
In particolare sembra che ad attivarsi siano stati i seguaci di Shadi Mawlawi, Osama Mansour e Bilal Omar Mikati, mentre quelli di Ayman Kharma, Mazen Mohammad, Khaled Sayyed e Omar Aziz non si siano mobilitati che per fuggire o mettersi al sicuro, così come i seguaci dello 'sceicco' Houssam Sabbaq.
In Minye, inoltre, non si sarebbero mobilitati più di una trentina di terroristi.
La pretesa wahabita di 'fare come Hezbollah' e creare un proprio feudo nel Libano del Nord si é quindi sgretolata al primo urto con la realtà, tuttavia, come raccomandavamo già all'indomani degli scontri, non bisogna abbassare la guardia.
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