domenica 20 maggio 2012

Tripoli Siriaca: un inferno di miseria e disperazione dove il wahabismo prospera tra diseredati ignoranti

Il filosaudita Boutros Harb si genuflette di fronte al sionista Feltman, inviato di Dama Clinton.
Non vi deve essere sorpresa nella conclusione tratta da quasi tutti i "pundit" e gli osservatori del teatro mediorientale, che hanno immediatamente 'spiegato' i recenti sanguinosi scontri di Tripoli Siriaca come "l'estensione" delle violenze terroristiche che da oltre un anno, su istigazione e finanziamento delle monarchie sunnite del petrolio, attraversano la Siria; tale interpretazione ha più di un fondo di verità, ma é troppo meccanicistica e semplicistica per esaurire veramente la questione. Le divisioni, gli odii, i rancori che sono esplosi negli ultimi giorni con l'uccisione di dieci persone e il ferimento di più di cento hanno una radice ben più profonda e rinunciare a indagare fin dove essa si insinui e da quali "sacche" velenose e purulente essa tragga la sua linfa significa abdicare 'a priori' a voler capire le ragioni remote di quanto avviene attualmente nel Libano settentrionale e con ogni probabilità fallire nel valutare fino a quando e fino a dove la situazione potrebbe degenerare.
Armiamoci dunque di pazienza e incamminiamoci nell'analisi del tessuto sociale ed etnico, culturale e religioso di quella che é la seconda città del Paese dei Cedri e che pure, a questo dato di preminenza demografica, non riesce ad accompagnare una pari importanza economica, finanziaria, politica. Tripoli é sicuramente la metropoli più depressa del paese: nonostante la sua posizione settentrionale la abbia messa non proprio al sicuro dalle più gravi devastazioni dell'invasione sionista del 1982 e ancora di più da quelle dell'estate 2006 Tripoli é cronicamente depressa, si calcola che su dieci libanesi poveri, quattro vivano nella città in questione o nei suoi immediati paraggi e la stragrande maggioranza di loro, guarda un po', sia sunnita.
I sunniti di Tripoli sono fra i Libanesi più miserabili; concentrati nella borgata di Bab al-Tabaneh oltre tre quarti di loro vivono con meno di 400 Euro mensili, la disoccupazione é cronica ed endemica, e la percentuale di analfabetismo del paese (pure molto bassa, al 12,6 per cento della popolazione complessiva) é dovuta quasi esclusivamente al 'contributo' dei sunniti di Tripoli, che alza la media nazionale. Questo é il 'brodo di coltura' in cui matura il virus wahabita.

Per questo nel nostro articolo precedente annunciavamo che il velleitario tentativo degli 'sceicchi' filo-sauditi e filo-qatarioti di "fare un Hezbollah sunnita" é dalla partenza condannato al fallimento. Amal ed Hezbollah, a differenza di quanto credano gli estremisti sunniti, non hanno acquisito la loro preminenza con le armi e con le bombe ma con l'assistenza sociale, sanitaria, con programmi di istruzione e sostegno per i villaggi e le comunità sciite che dopo decenni di negligenza da parte di politici e partiti della capitale si sono visti affrancati dall'indigenza, dall'ignoranza e hanno trovato nel messaggio della shi'a politicizzata un potente veicolo di riscatto, di affermazione della loro dignità.
Dove trionfano miseria, degrado e analfabetismo, dove le persone non sono nemmeno in grado di leggere il Libro del Sacro Corano senza ricorrere all'interpretazione (chi sa quanto arbitraria) di uno 'sceicco' wahabita, non potrà germogliare alcun seme anche soltanto avvicinabile a quelli che sono stati gettati da Amal ed Hezbollah nella Bekaa, nel Sud del Libano e nei sobborghi sciiti di Beirut e che hanno portato frutto e raccolto nelle vittorie della Resistenza e nell'affermazione dell'autonomia e dell'indipendenza del paese. Gli emiri del petrolio potranno inviare tutte le armi, tutti gli esplosivi e tutti i terroristi che vogliono, ma non riusciranno a cambiare questa realtà.
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