Da trenta giorni Hana'a Shalabi, ventinovenne di Burkin, in Cisgiordania, non mangia.
Nel corrotto e superficiale occidente consumista le ragazze della sua età si negano il cibo assumendo anfetamine o ingurgitando improbabili (e spesso dannosi) cocktail chimici per vezzo estetico; Hana'a, ben consapevole che una vita senza libertà non é degna di essere vissuta, lo fa per affermare un diritto personale e uno collettivo: il diritto di non venire arrestata arbitrariamente senza accuse o motivazioni valide (personale) e quello della sua gente di continuare a vivere in eterno nella terra che la Storia le ha affidato senza dover temere le persecuzioni di khazari trapiantati in Palestina da una cospirazione sostenuta dalle forze del sionismo internazionale, dell'imperialismo colonialista e dell'arroganza (collettivo).
Dopo un mese passato senza ingerire alcun tipo di alimento, Hana'a Shalabi ha deciso di smettere di aggiungere sale all'acqua che beve. L'aggiunta di sale consente al corpo di trattenere più a lungo il liquido, rallentando il processo di disidratazione. Privatasi di tutto, ha deciso di togliersi anche il sale per rendere più estrema la sua protesta, combattuta interamente sul suo corpo, e costringere quindi i carcerieri dell'occupazione sionista a liberarla oppure a lasciarla morire di fame e sete.
La Società per i Diritti dei Prigionieri Palestinesi ha comunicato che altri quattordici detenuti in questi giorni sono entrati in sciopero della fame a oltranza per solidarietà con Hana'a Shalabi. Kifah Hattab, di Tulkarem, che ha iniziato il suo sciopero nove giorni dopo Hana'a é arrivato al ventunesimo giorno senza cibo.Hana'a Shalabi é talmente provata e deperita che non riesce a ingoiare più di due litri di acqua al giorno.
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