Tra la costante avanzata delle forze governative siriane che schiacciano un nido di resistenza terrorista dietro l'altro e respingono sempre più tentativi di infiltrazione dai confini turchi e libanesi e il costante sostegno strategico, politico e diplomatico che Damasco continua a ricevere da Bagdad, Teheran, Pechino e soprattutto Mosca le speranze che Assad possa 'ruzzolare' giù dalla sua poltrona a breve sono ormai appese a un filo sempre più sottile a meno di non sperare in un grandissimo colpo di fortuna come un attentato che lo elimini improvvisamente.
Il Consiglio di Cooperazione degli Stati Arabi del Golfo Persico, tra l'altro, é profondamente spaccato tra una fazione interventista, guidata da Arabia Saudita e Qatar e seguita con molto meno entusiasmo dagli Emirati Arabi Uniti e una 'neutralista' capitanata dal Kuwait e dall'Oman (che non vuole inimicarsi il potente vicino iraniano con cui ha faticosamente costruito rapporti amichevoli).
Proprio in questi giorni il Presidente iraniano Ahmadinejad visiterà il Kuwait, per vedere quali prospettive esistano di spaccare ulteriormente il GCC in due, mentre da poco é rientrato in Iran il Ministro degli Esteri che ha visitato il Qatar per dichiarare all'Emiro Al-Thani che le sue azioni verso la Siria hanno totalmente distrutto il prestigio che si era costruito con la creazione di Al-Jazeera e con il sostegno alla Causa palestinese.
Intanto in Irak, paese fondamentale per la 'reach' iraniana in Siria, il Premier sciita Maliki sta staccando sempre più contratti di sfruttamento dei giacimenti petroliferi del paese a favore di compagnie cinesi, mettendo le 'Big' del petrolio americane nell'angolo e dopo avere comprato quattro miliardi di dollari di armi russe ha anche invitato le compagnie moscovite a riprendere il filo dei legami interrotti con la caduta di Saddam.
Come si vede l'intero scacchiere mediorientale é in moto e l'effetto domino non tarderà a farsi sentire.
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