sabato 17 settembre 2011

Anche il Premier Najib Mikati apprezza le coraggiose parole del Patriarca maronita Al-Rahi!


Dopo il Presidente libanese Michel Suleiman anche il Premier Najib Mikati, capo del Governo sostenuto dalla coalizione progressista "Alleanza 8 Marzo" (che vede la collaborazione degli sciiti di Hezbollah e Amal, dei maroniti del LMP di Aoun e del Marada di Frangieh, del Partito Socialista della Nazione siriana, della Federazione armena e di altre forze minori) ha espresso il suo apprezzamento per le coraggiose parole del Patriarca maronita di Antiochia, Beshara Al-Rahi.

Mikati si é recato a Diman per confrontarsi col Patriarca, riportandone "una completa e profonda soddisfazione: sua Eminenza ha espresso le posizioni che derivano dalle sue personali convinzioni e anche dalla sua missione storica e pastorale di difensore dei migliori interessi della comunità cristiana libanese"; tali parole suonano come una precisa e sferzante frecciata rivolta al falangista fascista Nadem Gemayel, che, attaccando nei giorni scorsi le dichiarazioni di Al-Rahi ha posto i propri interessi personali e di famiglia di fronte a quelli generali della sua comunità confessionale ed etnica che, come testimonia l'entusiasta adesione dell'LMP e del Marada alla coalizione 8 marzo preferiscono un Libano autonomo e indipendente amministrato insieme a sciiti, drusi, armeni e cristiani ortodossi, piuttosto che un Libano prostituito a Israele e Usa sotto la ferula mafiosa della falange fascista targata 'Gemayel'.

Il Premier Mikati ha dichiarato ai rappresentanti dei media che il suo dialogo col Patriarca Al-Rahi ha spaziato "in lungo e in largo" su tutti gli argomenti di recente attualità, senza però specificare quali siano stati. Al-Rahi, come da tradizione, é in procinto di lasciare la residenza estiva di Diman per tornare alla sua usuale sede pastorale, a Bkirki.
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Il gas urticante 'Made in Usa' fa ancora un morto in Barhein!


Un altro civile Bahreini, impegnato a dimostrare contro il corrotto regime della casa regnante Al-Khalifa, é stato soffocato a morte dal Gas urticante CS, prodotto negli Stati Uniti e generosamente regalatao dall'Amministrazione del 'Nobel per la Pace' Barack Hussein Obama a tutti i regimi autoritari e dittatoriali amici di Washington, fra cui appunto quello che occupa contro la volontà popolare la celebre "Isola delle Perle".

Seyyed Saleh al-Hallai, questo il nome della vittima, é stato dichiarato morto in ospedale dopo ore di agonia, trascorse da quando, durante una manifestazione dispersa dagli scherani di Al-Khalifa, era collassato al suolo dopo essere stato avvolto da una densa nube di agente chimico, sparato dalle truppe saudite e dai mercenari pachistani al servizio del sovrano in maniera totalmente contraria alle prescrizioni d'uso.

Infatti i candelotti lacrimogeni dovrebbero venire sparati verso l'alto, alla maniera dei colpi di mortaio, in modo che innalzandosi sopra la folla e poi ricadendovi sopra essi emettano una vasta ma sottile cortina di gas, che costringa i dimostranti ad arretrare e disperdersi. Ma gli sgherri di Al-Khalifa, imparando la lezione dalle SS sioniste, dai gendarmi dell'Apartheid sudafricano e dai macellai britannici di Madama Thatcher in Ulster sparano i candelotti in linea diretta, in maniera che essi emettano tutta la loro carica nel punto dove atterrano, creando concentrazioni di gas del tutto intollerabili e mortali.

Nelle stesse ore in cui moriva Al-Hallai, migliaia e migliaia di cittadini prendevano parte alle esequie di Seyyed Jawad Hashem, il ventisettenne morto per le stesse cause pochi giorni prima; durante la processione funebre, trasformatasi 'motu proprio' nell'ennesima manifestazione di protesta civile, lo slogan più intonato era: "Presto o tardi, il popolo riporterà la sua Vittoria", testimonianza che nessuno, nella bellissima e sfortunata "Isola delle Perle" ha intenzione di lasciare che il sacrificio di Hashem e di Al-Hallai sia avvenuto invano.
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Soldato delle Brigate Qassam mutilato di entrambe le gambe muore a Gaza, vittima della mancanza di materiale medico!


Khalid Suleiman Kaware, un soldato delle Brigate Ezzedine al-Qassam di Hamas, rimasto gravemente mutilato dal "pogrom" militare sionista della cosiddetta Operazione Piombo Fuso, svoltosi tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009, é morto nella giornata di ieri a Gaza, vittima della cronica mancanza di materiale clinico e rifornimenti medici conseguente all'illegale e disumano strangolamento sionista imposto contro il ghetto palestinese assediato.

Kaware, residente di Khan Younis, nella fascia meridionale della Striscia assediata, rimase mutilato di entrambe le gambe da una granata d'artiglieria israeliana mentre, insieme coi suoi camerati, cercava disperatamente di difendere i civili di Gaza dalla bestiale aggressione sionista, esattamente il 9 gennario 2009, lungo la Moraj Road, arteria di accesso meridionale all'abitato.

Il comunicato ufficiale rilasciato dal sito-web delle Brigate Qassam dichiara che il militare é rimasto in coma quasi tutto il tempo dopo lo strazio avvenuto del suo corpo, ed era costantemente collegato a macchine di supporto vitale, sottoposte, visti i frequentissimi blackout della rete elettrica e alla costante penuria di gasolio e carburante per i gruppi elettrogeni, alla costante minaccia dello spegnimento.

I suoi funerali, coerentemente con la dottrina musulmana, si sono svolti il prima possibile a ridosso del suo decesso; Suleiman Kaware ha ricevuto l'estremo omaggio da parte di familiari, congiunti, amici, commilitoni di Al-Qassam e semplici cittadini di Gaza che ne hanno elogiato il martirio "Avvenuto dopo un lungo, brillante cammino di Jihad, duro lavoro, lotta e sacrificio".
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Un nuovo venerdì di lotta in Egitto, obiettivo Tantawi e il ritorno delle infami 'Leggi di Emergenza'!


Migliaia e migliaia di persone si sono riversate ieri in Piazza Tahrir per protestare contro la reintroduzione di alcune misure delle 'Leggi di Emergenza' che, abolite persino dal regime di Mubarak nel 2010, in un tardivo tentativo di recuperare popolarità, sono invece state riportate in vigore dalla Giunta del Maresciallo Tantawi in seguito all'attacco della folla infuriata contro la rappresentanza diplomatica sionista, avvenuto esattamente una settimana prima.

I dimostranti hanno agitato bandiere e cantato slogan contro le leggi d'emergenza in quello che é stato lo scenario delle più imponenti manifestazioni che a febbraio hanno portato alla caduta del regime autocratico del 'Faraone' filo-occidentale e filo-israeliano. L'Imam Gomaa Mohammed, nel suo sermone della preghiera di mezzogiorno ha ufficialmente domandato alle autorità transitorie di cancellare le decisioni prese e di porre fine ai processi militari contro i civili arrestati dalle forze di sicurezza durante gli eventi di gennaio e febbraio.

Lo scorso giovedì Amnesty International ha condannato il ritorno delle Leggi di Emergenza come "una grave erosione dei diritti umani", come espresso direttamente da Philip Luther, Vicedirettore dell'ONG per il Medio Oriente e il Nordafrica. Più passa il tempo e più sembra probabile una ripetizione delle rivolte di inizio anno, ma questa volta con obiettivo principale il Maresciallo Tantawi e i suoi colleghi, troppo compromessi col passato regime per poter guidare il paese verso una vera transizione democratica.
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La Fratellanza Musulmana dichiara: "Il futuro dell'Egitto sta nella Democrazia Islamica!"


La più importante e influente organizzazione sociale e culturale egiziana, la Fratellanza Musulmana, ha enfatizzato come, nella prossima fase delle trasformazioni politiche attualmente in atto in quel paese, la pratica della "Politica islamica" avrà un ruolo fondamentale e determinanta; così ha dichiarato Mohamed Ghanem, rappresentante della Fratellanza a Londra, ai microfoni di PressTV, l'emittente 'all-news' iraniana in lingua inglese, sostenendo che "in seguito alla Rivoluzione, l'Egitto intraprenderà una propria via islamica verso la democrazia".

La dichiarazione in un certo senso ha voluto 'puntualizzare' la posizione della Fratellanza rispetto alle parole pronunciate dal Presidente turco Recep Erdogan nel corso della sua recente visita egiziana, durante la quale si era augurato che l'Egitto "adottasse una Costituzione laica". Ghanem ha detto: "Non bisogna essere degli esperti di politica internazionale per capire le profonde differenze tra Turchia ed Egitto; non vi sarebbe errore più grave per noi che il tentare di emulare acriticamente le esperienze altrui".

Mahmoud Ghuzlan, portavoce della Fratellanza, ha definito le parole di Erdogan come 'fuori luogo', al limite dell'interferenza negli affari interni egiziani, mentre Essam el-Erian, Vicesegretario del Partito di Libertà e Giustizia, espressione diretta della linea politica dell'organizzazione ha commentato: "L'Egitto non ha bisogno di 'copiare' le esperienze e i progetti altrui, per quanto successo abbiano riportato, il processo di democratizzazione della società nascerà spontaneamente dallo stesso retroterra che ha prodotto la Rivoluzione e porterà a un ordinamento che incarni perfettamente le aspirazioni del popolo e sia in sintonia con il suo sentire, la sua cultura e la sua storia".
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venerdì 16 settembre 2011

Il Presidente libanese Michel Suleiman rimbecca il fascista Gemayel dopo il suo rozzo attacco al Patriarca maronita!


Il Presidente libanese Michel Suleiman a stretto giro di posta ha rintuzzato le scomposte e offensive critiche elevate da Nadem Gemayel, figlio del traditore Bashir giustiziato nel 1982 e nipote del traditore Pierre giustiziato nel 2006, contro il Patriarca della Chiesa maronita, cattolica ma sui iuris dichiarando che le sue dichiarazioni a favore della Resistenza libanese non soltanto erano pienamente legittime, ma totalmente in linea con gli interessi del popolo e dello Stato libanese".

Suleiman ha rilasciato queste dichiarazioni subito dopo aver incontrato il Patriarca a Diman: "Sua Eminenza Al-Rahi ha espresso le opinioni dei cristiani libanesi alla Francia in merito a numerose questioni, non c'é bisogno di analizzarle in maniera dietrologica in quanto esse sono state sufficientemente chiare ed esplicite perché tutti possano trarne le conseguenze; le dichiarazioni in questione non possono essere strumentalizzate per fini politici, né usate per attaccare politicamente Al-Rahi o la Chiesa maronita".

Dopo l'incontro col Presidente Suleiman Bashara al-Rahi é tornato alla sua residenza di Bkirki. Gemayel, parlamentare eletto nelle fila del partito fascista della Falange, aveva cercato di attaccare il Patriarca per le sue esplicite affermazioni in merito all'utilità e alla necessità della presenza della Resistenza armata libanese nel sud del paese, come baluardo contro le aggressioni e le mire espansionistiche israeliane. Al-Rahi aveva anche lanciato un appello alla Comunità internazionale affinché facesse pressioni su Israele per costringerlo a ritirarsi anche dalle Fattorie di Sheeba.
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Colossale manifestazione ad Amman contro le ambasciate di Usa e Israele: "fuori dal nostro paese!"


Come annunciato già da diversi giorni, centinaia e centinaia di migliaia di cittadini giordani (alcune fonti dicono oltre un milione e 200mila) si sono riversati in strada ieri sera domandando la chiusura definitiva delle ambasciate americana e israeliana e l'espulsione immediata dei loro rappresentanti nel paese. "America e Israele: nidi di vipere", "No alle ambasciate imperialiste in Giordania", "Giordania libera da imperialismo e sionismo", erano solo alcuni degli slogan inalberati e scanditi dalla folla in marcia.

La marcia dei manifestanti si é dovuta arrestare davanti allo sbarramento difensivo approntato dal debole reuccio ascemita Abdallah, sempre tentennante quando si tratta di dare ascolto alle richieste del suo popolo ma solerte fino allo zelo quando si tratta di difendere gli interessi dei suoi manovratori e padroni d'Oltregiordano e d'Oltreoceano. Persino mezzi corazzati dell'Esercito erano schierati davanti alle due sedi diplomatiche, evidentemente nel timore che la folla prendesse lo slancio e assalisse le rappresentanze come hanno fatto i cairoti la scorsa settimana.

"Revocate il trattato!" era un altro slogan molto ripetuto, con riferimento all'umiliazione del cosiddetto 'accordo di pace' con cui il nanerottolo Hussein, predecessore di Abdallah, nel 1994 si abbassò a baciare gli stivali israeliani "riconoscendo" il regime dell'occupazione sionista e forfettando tutti i territori rubati dallo Stato ebraico alla Giordania attraverso anni di guerre di aggressione e attacchi a tradimento. I manifestanti si sono anche felicitati della fuga precipitosa dell'ambasciatore sionista Danny Navon, tornato Oltregiordano ancora prima dell'inizio della marcia, e si sono augurati che possa non ritornare mai più nella capitale giordana.
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I turchi del Besiktas passeggiano sui sionisti del Maccabi T.Aviv mentre migliaia di persone protestano contro l'indesiderata 'squadra ospite'



Che lo stato ebraico esprima il calcio di più basso livello di tutta l'Europa lo si evince dai ranking UEFA e dalle costanti deludenti prestazioni delle squadre sioniste nei tornei europei per club e nazionali, dove non ha mai portato a casa una coppa e meno che mai a qualificarsi per la fase finale di un campionato europeo. Lo stesso fatto che il regime dell'Apartheid debba partecipare ai gironi e ai tornei europei anziché a quelli asiatici la dice lunga sulle reazioni furenti che susciterebbe la squadra degli occupanti illegali della Palestina in trasferta, poniamo, in Libano o in Iran.

Ma, con la recente crisi diplomatica in corso con Ankara a causa dell'ostinato e pervicace rifiuto di Tel Aviv di scusarsi per la strage compiuta in acque internazionali contro i volontari turchi diretti verso Gaza persino una trasferta di Europa League in Anatolia compiuta dai calciatori del Maccabi T.Aviv in casa dei bianconeri del Besiktas (club di Istanbul) ha scatenato fortissime passioni solo in minima parte sportive.

Accuratamente controllati da un imponentissimo schieramento di forze di sicurezza, attentamente pianificato fin dal giorno del sorteggio che ha voluto opporre le due squadre a ridosso della rottura dei rapporti diplomatici tra i due paesi, centinaia di migliaia di cittadini turchi hanno manifestato la loro riprovazione e la loro protesta a vedere ospitata sul suolo patrio una squadra che, a torto o a ragione, rappresenta uno stato colpevole di pirateria e strage. "Fuori i calciatori sionisti dalla Turchia", "Sanzioni sportive contro Israele" e altri simili slogan si potevano leggere su cartelli e striscioni issati dalla folla.

All'interno del BJK İnönü Stadium, gremito in ogni ordine di posti, ci hanno pensato le leggendarie "Aquile Nere" del Besiktas a fare giustizia di un Maccabi inconsistente fino quasi al ridicolo, "asfaltando" la mediocre formazione israeliana sotto un sonorissimo 5-1 con reti di Hugo Almeyda (doppietta), Mehmet Aurelio, Egemen Korkmaz ed Edu (goal della bandiera sionista da parte di Keihat).
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Lo Sceicco Qassem visita Teheran e incontra il Ministro degli Esteri iraniano: rinnovata solidarietà tra Iran ed Hezbollah!


Il Ministro degli Esteri iraniano Ali Akbar Salehi e il Vicesegretario del Movimento sciita Hezbollah, Sceicco Nahim Qassem si sono incontrati negli scorsi giorni stabilendo un'intesa per l'ampliamento e l'approfondimento delle relazioni bilaterali tra Beirut e Teheran.

La richiesta per più ampie cooperazioni e collaborazioni tra il Nuovo Libano a guida progressista e la Repubblica islamica dell'Iran sono venute durante la visita di Qassem nella capitale iraniana, focalizzata sulle prospettive aperte dagli ultimi sviluppi mediorientali e nordafricani. Durante l'incontro Salehi ha lodato Hezbollah e i suoi alleati per aver saputo mantenere l'unità nazionale a dispetto delle provocazioni divisive impiegate dai loro avversari filosionisti e filo-occidentali.

Lo Sceicco Nahim, a sua volta, ha ammirato i recenti traguardi raggiunti dall'Iran in campo economico, tecnico-scientifico e militare, ringraziando la Repubblica iraniana per il costante e generoso sostegno a Hezbollah e al popolo libanese, sottolineando come ogni miglioramento dei rapporti di amicizia e solidarietà irano-libanesi andrà prima e soprattutto a beneficio del popolo del Paese dei Cedri.

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L'ambasciatore sionista in Giordania scappa come il suo collega in Egitto! La manifestazione oceanica contro la sede diplomatica raggiunge il suo scopo


Un altro ambasciatore israeliano in fuga, un altro popolo arabo che con la forza delle sue manifestazioni riesce ad arrivare laddove il suo Governo, troppo timido perché ancora infarcito di elementi filosionisti, non avrebbe osato spingersi. Il sionista Danny Navon non ha nemmeno attesto l'inizio della "marcia milionaria" prevista iersi sera per le 18.30, ma ha abbandonato la Transgiordania tornando nella Palestina occupata nel corso della mattinata, insieme ai suoi collaboratori.

Gli attivisti giordani hanno accolto la notizia con entusiasmo e a centinaia e centinaia di migliaia hanno lo stesso preso parte alla marcia che si é trasformata nella celebrazione di un trionfo, il trionfo del popolo e delle sue richieste contro la debole e insicura leadership del reuccio ascemita Abdallah, a suo agio solo di fronte ai paparazzi dei tabloid quando si tratta di mettere in mostra la sua appariscente moglie-trofeo.

Secondo il sionista 'Jerusalem Post' la marcia giordana é stata "trainata" da una pagina facebook intitolata "Niente ambasciate sioniste su terra giordana", un titolo che esprime esplicitamente quanto la popolazione sia contraria a mantenere in vita l'umiliante 'accordo di pace' che dal 1994 permette al regime ebraico di avere una rappresentanza diplomatica ad Amman.
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giovedì 15 settembre 2011

Ancora sangue in Bahrein, le truppe saudite e i mercenari di Al-Khalifa uccidono un dimostrante 27enne!


Nonostante la soffocante cappa di censura ipocrita calata dai media internazionali sugli avvenimenti che da ormai sei mesi insanguinano l'Isola delle Perle del Golfo Persico le proteste popolari in Barhein continuano senza interruzione e non c'é repressione sanguinosa, non c'é raid negli ospedali, non c'é intimidazione di medici e infermiere, non c'é intervento di truppe straniere o di mercenari pachistani che riesca a soffocare la voglia dei cittadini di imporre un "cambio di passo" alla politica interna del Reame, consegnato a suo tempo dai colonialisti inglesi alla debole e corrotta casata Al-Khalifa per difendere i propri interessi navali e commerciali.

L'ultima vittima della violenta e scomposta reazione del regime alle proteste popolari é un giovane nemmeno trentenne, Seyyed Jawad Ahmadhashem, 27 anni, morto nella giornata di ieri per soffocamento da gas urticante, inalato nella giornata di lunedì a Sitra, sulla costa orientale di Barhein, quando gli scherani di Re Al-Khalifa hanno lanciato dozzine di candelotti CS ('regalo' della democratica e umanitaria Amministrazione Obama) contro un pacifico sit-in di manifestanti che chiedevano l'abdicazione del monarca e riforme democratiche per il paese.

La casa della famiglia Ahmadhashem é subito diventata meta di pellegrinaggio per centinaia di attivisti e concittadini del giovane, che hanno scandito slogan contro il Governo giurando di continuare la lotta per la quale il ragazzo ha perso la vita, diventando l'ennesimo martire che ha versato il suo sangue per un futuro più libero e democratico per il suo paese. Più passa il tempo e più il colpevole e ipocrita silenzio dell'Occidente sui fatti del Barhein mostra quanto inaffidabili e fittizie siano le presunte 'preoccupazioni umanitarie' di Usa, Francia, Inghilterra, UE, Nato e altri "difensori dei diritti" a corrente alternata.
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I Giordani non vogliono essere da meno degli Egiziani e a gran voce chiedono: "Fuori l'ambasciatore sionista!"


Migliaia di cittadini giordani si sono riuniti di fronte all'ambasciata Usa ad Amman, bruciando vessilli statunitensi e sionisti e chiedendo a gran voce la chiusura della rappresentanza diplomatica americana, di quella di Tel Aviv e l'espulsione dei rispettivi ambasciatori.

Cantando slogan contro l'imperialismo americano, contro Israele, contro il sionismo internazionale e contro l'oppressione del Popolo palestinese i dimostranti riunitisi ieri hanno condannato senza appello le politiche della Casa Bianca nella regione, chiedendo l'immediata espulsione di tutti gli incaricati americani dal paese.

Le proteste di ieri sono state soltanto una prova generale per la "marcia di un milione di persone" che porterà folle di dimostranti davanti all'ambasciata sionista nella giornata di oggi. Molti osservatori ritengono possibile il rinnovarsi di un attacco alla sede sionista, mirato a rimuovere la bandiera dal palazzo, a imitazione di quanto accaduto ormai due volte al Cairo durante simili manifestazioni.

Il regime ebraico ha annunciato uno stato d'allerta generale a tutte le sue ambasciate nel mondo, dopo che cittadini cairoti sono penetrati nei suoi uffici locali saccheggiando e disperdendo documenti ufficiali e costringendo l'ambasciatore Ythzak Levanon a fuggire precipitosamente proprio pochi giorni dopo il suo rientro ufficiale in Egitto.

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Il PFLP per bocca di Jamil Mizher invita Abbas a sbloccare il percorso di riconciliazione prima di presentarsi all'ONU!


Jamil Mizher, membro del Comitato Centrale del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina ha domandato personalmente al capo della fazione Fatah Mahmud Abbas di fare un passo in avanti decisivo nella ripresa del processo di riconciliazione nazionale con Hamas e le altre fazioni firmatarie del recente Accordo del Cairo prima di presentarsi all'ONU per la richiesta di riconoscimento dello Stato palestinese secondo i confini del 1967.

Mizher, ha dichiarato in una recente conferenza stampa che tale riconoscimento sarebbe ancora più valido e significativo se riportato da una leadership palestinese unita e salda, anziché da una sola componente (peraltro minoritaria) del Consiglio legislativo, come uscito dalle elezioni democratiche del 2006. Ha anche articolato che togliere il processo di riconciliazione dall'impasse in cui é caduto nelle ultime settimane aiuterebbe a nominare un Premier di un Governo di Unità nazionale che sia patriottico, democratico, professionale e scevro da sospetti o addebiti di corruzione politica, finanziaria e morale.

Il rappresentante del PFLP ha detto che il passaggio all'ONU aprirà interessanti e utili prospettive per l'applicazione contro il regime sionista di adeguate Risoluzioni ONU a difesa dei diritti e delle pertinenze dello Stato palestinese, che, costantemente sottoposto ad angherie e vessazioni da parte sionista dovrebbe, una volta riconosciuto, godere della protezione dell'assise internazionale ben più di quanto finora non sia toccato ai territori palestinesi privi della qualifica di Stato indipendente.
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Il falangista fascista Nadem Gemayel, figlio e nipote di traditori venduti a Israele, attacca le coraggiose parole del Patriarca maronita Al-Rahi!


Il parlamentare libanese Nadem Gemayel, "erede" della schiatta dei Gemayel che dopo aver fondato il partito fascista della falange per coprire i loro traffici mafiosi hanno ripetutamente prostituito il loro paese agli interessi imperialisti degli Usa e di Israele, ottenendone in tutta risposta l'uccisione dei traditori Bachir Gemayel nel 1982 e Pierre Gemayel nel 2006, ha osato, in una ridicola conferenza stampa rilasciata nella giornata di ieri, attaccare le coraggiose parole del Patriarca Cristiano Maronita Beshar al-Rahi.

Questi, recentemente in Francia in visita pastorale alla comunità libanese ivi presente, aveva dichiarato che la presenza delle armi dei gruppi della Resistenza libanese, lungi dal mettere in pericolo la sicurezza del Paese dei Cedri, erano anzi un'utile integrazione alla tuttora incompleta capacità dell'esercito nazionale, in fase di ricostituzione e riequipaggiamento, di difendere il suolo nazionale, come ancora dimostrato nella guerra d'estate del 2006, di cui si é recentemente celebrato il quinto anniversario.
Habib Shartouni, il militante del Partito Socialista della Nazione Siriana che giustiziò il traditore Bachir Gemayel distruggendo con una carica esplosiva la sede falangista di Achrafieh.
Ovviamente immaginiamo che il giovane Gemayel si dolga molto di non poter spalancare nuovamente le porte del Libano ai suoi amiconi sionisti, come fece il suo illamentato padre prima di fare la fine che spetta a tutti i traditori della loro patria, ma, fino a che le redini del paese rimarranno in mano a politici onesti e innamorati del Libano autonomo e indipendente come Nabih Berri, Michel Suleiman, Najib Mikati e Hassan Nasrallah a lui e ai fascisti amici di Israele come lui non resterà che masticare amaro e stare sotto schiaffo, magari sperando che qualche 'corte-canguro' messa su da Washington e Tel Aviv non riesca nell'impossibile riportando il paese nell'instabilità dal quale l'Alleanza 8 marzo lo ha tolto quando ha strappato la maggioranza parlamentare alla moribonda coalizione 'brancaleone' di Saad Hariri.
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A Qasra civili palestinesi respingono attacco di teppisti ebrei degli insediamenti illegali!


Gli abitanti del villaggio palestinese di Qasra, situato a sud di Nablus, nella Cisgiordania sottoposta all'occupazione sionista, sono riusciti, graze all'efficace coordinazione di un gruppo di difesa civile, a respingere l'attacco di un gruppo di vandali provenienti dal vicino insediamento ebraico illegale di Beitar Illit. Nello scontro con i fanatici giudei i giovani di Qasra hanno avuto la meglio utilizzando pietre, bastoni e altre armi improvvisate, mentre i loro avversari erano armati di tutto punto grazie ai rifornimenti e all'addestramento fornito loro dall'esercito sionista, che li utilizza come "battistrada" della strisciante pulizia etnica nei territori occupati.

Hani Abu Reida, capo del locale Consiglio municipale ha spiegato come, dopo il recente attacco incendiario che ha visto il primo piano della locale moschea dato alle fiamme dai fanatici di Beitar Illit gli abitanti del villaggio hanno deciso di organizzarsi per difendere le loro case e le loro proprietà, visto che dall'Autorità palestinese sottomessa a Israele non c'é da sperare nessun tipo di intervento; la 'difesa civile' del villaggio si articola attraverso un Comitato popolare che mantiene un certo numero di giovani residenti all'erta e costantemente reperibili per riunirsi e affrontare eventuali minacce sioniste, rifornendoli inoltre di cibo, bevande e mezzi di comunicazione.

Abu Reida, congratulandosi per il successo dell'iniziativa, ha invitato altri Consigli municipali cisgiordani dove sono comuni vandalismi e aggressioni della teppaglia ebraica di lanciare programmi simili, in modo da formare una vera e propria "cintura difensiva" delle comunità palestinesi cisgiordane, sottoposte a continue vessazioni e angherie non solo dalle milizie degli insediamenti illegali, ma anche dalla polizia e dalle truppe sioniste dell'occupazione.
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mercoledì 14 settembre 2011

Hamas e Al-Ahrar ricordano il 18esimo anniversario dei fallaci 'Accordi di Oslo': "Un errore madornale che ha fatto solo il gioco sionista!"


Il Movimento musulmano di Resistenza Hamas, impegnato nella Causa di riscatto nazionale e liberazione della Palestina ha ricordato con un comunicato emesso poche ore fa il diciottesimo anniversario dei cosiddetti 'Accordi di Oslo' definendoli come una perniciosa chimera che ha ottenuto il solo risultato di deviare gli sforzi palestinesi per il raggiungimento della libertà e della dignità, conseguibili solo attraverso la Resistenza all'occupazione, convincendo qualche illuso e molti ipocriti che fosse possibile 'trattare' con l'occupazione sionista e i suoi complici e spalleggiatori internazionali.

Ovviamente quella della 'trattativa' era solo un'illusione, giacché le trattative sono possibili solo e soltanto quando le due parti sono su un piano di parità e si rispettano reciprocamente: il regime ebraico, invece, come già mostrato a Camp David e in altre simili 'trattative' non riconosce alcuna entità o organizzazione come propria 'pari' ed é soltanto interessato a ottenere capitolazioni e rese senza condizioni, accettazione acritica delle proprie richieste e licenza di travalicare ogni limite preventivamente stabilito facendola franca.

Illuminante, a questo proposito, la politica degli insediamenti illegali e degli 'avamposti' dei miliziani ebraici fanatizzati. Hamas ha accusato il 'Processo di Pace' di aver trasformato Fatah da organizzazione politica della Resistenza a gendarme degli interessi sionisti, mettendo Palestinesi contro Palestinesi per il guadagno e il vantaggio dell'occupazione sionista, augurandosi che questa via sbagliata imboccata quasi vent'anni fa sia presto abbandonata per una rinnovata unità nazionale sotto una leadership saggia, forte e determinata.

Anche il movimento palestinese Al-Ahrar, nato dalla scissione di una parte dei militanti di Fatah che non accettavano la linea filoisraeliana imposta da Abbas e dai suoi cacicchi, ha commentato l'anniversario definendo la capitolazione di Oslo "un grave peccato compiuto dall OLP, il cui prezzo viene ancora oggi pagato non da chi lo ha commesso, ma dagli indifesi civili palestinesi".
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Erdogan alla Lega Araba: "E' giunto il momento di issare la bandiera dello Stato palestinese all'ONU!"


Nel corso della sua recente visita in Egitto il Primo Ministro turco Recep Erdogan, pur non riuscendo a trovare il tempo per una visita-lampo a Gaza come sperava di poter fare é comunque riuscito a usare il grande risalto mediatico del suo viaggio ufficiale per estendere la propria solidarietà al Popolo palestinese e sostenerne la Causa e le rivendicazioni, con una dichiarazione resa durante il suo discorso di fronte all'assemblea plenaria della Lega Araba che é riuscita a rimbalzare sulle prime pagine di tutti i quotidiani mediorientali e sui bollettini di tutte le agenzie di stampa del mondo.

"Dobbiamo lavorare tutti insieme coi nostri fratelli palestinesi, perché la loro Causa é la Causa della Dignità; é venuto il tempo ormai perché la bandiera di Palestina sia issata alle Nazioni Unite, alziamo quella bandiera e facciamo sì che diventi un simbolo di Pace e di Giustizia non soltanto per il Mondo Arabo, musulmano o Mediorientale, ma per tutto il consesso umano", ha detto Erdogan nel suo discorso cairota, interrotto a più riprese dagli applausi di delegati e spettatori.

Erdogan ha dichiarato ai microfoni dei giornalisti che "In un anno da adesso la situazione palestinese si presenterà in maniera radicalmente differente da quella odierna", insistendo nell'indicare la chiusa e ottusa mentalità degli attuali governanti sionisticome il più grande ostacolo alla pace in Medio Oriente e nel mondo. A sua volta in Egitto per una serie di incontri ufficiali, il Presidente ad interim dell'Autorità palestinese e leader della fazione Fatah, Mahmud Abbas, ha dichiarato che le procedure per la richiesta di riconoscimento all'Assemblea generale dell'ONU proseguono senza intoppi e che l'assise newyorchese sarà chiamata a pronunciarsi su di essa entro la fine del mese di settembre.

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Esperti dell'ONU a Ginevra dichiarano "illegale e disumano" il blocco israeliano contro il ghetto assediato di Gaza!


Un pannello di cinque esperti ONU in Diritto internazionale e Emergenze umanitarie ha rilasciato a Ginevra una dichiarazione nella quale, anticipando le conclusione di un'indagine commissionata dalle Nazioni Unite, il blocco terrestre e navale imposto dal Regime dell'Apartheid contro la popolazione civile di Gaza viene definito esplicitamente e senza ambiguità alcuna come "una misura disumana che si configura come un crimine contro i naturali Diritti degli abitanti di Gaza, alla luce della corrente legislazione internazionale e delle più elementari norme umanitarie".
Il Presidente turco Abdullah Gul: la Turchia è nel vivo di una fortissima crisi diplomatica con Israele per il massacro della Mavi Marmara.
La dichiarazione fa giustizia delle ambiguità del "Rapporto Palmer" rilasciato lo scorso 2 settembre che, concentrandosi sul definire l'illegalità dell'assalto piratesco compiuto da unità militari sioniste contro la motonave Mavi Marmara nella primavera del 2010, aveva tralasciato di configurare lo status legale della causa prima della spedizione umanitaria nota come 'Freedom Flotilla': l'imposizione cioé a Gaza dello strangolamento economico 'made in tel aviv'.

Alcuni superficiali e disingenui sostenitori del regime sionista avevano scambiato tale reticenza per un "silenzio-assenso", lasciandosi andare a intemerate vomitevoli e compiaciute nelle quali si sosteneva una ipotetica "approvazione" ONU dell'assedio shylockiano. Ora costoro devono masticare amaro visto che, per voce di autorevoli giuristi quali Richard Falk (sopra a sinistra) e Oliver de Schutter (due dei cinque componenti della commissione d'inchiesta) le loro posizioni sono state completamente smentite e refutate.

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Conferenza internazionale a Beirut contro le Cluster Bomb, le munizioni a grappolo usate da Usa e Israele!


La Conferenza internazionale contro le Cluster Bomb si é aperta a Beirut davanti a una platea di delegati provenienti da più di cento paesi dei cinque continenti, al centro della quale, come risulta dalla foto mostrata qui sopra spiccavano le massime cariche dello Stato libanese: il Premier Najib Mikati, dell'alleanza progressista '8 marzo', il Presidente Michel Suleiman e il Presidente del Parlamento Nabih Berri del movimento sciita Amal. Il Libano ha lamentato ben 400 morti negli ultimi 5 anni a causa dell'esplosione di munizioni a grappolo e bomblet disseminate in tutto il paese dall'aviazione e dall'artiglieria sionista durante la fallita invasione dell'estate 2006.


E' ormai appurato con prove inconfutabili che Israele lanci appositamente bombe cluster con inneschi appositamente manomessi in maniera che non esplodano all'impatto ma rimangano "in agguato" per mesi e anche per anni pronte a esplodere appena toccate da un bambino, da un passate, da una macchina agricola, perché agiscano come "mine a effetto ritardato" per continuare a perseguitare i sopravvissuti delle guerre e delle aggressioni scatenate dal regime ebraico.

Finora le squadre di emergenza di Hezbollah e dell'Esercito libanese hanno rimosso oltre 200.000 ordigni a grappolo inesplosi dal territorio, ma la bonifica completa é ancora molto lontana. I paesi civili del mondo hanno firmato l'anno scorso una moratoria internazionale contro la manifattura e l'impiego di simili armi inumane; ovviamente Israele e gli Usa, se ne sono ben guardati, dimostrando una volta di più la loro ipocrisia sfacciata quando si parla di "Diritto Internazionale" e "Diritti Umani".
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La centrale nucleare di Bushehr lavora al 40% del potenziale, raggiungerà i 1000 MW entro dicembre!


Con una speciale cerimonia che ha visto coinvolte autorità di ogni ordine e grado della Repubblica islamica iraniana e una nutrita delegazione russa é stato festeggiato il traguardo dei 400 MW di output raggiunti all'inizio della settimana dall'impianto nucleare di Bushehr, che, attivato appena lo scorso week-end, ha cataputlato l'Iran nel club dei paesi dotati di un programma nucleare; secondo tra i paesi musulmani (anche se gli impianti atomici pachistani hanno funzioni prevalentemente militari). Il Ministro russo per l'Energia, Sergej Shmatko, accompagnato dal Direttore generale della ROSATOM Kirienko, sono stati gli ospiti d'onore del Direttore dell'Agenzia iraniana per l'Energia atomica, Fereydoun Abbasi e del titolare del dicastero energetico Majid Namjou.

Secondo un tecnico dell'impianto ci vorranno circa tre mesi di operazioni su scala ridotta prima che Bushehr possa raggiungere la resa prevista di 1000 MW di elettricità, il che vuol dire che la piena operatività sarà raggiunta nel corso del mese di dicembre, ma il solo fatto che dopo una gestazione lunga, laboriosa e complicata il primo impianto atomico stia operando in condizioni di pieno controllo e sicurezza é già una grandissima soddisfazione per la comunità tecnico-scientifica iraniana e per i suoi sponsor politici ed economici.

Il Ministro Shmatko, congratulandosi con i suoi ospiti, ha assicurato che Mosca sarà pronta anche in futuro a fornire cooperazione su questioni nucleari e a sostenere i programmi di Teheran per la diffusione di simili impianti sul suo territorio dicendosi "personalmente orgoglioso" del ruolo chiave svolto dal suo paese per far raggiungere all'Iran gli attuali livelli di know-how tecnologico e scientifico. Grazie all'elettricità prodotta da Bushehr e dai futuri impianti atomici Teheran conta di poter dedicare tutto il provento della sua industria estrattiva di gas e petrolio al lucroso mercato dell'esportazione.
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martedì 13 settembre 2011

Mustafa Abdul Jalil a Tripoli: "La Libia di domani sarà sicura, prospera e regolata dalla Shariah!"


Il Capo del Consiglio nazionale di Transizione Mustafa Abdul Jalil, rivolgendosi ieri sera a una folla fittissima e festante radunatasi nel centro della capitale recentemente liberata dalle forze rivoluzionarie ha invitato tutti i combattenti delle forze di liberazione nazionale di astenersi da rappresaglie sommarie ed esecuzioni nei confronti dei sostenitori di Gheddafi che cadano in mano loro durante le fasi finali dei rastrellamenti a Sirte, Bani Walid e altre zone in cui ancora recentemente si é combattuto: "Dobbiamo lasciar giudicare ai tribunali chi abbia commesso crimini contro la Liba e il suo popolo e non dobbiamo macchiarci di sangue innocente, consegnate prigionieri e disertori alle autorità competenti senza ergervi a giudici o, peggio, a boia".

"Quel che vogliamo per il futuro della Libia é uno stato di Diritto, prospero ed equo, nel quale la legalità sia basata sui cardini della Shariah, ma per arrivare a questo ambizioso obiettivo dobbiamo soddisfare molti requisiti"; Jalil ha reiterato che ideologie estremiste non avranno un ruolo nel futuro del paese, e che civiltà e democrazia saranno le parole d'ordine dopo oltre quaranta anni di arbitrio sotto Gheddafi. "Abbiamo bisogno di molte cose: unità nazionale, uguaglianza, riconciliazione, una fine alle recriminazioni e all'oppressione: fratelli libici, spero che la Rivoluzione, dopo il successo nel liberarvi dal tiranno, non manchi di mantenere anche queste stesse promesse".

Proprio mentre a Tripoli venivano pronunciate queste parole Gheddafi, per mezzo del network locale 'Al-Rai TV' emanava un messaggio di sfida col quale giurava di "Non voler permettere che la Libia cada sotto le mani degli imperialisti e dei loro servi". Nel comunicato l'ex rais denunciava il Consiglio di Transizione come "un branco di traditori ansiosi di vendere la loro patria". Mustafa Abdul Jalil, prima di unirsi ai rivoltosi, ha servito per anni Gheddafi come Ministro della Giustizia.
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