Il Governo libico internazionalmente riconosciuto (attualmente in 'esilio interno' nella cittadina orientale di Tobruk) ha 'autonomamente' dichiarato un 'cessate il fuoco' che segue quello emanato in precedenza dalle milizie islamiste di Fajr Libya, di fatto (anche se indirettamente) 'accettando' la tregua e muovendo i primi passi per una trattativa.
L'esecutivo di Al-Thani ha tuttavia messo in guardia i miliziani dal pensare di poter portare avanti operazioni di rafforzamento delle loro linee o rifornimento delle loro unità: "Le nostre forze hanno ordine di monitorare la situazione sul terreno per prevenire ogni movimento di truppe e tentativo di rifornimento o trasporto di armi e munizioni".
Se deve essere tregua, i governativi vogliono che lo sia fino in fondo.
In un suo recente comunicato Fajr Libya ha caldeggiato l'apertura di un negoziato mediato internazionalmente dichiarando che "Non può esserci soluzione militare alla situazione libica". Un deciso cambio di passo e di tono rispetto alle settimane scorse, quando Fajr Libya ostinatamente si mostrava pronta a distruggere vitali installazioni petrolifere pur di negarne l'uso ai suoi nemici.
A nostro modestissimo parere, chi voglia vedere quale causa prima di questo 'rabbonimento' e di questa improvvisa 'voglia di dialogo' la precipitosa ritirata erdoganiana dai lidi tripolini non farà un'ipotesi irrealistica.
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