sabato 5 maggio 2012

Gaza esiste, quindi resiste! Apicoltori palestinesi raccolgono 200 tonnellate di miele dalle loro arnie!

Di tutte le palle e le menzogne di cui si nutre e vive l'entità sionista di occupazione della Palestina forse nessuna é più insopportabile di quella che pretenderebbe che gli invasori sionisti abbiano fatto "fiorire il deserto". Prima di tutto perché nei tempi benedetti prima dell'invasione di kazari svizzeri, tedeschi, polacchi, francesi, inglesi, americani e via discorrendo la Palestina non é MAI stata "un deserto" e secondariamente perché il suo popolo sapeva già benissimo come farla "fiorire", come ha fatto ininterrottamente per tutti i secoli e i millenni della sua presenza in loco.
Ne é una dimostrazione l'intensa attività di apicoltura che si svolge nel territorio di Gaza, specialmente nel nord della Striscia, dove dozzine e dozzine di apicoltori, con la sapienza tramandata da generazioni, accudiscono centinaia di alveari abitati da industriosi imenotteri, producendo ogni anno più di duecento tonnellate di miele di altissima qualità e purezza. L'apicoltura, inoltre dà un grandissimo aiuto agli agricoltori e frutticoltori della Striscia: senza le piccole instancabili bottinatrici che visitano ogni giorno migliaia e migliaia di fiori l'impollinazione delle piante diventerebbe difficilissima e costosa.
La Natura, come al solito, é la più grande alleata dell'Uomo e quanto più un popolo vive in armonia con essa e in ossequio alle Sue leggi e tanto meno ha bisogno dei veleni chimici, delle sementi transgeniche, degli impianti di dissalazione con cui i Kazari invasori invece si ostinano a contaminare e intossicare la terra che hanno rubato, per la quale non provano nessun rispetto e nessun amore, nessun legame e nessuna riverenza. Si calcola che senza lo shylockiano strangolamento economico sionista le arnie di Gaza potrebbero tranquillamente raddoppiare la loro produttività.
Per aiutare imprenditori e lavoratori di un settore strategico il Governo palestinese guidato da Hamas ha saggiamente deciso di impiantare un laboratorio per l'analisi e il test della qualità dei mieli di Gaza, con know-how e capitale indigeno.
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Migliaia di cittadini giordani scendono in piazza per chiedere l'abolizione del trattato di pace con Tel Aviv!

Sono stati migliaia e migliaia i cittadini giordani che sono scesi in strada nella capitale del regno ascemita, Amman, per invitare l'ennesimo Primo Ministro nominato dal reuccio Abdullah a troncare ogni genere di rapporto e relazione con il regime ebraico di occupazione della Palestina. Cantando slogan antisionisti i dimostranti dopo le usuali preghiere del venerdì hanno chiesto al Neopremier Fayez Tarawneh di espellere l'ambasciatore sionista in Giordania e di stracciare una volta per tutte l'accordo di pace con Tel Aviv, siglato dal vecchio sovrano Hussein nel 1994, quando "andava di moda" capitolare all'arroganza yankee nel mondo che si riteneva 'unipolare'.

Altre manifestazioni di protesta si sono anche tenute in numerose altre cittadine e centri minori della Giordania, suscitate proprio dal 18esimo anniversario di quell'infausta firma. Tra l'altro fu proprio l'attuale Primo Ministro Tarawneh a guidare la delegazione ascemita a porre quella firma e, facendolo tornare al potere dopo il suo primo mandato da Premier é quasi come se il Destino volesse dargli l'opportunità di correggere quel grave sbaglio.

"La normalizzazione con l'entità sionista deve finire subito, il Trattato di Wadi Araba per noi non ha alcun valore", dichiara deciso uno dei dimostranti antisionisti, mentre poco oltre i suoi compagni di manifestazione danno fuoco a una bandiera israeliana. I dimostranti hanno anche scandito slogan contro Washington, il Presidente Obama e il sostegno acritico dato da tutte le amministrazioni Usa all'occupazione sionista.
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Ventuno imputati di fronte al giudice militare libanese per la nave carica di armi: rischiano la pena capitale!

Una speciale Corte militare libanese ha messo sotto processo 21 persone, tra cui il capitano e l'equipaggio della nave Lutfallah II bloccata dalla marina libanese con un carico di armi destinate ai terroristi attivi in Siria, ma anche ufficiali doganali libanesi che avevano il compito di facilitare il transito del vascello che doveva consegnare armi, munizioni, esplosivi ed altri equipaggiamenti buttandoli vicino alla costa protetti in speciali involucri di plastica impermeabili.
Tutti gli accusati, sottoposti alla legge militare, rischiano l'esecuzione e si spera che il loro esempio dissuada altri, soprattutto Libanesi, a rendersi complici del complotto Americano-Israeliano-Saudtia-Qatariota e Turco contro la Repubblica araba di Siria, il suo popolo e il suo Presidente legittimo Bashir Assad. La nave carica di armi é stata bloccata e sequestrata il 27 aprile e non é che un esempio dello sforzo prodotta da Sauditi e Qatariani per mantenere in vita le cellule di assassini mercenari (per la maggioranza takfiri wahabiti) inviati contro la Siria.
Da questo evento si capisce anche l'intensità degli sforzi prodotti dall'amministrazione americana per cercare di influenzare a favore della coalizione capeggiata dal mezzo-saudita Saad Hariri il voto politico libanese del 2013. Con Hariri al potere i terroristi in Siria potrebbero godere di invii di armi garantiti e scortati dal Governo libanese stesso (venduto)!
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Anche Hamas avverte il regime ebraico: "Un solo morto tra i detenuti e vi troverete a fronteggiare un'insurrezione senza precedenti!"

Nella giornata di ieri la leadership del Movimento musulmano di Resistenza Hamas ha avvertito i dirigenti dell'occupazione sionista di 'gravi conseguenze' nel caso che 'anche uno solo' dei prigionieri politici attualmente in sciopero della fame muoia nelle galere di Israele. "Siamo pienamente consci" si legge nella dichiarazione di Hamas "dei rischi e dei pericoli di una protesta così estrema e che uno o più partecipanti, a partire da coloro che hanno iniziato prima a digiunare, potrebbero morire".
"Se questo accade" prosegue il comunicato "I sionisti dovranno aspettarsi di tutto da noi, il previsto e l'imprevisto, compresa una mobilitazione armata e attacchi ad ampio raggio, come non se ne ricordano da anni a questa parte". L'attuale sciopero della fame dei detenuti palestinesi ha preso il via quando Bilal Diab e Thaer Halhalah hanno iniziato, ormai 66 giorni orsono, a rifiutare il cibo. La grande massa dei detenuti politici però non ha iniziato a imitarli fino al 17 aprile scorso. Avendo ormai superato in durata anche il digiuno di Khader Adnan si teme molto per la vita dei due pionieri della protesta.
La dichiarazione di Hamas ne segue una simile del Movimento per la Jihad Islamica in Palestina, che ha annunciato pesanti attacchi e ritorsioni armate nel caso di morti tra i protagonisti dello sciopero della fame. Nella giornata di ieri, venerdì di preghiera, in tutta la Palestina, territori del 1948, Cisgiordania e Gaza si sono tenute imponenti manifestazioni di solidarietà con i detenuti politici che stanno protestando trasformando i loro stessi corpi in campi di battaglia.
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Tarek Mehanna: vittima della nuova 'caccia alle streghe' Made in Usa

In nome d'Iddio, compassionevole e misericordioso.

Quattro anni fa esatti, proprio in aprile, avevo finito il mio turno di lavoro all'ospedale. Stavo andando a piedi a riprendere la macchina quando mi vennero vicino due agenti federali. Mi dissero che potevo scegliere tra due cose: potevo prendere la strada più facile, o potevo prendere quella più difficile. Quella facile, come mi spiegarono, significava diventare un informatore per il governo. Se avessi accettato non avrei mai visto come sono fatti un tribunale o una cella. Quella difficile, beh, è quella che mi ha condotto qui. Sono qui dopo aver passato la gran parte degli ultimi quattro anni in una cella singola grande quanto un ripostiglio ed in cui trascorro chiuso a chiave ventitré ore al giorno. L'FBI e gli inquirenti hanno lavorato molto duramente -e il governo ha speso milioni di dollari di tasse- per chiudermi in quella cella, farmici restare, portarmi in tribunale e alla fine avermi qui in piedi davanti a voi perché oggi fossi condanato a trascorrervi ancora più tempo. Nelle settimane che hanno preceduto questo momento molte persone mi hanno dato dei suggerimenti su quello che avrei dovuto dirvi. Alcuni hanno detto che avrei dovuto pietire misericordia sperando in una sentenza leggera, altri invece mi hanno detto che in un modo o nell'altro non me la sarei comunque cavata con poco.
Non fate vedere 'Batman' ai bambini...diventeranno "terroristi"!
 Quello che voglio fare io è soltanto parlare di me per pochi minuti. Quando mi sono rifiutato di diventare un informatore, quelli del governo hanno reagito accusandomi del "crimine" di aver sostenuto i mujaheddin -o, come li chiamano loro, i "terroristi"- che combattono contro l'occupazione dei paesi musulmani in tutto il mondo. Io non sono nato in un paese musulmano, sono nato e cresciuto qui in America e questa cosa irrita molta gente: com'è possibile che io, americano, creda nelle cose in cui credo e prenda le posizioni che prendo? Tutto quello cui un uomo è esposto nell'ambiente in cui vive ha un qualche effetto su di lui, ed io non faccio eccezione. Così, per più versi, io sono come sono proprio perché sono americano. A sei anni cominciai a raccogliere una grande collezione di fumetti. E' stato Batman a ficcarmi in testa un certo concetto, a presentarmi una certa visione paradigmatica di come funziona il mondo: da una parte ci sono gli oppressori, dall'altra ci sono gli oppressi, e poi ci sono quelli che si alzano a difendere gli oppressi. La cosa mi ha colpito a tal punto che per tutto il resto dell'infanzia sono stato attratto da qualunque libro riflettesse questa visione: La capanna dello Zio Tom, l'autobiografia di Malcolm X... riuscii a trovare una dimensione etica anche nel Giovane Holden.

Quando andai alle superiori e cominciai a seguire delle vere lezioni di storia, imparai come il mondo funzioni davvero in quel modo. Seppi dei Nativi Americani e di quello che li aveva fatti cadere nelle mani dei colonizzatori europei, ed imparai poi di come i discendenti di quei colonizzatori vennero a loro volta oppressi dalla tirannia di re Giorgio III. Lessi la storia di Paul Revere, di Tom Paine, e di come gli americani insorsero armati contro le forze militari britanniche: un'insurrezione che adesso ricordiamo riverenti come guerra rivoluzionaria americana. Da bambino ho anche partecipato a varie gite scolastiche la cui meta era a pochi isolati di distanza da dove ci troviamo adesso. Imparai chi fossero Harriet Tubman, Nat Turner, John Brown e la lotta contro la schiavitù in questo paese. Imparai la storia di Emma Goldman, di Eugene Debs, e la storia delle lotte sindacali, della classe operaia, dei poveri. Studiai di Anna Frank e dei nazisti, e di come perseguitavano le minoranze e imprigionavano i dissidenti. Studiai la storia di Rosa Parks, di Malcolm X, di Martin Luther King e delle lotte per i diritti civili. Studiai la storia di Ho Chi Minh e di come i vietnamiti abbiano combattuto per decenni per liberarsi da un invasore dopo l'altro. Lessi di Nelson Mandela e della lotta contro l'apartheid in Sud Africa. Tutto quello che ho imparato in quegli anni non ha fatto che confermare le prime cose che avevo appreso a sei anni: nella storia c'è sempre stata una lotta incessante tra oppressi ed oppressori.

E in ogni lotta che mi capitava di studiare stavo sempre con gli oppressi e provavo sempre ammirazione per coloro che si levavano a difenderli, non importa di quale nazionalità o di quale religione fossero. E non ho mai buttato via gli appunti che prendevo a scuola: sono tutti in ordine, impilati nell'armadio di camera a casa mia, anche mentre sto qui in piedi a parlare davanti a voi. Di tutti i personaggi storici di cui mi sono interessato, uno spicca su tutti gli altri. Rimasi impressionato per più versi da Malcolm X, ma la cosa di lui che più mi ha colpito è stata la sua trasformazione, il suo percorso di trasformazione personale. Non so se avete visto il film X di Spike Lee; è un film che dura più di tre ore e mezza, ed il Malcolm che si vede all'inizio è diverso dal Malcolm che si vede alla fine. All'inizio è un delinquente analfabeta, poi arriva ad essere un marito, un padre, una guida protettiva e faconda per il suo popolo, un bravo musulmano che compie lo Hajj alla Mecca e, alla fine, un martire. La vita di Malcolm mi ha insegnato che l'Islam non è qualcosa di innato, non è una cultura e non è una questione di appartenenza etnica. L'Islam è un modo di vivere, una condizione mentale che tutti possono scegliere, non inporta da dove vengono o come sono cresciuti.

Questo mi ha spinto ad approfondire l'Islam, e l'Islam mi ha conquistato. Ero solo un adolescente, ma l'Islam si è mostrato in grado di dare una risposta ad un interrogativo davanti al quale le più grandi menti scientifiche si sono dimostrate impotenti, la questione capace di spingere alla depressione e al suicidio anche l'individuo più ricco e famoso che non sia in grado di dare ad essa una risposta: qual è il significato della vita? Perché esistiamo? L'Islam inoltre risponde anche all'interrogativo del come dovremmo regolare le nostre esistenze. E dal momento che non schiera alcuna gerarchia e alcun ordine sacerdotale, io stesso ho potuto direttamente e senza indugio iniziare ad approfondire i testi del Corano e gli insegnamenti del Profeta Muhammad ed intraprendere il cammino verso la comprensione di cosa tutto questo significasse, delle implicazioni che l'Islam ha per me in quanto essere umano, per me come individuo, per la gente che mi circonda e per il mondo intero; e più studiavo, più consideravo l'Islam prezioso come l'oro. La pensavo in questo modo quand'ero adolescente ma anche adesso, nonostante tutto quello che ho sofferto negli ultimi anni, io sono qui in piedi davanti a voi e davanti a chiunque altro in quest'aula di tribunale nelle vesti di uno che è orgoglioso di essere musulmano.

Man mano che studiavo cominciai ad interessarmi a quello che stava succedendo ai musulmani in varie parti del mondo. Ovunque guardassi vedevo all'opera grandi potenze intente a cercare di distruggere quello che io invece amavo. Lessi di cosa avevano fatto i sovietici ai musulmani dell'Afghanistan e i serbi ai musulmani di Bosnia; lessi di quello che i russi stavano facendo ai musulmani in Cecenia. Lessi di quello che lo stato sionista aveva fatto in Libano, e di quello che sta continuando a fare il Palestina con il pieno sostegno degli Stati Uniti. E infine scoprii quello che la stessa America stava facendo ai musulmani. Lessi della guerra nel Golfo e delle bombe ad uranio impoverito che hanno ucciso migliaia di persone e fatto salire alle stelle il numero dei casi di cancro in tutto l'Iraq. Ho letto delle sanzioni volute dall'America, sanzioni che hanno vietato di importare in Iraq cibo, farmaci ed equipaggiamenti medici, e di come -secondo le Nazioni Unite- più di mezzo milione di bambini sia morto a causa di tutto questo. Ricordo una sequenza tratta da un'intervista a Madeline Albright trasmessa da 60 minutes, in cui la Albright diceva che secondo lei era "valsa la pena" che tutti quei bambini morissero.

L'ho visto l'undici settembre, quando un gruppo di persone si è spinto a dirottare degli aerei e a farli schiantare contro dei palazzi tanta era l'indignazione per la morte di quei bambini. L'ho visto poi, quando l'America ha attaccato ed invaso direttamente l'Iraq. Ho visto gli effetti dello "Shock and Awe" il giorno in cui è iniziata l'invasione, i bambini nelle corsie degli ospedali con le schegge dei missili americani che gli uscivano dalla fronte (no, nulla di tutto questo è andato in onda sulla CNN). Ho saputo cos'è successo nella città di Haditha dove ventiquattro musulmani, tra i quali c'erano donne, bambini e addirittura un settantaseienne ridotto in sedia a rotelle, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco e di bombe mentre ancora stavano dormendo nei loro letti da fucilieri di marina degli Stati Uniti. Ho saputo di Abeer al Janabi, una ragazzina irachena di quattordici anni che cinque soldati americani hanno violentato in gruppo, prima di sparare in testa a lei e a tutta la sua famiglia e di dare alla fine i loro corpi alle fiamme. Vi voglio ricordare che, come potete facilmente constatare di persona, le donne musulmane non lasciano intravedere neppure i loro capelli ad un uomo a loro estraneo. Cercate dunque di immaginare questa ragazzina, che viene da un villaggio conservatore, cui vengono strappati i vestiti e che viene violentata non da uno, non da due, non da tre, non da quattro, ma da cinque soldati.

Anche oggi seduto nella mia cella posso leggere degli attacchi con i droni che continuano ad uccidere ogni giorno dei musulmani in paesi come il Pakistan, la Somalia e lo Yemen. Un mese fa abbiamo tutti sentito la notizia dei diciassette musulmani afghani, per lo più mamme con i loro bambini, cui un militare americano ha sparato, dando anche in questo caso fuoco ai loro corpi. Tutte storie che finiscono nei titoli di testa, ma una delle prime cose che ho imparato è che l'Islam è essenzialmente una questione di lealtà e di fratellanza: ogni donna musulmana è mia sorella, ogni uomo mio fratello, e tutti insieme siamo un tutt'uno i cui appartenenti hanno il dovere di proteggersi reciprocamente. In altre parole io non posso accettare che cose simili vengano fatte a miei fratelli e a mie sorelle -qui in America o altrove- e rimanere indifferente. Ho continuato a solidarizzare con gli oppressi, ma adesso la questione diventava più personale, così come diventava più personale la mia ammirazione per coloro che li difendevano. Prima ho citato Paul Revere; quando iniziò la sua cavalcata nella notte, lo fece per avvertire che gli inglesi stavano dirigendosi verso Lexington per arrestare Sam Adams e John Hancock, e verso Concord per sequestrare le armi che i Minuteman vi avevano accumulato. Appena gli inglesi giunsero a Concord trovarono i Minuteman ad attenderli armi alla mano. I Minuteman aprirono il fuoco contro gli inglesi, li costrinsero a combattere e li batterono. La Rivoluzione Americana è nata con quello scontro armato. C'è una parola, in arabo, per descrivere quello che quei Minuteman fecero quel giorno. Questa parola è jihad.

Ecco per che cosa mi si processa. Tutti questi video e tutte queste traduzioni e tutte questi litigi bambineschi a base di "Ehi, ha tradotto questo paragrafo" e "Oh, ha riportato questa frase" e tutto il resto del baraccone ruotano attorno ad una questione sola: quella dei musulmani che si sono difesi contro i soldati americani, che stavano facendo loro esattamente quello che i britannici fecero a suo tempo all'America. Nel corso del processo è venuto fuori chiaro e limpido che non ho mai, mai progettato di "uccidere americani" nei grandi magazzini o chissà dove altro. Gli stessi testimoni di parte del governo hanno negato la cosa, e mettiamoci pure tutta la fila di periti che si è avvicendata a quel banco, passando ore a vivisezionare ogni singola parola che ho scritto per spiegare come la pensavo. Inoltre, all'epoca in cui ero ancora libero, quelli del governo hanno mandato un agente sotto copertura per cercare di tirarmi dentro ad uno dei loro "complotti del terrore"; io mi sono rifiutato di partecipare. Stranamente la giuria non ha mai sentito parlare di tutto questo. Questo processo, quindi, non riguarda quello che penso dei musulmani che uccidono dei civili americani. Riguarda quello che penso degli americani che uccidono dei civili musulmani, e su questo argomento io penso che i musulmani devono difendere le loro terre dagli stranieri invasori, sovietici, americani o marziani che siano.

Ecco quello che penso. E' quello che ho sempre pensato e quello che continuerò a pensare. Non si tratta né di terrorismo né di estremismo. E' semplicemente tutto quello che simboleggiano le frecce che compaiono sul sigillo che sta sopra le vostre teste: la difesa della patria. Io non sono d'accordo con i miei avvocati quando affermano che non dovete condividere ciò che penso. No, chiunque abbia un po' di senso comune e un po' di umanità non può che essere d'accordo con me. Se qualcuno fa irruzione in casa tua per rapinarti e fare del male alla tua famiglia, è la pura e semplice logica ad imporre che tu faccia tutto quanto serve per cacciare da casa gli invasori. Quando la casa è un paese musulmano, e quando l'invasore è l'esercito degli Stati Uniti, chissà perché i parametri di giudizio cambiano all'istante. Il buon senso viene ribattezzato "terrorismo" e la gente che si difende da qualcuno che dall'altra parte dell'oceano piomba lì per ammazzarla diventa i "terroristi" che "uccidono gli americani". Considerare l'America brutalizzata dai britannici che andavano per le sue strade due secoli e mezzo fa, significa considerare brutalizzati anche i musulmani; oggi sono loro che hanno i soldati americani per le strade. E' la mentalità del colonialismo.

Quando il sergente Bales il mese scorso ha sparato a tutti quegli afghani i mass media non hanno parlato altro che di lui: della sua vita, di quanto era stressato, del suo disturbo post traumatico da stress, del mutuo che doveva pagare per la casa: come se la vittima fosse stata lui. Alla gente che aveva ucciso sul serio non è stato riservato alcun coinvolgimento, come se non fossero stati individui reali, come se non fossero stati degli esseri umani. Purtroppo questo modo di pensare ha finito per contagiare tutti i membri della nostra società, che se ne siano o meno resi conto. Ci ho messo due anni, a furia di discussioni, spiegazioni e chiarimenti, per convincere i miei avvocati a togliersi il paraocchi e a dare per lo meno segno di accettare che c'era una logica in quello che sostenevo. Due anni! Persone tanto intelligenti hanno impiegato un tempo così lungo, e si trattava di persone tenute per mestiere a difendermi, per rivedere i propri assunti; quanto ci vorrebbe per mettermi sul serio davanti ad una giuria composta da individui scelti a sorte ma rispettosi della condizione di essere dei miei "pari imparziali"? Siamo seri. Io non sono stato chiamato in giudizio davanti ad una giuria di miei pari, perché con la mentalità che sta stringendo l'America di oggi non è possibile che ci siano dei mei pari.

E facendo affidamento proprio su questo quelli del governo mi hanno processato; non perché ne avevano la necessità, ma semplicemente perché avevano il potere di farlo. Studiando la storia ho imparato anche un'altra cosa. L'America, nel corso della storia, ha sostenuto i governi che più degli altri si sono macchiati di ingiustizie nei confronti delle minoranze - un modo di fare politica che godeva anche dell'avallo della legge - solo per poi guardarsi indietro e dire tra sé "Ma cosa avevamo per la testa?" La schiavitù, Jim Crow, l'internamento dei giapponesi durante la seconda guerra mondiale furono tutte cose ampiamente accettate dalla società americana; ciascuna di queste iniziative è stata difesa dalla Corte Suprema. Ma col passare del tempo e man mano che l'America cambiava, sia la gente comune che i tribunali hanno preso a guardare al passato e a chiedersi "Ma cosa avevamo per la testa?" Nelson Mandela veniva considerato un terrorista dal governo sudafricano e venne condannato all'ergastolo. Il tempo è passato, il mondo è cambiato, i sudafricani hanno capito quanto oppressive fossero state le linee politiche seguite fino ad allora e che non era lui ad essere un terrorista, e l'hanno liberato. E' persino diventato presidente. Così, tutto è soggettivo: peersino tutto quest'affare del "terrorismo" e di chi è un "terrorista".

Tutto dipende dal tempo e dal luogo e da qual è la superpotenza in quel momento. Per voi io sono un terrorista; per voi non c'è nulla di strano nel fatto che io sia qui in piedi vestito con una tuta arancione. Ma un giorno l'America cambierà e la gente riconoscerà quello che sta succedendo qui ed oggi per quello che è realmente. Si ricorderanno di come centinaia di migliaia di musulmani sono stati uccisi e mutilati dai soldati statunitensi in altri paesi, anche se oggi sono io quello che va in prigione per aver "cospirato per uccidere o ferire" in quegli stessi paesi perché sostengo i mujaheddin che difendono quelle persone. Si ricorderanno di come il governo ha speso milioni di dollari per incarcerarmi come "terrorista": se riuscissimo in qualche modo a riportare in vita Abeer al Janabi proprio nel momento in cui veniva violentata da un gruppo di vostri soldati, a metterla sul banco dei testimoni e a chiederle chi sono i "terroristi", sicuramente ella non indicherebbe me. Quelli del governo dicono che sono ossessionato dalla violenza, ossessionato dall'"uccidere americani". Io, come musulmano che vive in tempi come questi, non potrei pensare ad una bugia più ironica.

Tarek Mehanna
(Condannato da una Corte fascista americana a 17 anni di carcere senza avere commesso alcun reato). 
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La Jihad Islamica si prepara a "tagliare i tentacoli della piovra sionista" a partire da Eilat!

Il Movimento per la Jihad Islamica in Palestina, storica formazione della Resistenza contro l'occupazione sionista e la persecuzione del Popolo di Palestina ha da sempre riconosciuto la necessità di combattere l'entità ebraica di occupazione non solo 'sul campo', con azioni armate, o sul piano politico, ma anche su quello intellettuale, diffondendo la conoscenza degli scopi, degli schemi, dei complotti dei generali e politici di Tel Aviv e della potente lobby internazionale che li sostiene e porta avanti in tutto il mondo, prima di tutto e specialmente nell'Occidente superficiale e corrotto, i loro interessi.
Nell'ambito di questa 'guerra delle idee' che può portare tanti importanti risultati come (e forse anche più) della 'guerra delle armi' e di quella politica, l'organizzazione ha da poco dato alle stampe un saggio dal titolo "Umm Rashrash: Vita e Morte per l'Occupazione", agile volume di 159 pagine nelle quali tuttavia, con mirabile sintesi, si spiega e si articola la vitale importanza che la cittadini di Umm Rashrash (Eilat nella lingua dell'invasione sionista) rivesta nei piani di Tel Aviv contro l'Africa e i paesi musulmani di quel continente.
Situata in fondo allo stesso profondo seno di mare sul quale si affaccia Aqaba nella propaganda ebraica Umm Rashrash/Eilat viene raffigurata come una specie di Riccione sionista, tutta palmeti, promenade, bagni di mare e balere e invece essa costituisce in realtà il 'trampolino' da cui Sion lancia i suoi tentacoli verso la Somalia, il Sudan, il Kenya, il Sud Sudan, l'Uganda e tutti quegli altri paesi nei quali nel corso degli ultimi anni abbiamo denunciato traffici di armi, destabilizzazione, uso di droni per spionaggio e assassinio, tutte attività volte a destabilizzare i paesi musulmani africani e a portare avanti l'agenda delle multinazionali occidentali (molte a guida sionista) e dell'imperialismo più becero e rapace.
Intuendo ciò i coraggiosi fedayeen della Resistenza lanciarono la loro operazione contro i militari sionisti proprio a Umm Rashrash la scorsa estate e, quando blateravano di 'vittime civili' i corifei dell'Hasbara nascondevano dietro le loro menzogne i piani sionisti contro l'Africa, magari senza neppure saperlo! Chi combatte contro Sion oggi lo fa per tutto il Terzo Mondo, non solo per la Palestina, anche se la Palestina ovviamente é esposta più direttamente alle minacce e alle offese di quel regime. Leggere il volume della Jihad Islamica significa armarsi di conoscenza, la stessa conoscenza che la propaganda israeliana vorrebbe tenere distante dalle masse, soprattutto quelle anestetizzate e obnubilate dell'opinione pubblica occidentale.
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L'imprenditore dell'assassinio Al-Hashemi imita Berlusconi e accusa e insulta i magistrati che lo processeranno!

L'Ex-vicepresidente irakeno Al-Hashemi, inseguito dal mandato di cattura del Tribunale di Bagdad per una impressionante lista di attività terroristiche condotte dal 2009 al 2011 mentre ricopriva un importante ruolo istituzionale, sembra avere imparato il 'Metodo Berlusconi' per rispondere alle accuse a suo carico: quello di accusare a sua volta i giudici del collegio, riversando contro di loro gli addebiti più fantastici lamentando 'congiure' e 'complotti' contro di lui.


 In realtà l'unico ad avere 'complottato' é stato proprio Hashemi, arrivato a usare i propri agenti di scorta come killer prezzolati (tremila dollari a 'colpo') nel tentativo di scatenare una faida etnica tra irakeni sunniti e sciiti e, dal suo nascondiglio, attualmente fornito dallo sfortunato Premier neo-ottomano Recep Erdogan, ha invece preteso di "non fidarsi dello standard della giustizia irakena" che, secondo lui, "lo avrebbe accusato per motivi politici".

Ma a poco varranno le sue contumelie e le sue accuse, visto che il Tribunale di Bagdad, verificata l'impossibilità di ottenerne l'estradizione prima dai Curdi, poi dai Qatarioti, quindi dai Sauditi e ora dai Turchi, ha infine optato per un processo che vedrà contumace l'Ex-vicepresidente e giudicherà invece tutti i 73 agenti di scorta di cui si sono appurate le responsabilità criminose. Altri 13 agenti, sottoposti ad attente indagini, sono risultati non coinvolti nei crimini di Hashemi e sono già stati rilasciati. All' "imprenditore dell'assassinio" e ai suoi scherani si imputano più di 150 morti.
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venerdì 4 maggio 2012

La Junta di Tantawi promette indagini sul massacro di manifestanti, mentre i suoi sgherri fanno un altro morto!

In una situazione che sarebbe ridicola se non fosse tragica i membri del Consiglio Supremo delle Forze Armate sono apparsi, impettiti e rigidi come spaventapasseri, alla TV nazionale, per annunciare che 'verrà fatta chiarezza' sull'aggressione patita dai manifestanti che sono stati massacrati da ignoti aggressori vicino al Ministero della Difesa, che sono morti presi a pietrate, a bastonate, sparati da rivoltelle, senza che nessun poliziotto o militare arrivasse in loro soccorso PER SEI ORE.

E' chiaro che gli aggressori erano militari travestiti, anche le pietre della Sfinge e delle Piramidi ormai lo sanno eppure i pupazzi di Mubarak, generali e colonnelli che hanno fatto carriera alla corte del corrotto 'faraone' filosionista e filoamericano pretendono di raccontare al popolo la 'favola' che esistano gruppi armati in grado di menare strage per sei ore prima che qualche forza dell'ordine arrivi sul luogo della mattanza.
Mentre questo teatrino andava in onda una nuova manifestazione presso il Ministero della Difesa, questa volta organizzata dall'Ikwhan, la Fratellanza Musulmana che sostiene il candidato Mohamed Mursi alla poltrona presidenziale é stata dispersa con gas, manganelli e cannoni ad acqua dai militari, questa volta presenti in uniforme e non travestiti. L'uniforme forse fa male alla letalità delle truppe di Tantawi visto che questa volta sono riusciti a fare "solamente" un morto tra i manifestanti civili e disarmati.
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La Repubblica Islamica iraniana estende i suoi rapporti commerciali ed economici con Siria e Libano!

Il Direttore Amministrativo della Compagnia Iraniana per lo Sviluppo dell'Ingegneria del Gas, Alireza Qaribi, ha dichiarato che, al fine di aumentare le esportazioni di metano per uso domestico verso l'Irak, la Repubblica Iraniana inizierà la costruzione di un gasdotto di 220 chilometri di lunghezza, estensione della sesta linea metanifera nazionale, con una spesa di quasi mezzo miliardo di dollari Usa.
Il progetto annunciato prevede tubature con un diametro di oltre 120 cm che potranno consegnare giornalmente oltre 20 milioni di metri cubi di metano al vicino Irak. La costruzione di una infrastruttura così ambiziosa, persino per un paese che come l'Iran ha a disposzione almeno 33.000 milioni di metri cubi di gas nei suoi giacimenti sotterranei e sottomarini é una diretta conseguenza dei recenti protocolli di intesa per l'intensificazione delle relazioni economiche tra i due paesi.
Il gasdotto inoltre faciliterà la stesura di altre infrastrutture che arrivino fino al Libano, a sua volta ansioso di riuscire a importare energia iraniana, secondo quanto annunciato dal Vicepresidente Mohamed Rezarahimi. Il Paese dei Cedri ha firmato molte intese con Teheran per la costruzione di tre centrali elettriche da 500 MW, sei piccoli impianti da 25 MW ciascuno e il trasferimento di 50 MW di elettricità attraverso la Siria. Può sembrare strano che un paese dotato delle grandi riserve petrolifere e metanifere che ha l'Irak debba farsi fornire metano da Teheran, ma a differenza dell'Irak l'Iran ha avuto 30 anni dal momento della Rivoluzione Islamica per affrancarsi dal giogo delle avide multinazionali occidentali e dotarsi autonomamente di raffinerie, cosa che l'Irak, finora, non ha ancora potuto fare.
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Accademico norvegese denuncia lo strapotere sionista nei media Usa, prontamente accusato di: "Antisemitismo!"






Il Professor Johan Galtung é un ottuagenario accademico norvegese il cui padre negli anni '40 venne deportato dal regime nazista e che nel Secondo Dopoguerra ha contribuito a fondare l' "Istituto di Oslo per la Ricerca della Pace". Le sue credenziali scientifiche sono testimoniate dall'aver pubblicato cento libri di saggistica e avere firmato oltre 1000 pubblicazioni universitarie di varia natura.
Johan Galtung ha recentemente dichiarato che approssimativamente il 96 per cento dei mass-media statunitensi é di proprietà o controllato da una ristretta cerchia di Ebrei sionisti che usano l'enorme potere di persuasione in mano loro per diffondere nell'opinione pubblica della superpotenza americana un'aggressiva agenda filoisraeliana e anti-araba, islamofoba e razzista nei confronti dei Palestinesi e di tutti i musulmani. In pratica ha urlato: "Il re é nudo".

Puntualmente il Segretario del Congresso Mondiale Ebraico lo ha accusato istericamente di essere un 'Antisemita'. Incidentalmente il figlio del Segretario del Congresso Mondiale Ebraico é capo del Consiglio di Amministrazione della Warner Music, ma questa é solo una coincidenza.

Non ci credete?

E' perché siete antisemiti!
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Il popolo tunisino protesta contro la sentenza troppo morbida contro Nessma TV e il film di propaganda anti-islamica!

Il magnate televisivo Nabil Karoui, pochi giorni prima delle elezioni dell'Assemblea Costituente tunisina aveva acconsentito a mettere in onda tramite il suo canale Nessma TV il famigerato cartoon di propaganda anti-islamica e anti-iraniana 'Persepolis', "opera" tratta dalle memorie della prostituta drogata Marjane Satrapi che, in quanto calunniatrice e denigratrice della Repubblica Islamica é subito assurta a 'maitresse a penser' dei corrotti imperialisti occidentali, filosionisti e ammiratori dell'Apartheid.
La trasmissione aveva giustamente suscitato lo sdegno delle persone decenti, sia per il suo chiaro intento politico, sia per la volontà blasfema e offensiva della sua diffusione anche se poi alcune frange estremiste si erano lasciate andare a un attacco non giustificabile contro la casa del proprietario della TV incriminata (esso stesso condannato dal Partito del Rinascimento Musulmano risultato poi vincitore delle elezioni).

Adesso il Tribunale incaricato di punire Karoui per "Disturbo dell'Ordine Pubblico e Violazione dei Valori Morali" gli ha inflitto una multa di soli 2400 dinar (appena 1181 Euro), non certo una pena commisurata alla leggerezza dell'atto, che poteva scatenare gravi disordini con morti, la popolazione tunisina, quindi, si é di nuovo riunita per dimostrare il suo dissenso: "Qualunque condanna, in linea di principio, sarebbe stata accolta positivamente, ma una sentenza tanto lieve non fa nulla per porre un precedente e dissuadere altri dal ripetere in futuro simili offese".
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giovedì 3 maggio 2012

Inizierà presto il processo in contumacia dell'imprenditore dell'assassinio Tarik al-Hashemi!

Stragi con autobombe, assassinii mirati, attentati terroristici, non manca veramente la varietà nei gravissimi reati contestati all'Ex-vicepresidente irakeno (sunnita) Tarik al-Hashemi e alle sue guardie del corpo che dal momento della sua entrata in carica nel 2009 si trasformarono in una efficientissima "anonima omicidi" a favore dei piani sauditi, qatariani, curdi e turchi di divisione dell'Irak secondo linee etniche, in modo da contenere e smorzare la presa del potere e delle leve dello stato da parte della popolazione sciita, vicina all'Iran e sostenitrice di Moqtada al-Sadr e dell'Asse della Resistenza con Siria e Hezbollah.
Lo scorso 30 aprile il Portavoce del Supremo Consiglio di Giustizia irakeno Abd el-Sattar Bayrakdar ha dichiarato che: "Tra i moltissimi crimini di cui Hashemi e i suoi complici dovranno rispondere si contano anche gli assassinii di ben sei magistrati, quasi tutti di Bagdad". Circa 73 ex-guardie del corpo di Hashemi sono in carcere al momento, al contrario del loro ex-datore di lavoro che si é rifiugiato prima tra i Curdi e poi é scappato in Arabia Saudita e in Qatar e poi é arrivato in Turchia, mendicando protezione da quei tiranni venduti all'imperialismo che ha sempre servito con le sue operazioni criminali.
Hashemi anziché affrontare coraggiosamente le accuse ha preferito fuggire all'estero, non prima di aver cercato di inficiare la regolarità del procedimento giudiziario contro di lui chiedendo incongruamente che si celebrasse in Curdistan (dove egli conta molti alleati) anziché a Bagdad, ma la sua illogica richiesta é stata seccamente rigettata. Tra le altre vittime della Killer Elite di Hashemi si contano il Direttore Generale del Ministero della Sicurezza Nazionale, un alto ufficiale degli Interni e un celebre avvocato. Il processo contro l'Ex-vicepresidente latitante prenderà presto il via.
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Khartoum denuncia: "Nuovi movimenti militari sud-sudanesi contro la regione di Heglig, il Sud Kordofan e il Nilo!"

Nuovi preoccupanti aggiornamenti riguardo la situazione nel Sud Kordofan sono stati diffusi dal Ministero degli Esteri di Khartoum, che ha rivelato come, dopo la "batosta" militare costata la morte di 1200 suoi soldati e miliziani il regime di Salva Kiir anziché ridursi a più miti consigli, abbia ripreso negli ultimi giorni le operazioni oltre il riconosciuto confine internazionale che separa il Sud-Sudan dalla regione di Heglig.

"Attività di pattuglie e presidio di punti contestati sono stati segnalati lungo il confine, configurando una ripresa degli atti ostili che il Governo sudanese non può assolutamente permettersi di lasciare senza una adeguata e commisurata risposta: non possiamo permettere alla cricca Sud-Sudanese che comanda a Juba di imporre il suo potere con le armi su terreni esplicitamente riconosciuti come parte dello Stato sudanese".

Il messaggio ha fatto anche riferimeno a movimenti di miliziani e personale paramilitare in altre aree del Sud Kordofan e nello stato del Nilo Azzurro, secondo la consumata pratica Sud-Sudanese di foraggiare e finanziare gruppi armati e organizzazioni terroriste che si impegnino a violare i confini del Sudan e condurre campagne di sedizione e violenza contro i suoi rappresentanti politici e militari, nonché contro la sua popolazione civile. A testimonianza di ciò basti citare le numerose riprese e immagini di terroristi del JEM fianco a fianco con soldati sud-sudanesi durante la loro breve occupazione di Heglig ad aprile.
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Razzista islamofobo e filosionista arrestato in Inghilterra: preparava attentato "In stile Brevik"!

Kenny Holden, attivista razzista e islamofobo, affiliato alla famigerata EDL, associazione filosionista nota per la sua propaganda anti-musulmana e per i suoi legami con rappresentanti e agenti del regime ebraico dell'Apartheid é stato arrestato a causa delle sue ripetute dichiarazioni riguardo alla preparazione di un attentato "come quello di Brevik" contro la comunità islamica inglese.
Il 29enne britannico, forse reso incauto dalle eccessive libagioni al 'Pub', é stato preso in custodia dalle forze dell'ordine di Sua Maestà dopo l'ennesimo annuncio via pagina Facebook, di essere impegnato a preparare "un attentato in stile Brevik" contro i musulmani inglesi. La dichiarazione era particolarmente inquietante e ha scatenato la reazione di Scotland Yard visto che é provato come Brevik fosse in rapporti con la dirigenza dell'EDL già alcuni anni prima del suo attacco assassino a Oslo e contro un campeggo di giovani socialisti nell'isola di Utoya.
Attualmente sotto processo in Norvegia Anders Brevik ha dichiarato ripetutamente alla Corte giudicante di essere stato ispirato da 'mentori inglesi' tra cui ha trovato 'menti brillanti politicamente e militarmente'. La possibilità di un coinvolgimento del Mossad, agenzia sionista notoriamente coinvolta nell'infiltrazione e nella manipolazione dei movimenti razzisti e islamofobi in Occidente, é drammaticamente verosimile.
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