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domenica 27 dicembre 2015

Il crollo del prezzo del barile colpisce duramente Riyadh e l’industria del ‘Fracking’!


L’Arabia Saudita non solo si é sparata in un piede, ma é anche riuscita a far rimbalzare il proiettile fino agli Usa e ‘impallinare’ con quello uno dei “pet project” preferiti di Obama, cioé l’industria dell’estrazione del petrolio di scisto tramite la controversa procedura di fratturazione idraulica, detta “fracking” in lingua
anglosassone.

E’ infatti dall’estate del 2014 che Riyadh ha iniziato a inondare i mercati mondiali di inusitate quantità di greggio, con l’intenzione (che incontrava la piena approvazione della Casa Bianca) di schiantare l’economia russa, percepita sulle rive del Potomac come un traballante carrozzone totalmente legato alla continua esportazione di idrocarburi: una volta abbassata la redditività di quel cespite, teorizzavano le Teste d’Uovo washingtoniane, l’intero edificio si sarebbe sgretolato esattamente come accadde nella seconda metà degli anni ’80 con l’URSS, che aveva la sua massima fonte di reddito nell’export petrolifero e che la vide soffocata dal ‘glut’ generato da Iran e Irak impegnati nelle ultime, sanguinose, costosissime fasi della Guerra del Golfo, che forzavano entrambe i contendenti a esportare enormi quantità di greggio anche oltre e al di fuori di qualunque sistema di quote OPEC.

Anche in questo caso si nota come al di là dell’Atlantico non sia mai stato fatto nessun vero passo avanti per uscire dalla mentalità “da Guerra Fredda”, visto che una pedissequa riproposizione di quello scenario di trent’anni fa era totalmente inapplicabile alla realtà attuale per diversi ottimi motivi: a) Il fatto che nel 1985 al Cremlino sedesse l’ondivago travicello Gorbachev e oggi invece sia insediato Vladimir Putin, b) il differente ruolo geopolitico della Cina, c) la ben diversa situazione economica odierna della Russia rispetto a quella dell’URSS ottantiana.

venerdì 26 dicembre 2014

Riyadh paga lo scotto della sottomissione a Obama: il diktat Usa sul petrolio costa a Casa Saoud quasi 40 miliardi di $!!

Trentotto miliardi e 600 milioni di dollari Usa; questo il deficit proiettato sul bilancio 2015 delle casse reali saudite con l'attuale, disastrosamente basso, prezzo del petrolio. Ovviamente gli sclerotici regnanti di Casa Saoud devono solamente incolpare loro stessi e la loro miope e imbecille politica di sottomissione ai voleri americani visto che come già detto é su ordine dell'inquilino nero della Casa Bianca che la produzione di greggio del reame é salita a livelli tali da far precipitare il prezzo medio del barile.

A Obama il barile 'svenduto' serve (a costo di sacrificare alla manovra la ridicola 'bolla' speculativa del fracking) per tentare di indebolire Russia, Venezuela, Iran e altri paesi del campo anti-imperialista che sono forti esportatori di greggio (vedi qui per come e quanto tale espediente tattico non sia prolungabile indefinitamente e sia perciò destinato a fallire) ed é veramente ironico, di quell'ironia dantesca caratterizzata dal Contrappasso, che i primi a pagarne i costi siano proprio i servi sciocchi degli Usa.

Con quasi 40 miliardi di $ in meno sul bilancio Riyadh sarà costretta a draconiane economia, certo non sulle riserve di Scotch e Gin o sul numero di Rolls-Royce e Ferrari  dei membri della real casa, ma 'ovviamente', i tagli saranno concentrati sul welfare, sui benefit sociali, sui posti di lavoro pubblici e sui loro salari.

I primi a risentirne saranno i giovani impoveriti e irrequieti delle città saudite, specie di quelle più distanti da Riyadh; azzerbinandosi bovinamente ai 'diktat' di Obama i reali sauditi potrebbero stare direttamente contribuendo ad accendere la miccia della rivolta che li farà saltare.

E questa sarebbe davvero l'ironia massima.