Per gli Egiziani di qualunque tendenza politica il ricordo della Guerra del Ramadan del 1973, quando i commandos di Saad Shazli sfondarono la Linea Bar-Lev riconquistando il Sinai e le batterie di missili 'Qvadrat' e 'Malyutka' distrussero dozzine di jet e centinaia di carri armati sionisti costringendo Nixon ad attivare i piani di mobilitazione NATO previsti in caso di guerra convenzionale in Europa e a ricattare i Colonnelli fascisti greci per far fare scalo ai jet da trasporto impegnati a rimpinguare l'arsenale sionista falcidiato dalle perdite, costituisce un fortissimo motivo d'orgoglio nazionale.
Si può solo immaginare quanto odio, vero e proprio odio, abbia causato nei ranghi della popolazione il tentativo settario e miope dell'Ikhwan di mobilitare poche migliaia di fanatici nel tentativo di forzare i blocchi eretti da polizia e forze di sicurezza a protezione del raduno di Piazza Tahrir dove cittadini di ogni estrazione rendevano omaggio al quarantesimo anniversario delle battaglie del '73 domandando la chiusura dell'ambasciata sionista, l'interruzione dei rapporti con Tel Aviv e il ripudio del Trattato di Camp David.
Infine, la reazione delle forze governative contro gli assalti dei fanatici dell'Ikhwan, che sono arrivati nuovamente all'uso di armi da fuoco, ha causato una cinquantina di morti tra il centro della capitale e i distretti di Garden City, Manial e Shubra al-Kheima.
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lunedì 7 ottobre 2013
La Fratellanza Musulmana cerca di attaccare le manifestazioni in ricordo della Guerra del Ramadan: 50 i morti!
lunedì 29 agosto 2011
Non si interrompono le proteste attorno all'ambasciata sionista al Cairo, la folla continua a chiedere la sua chiusura!
Decine di migliaia di egiziani continuano a riunirsi ogni giorno attorno al palazzo dell'ambasciata sionista del Cairo, chiedendo a gran voce con sit-in, slogan e cartelli la chiusura e l'espulsione di tutto il personale. L'opinione pubblica egiziana, al di là di ogni differenza politica, etnica e religiosa non vuole tollerare un giorno di più la presenza di una delegazione che ricorda loro i trenta e passa anni di umiliazione cominciati quando Anwar Sadat decise sciaguratamente di sperperare il patrimonio di credibilità e prestigio guadagnato dalla brillante condotta della Guerra del Ramadan (in cui le forze armate sioniste erano state costrette a implorare massicci aiuti americani per non venire sopraffatte) accettando i compromessi di Camp David e rinnegando l'eredità di vent'anni di nasserismo.
Ovviamente, é rimasta "lettera morta" l'assurda richiesta sporta dal Governo di Tel Aviv di perseguire il giovane Ahmad al Shahhat che, nella notte del 20 agosto scorso si é arrampicato fino in cima al palazzo dell'ambasciata, ha strappato la bandiera israeliana e la ha sostituita con quella egiziana. Lungi dal venire fermato o arrestato Al-Shahhat é diventato immediatamente popolarissimo in patria e in tutto il Mondo Arabo e, col soprannome di "Flagman" é ormai celebrato come un eroe, tramite video su youtube, montaggi musicali della sua impresa, magliette e altro merchandise.
La presenza precauzionale di un cordone di blindati e personale di sicurezza impedisce che la folla, che nelle giornate del venerdì raggiunge anche la consistenza di centinaia di migliaia di persone, possa prendere d'assalto l'edificio ma, più passa il tempo senza una autorevole presa di posizione del Governo Sharaf o della Giunta militare di Transizione e più diventa probabile l'ipotesi che, sorvegliata o meno, l'ambasciata sionista in Egitto faccia la stessa fine di quella americana di Teheran trentadue anni fa.
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