Omar Suleiman, capo supremo dei servizi segreti egiziani dal 1993. |
Le indagini scaturite dalla scoperta del tentativo di infiltrazione sionista nella rete di telecomunicazioni egiziana si sono allacciate con altri filoni d'inchiesta aperti dal controspionaggio del Cairo che hanno portato allo smascheramento di una nascente rete di contatti per operazioni del Mossad nel sud-est asiatico, tra Macao, Nepal, Laos e Cambogia.
La dirompente rivelazione é stata data oggi dal quotidiano Al-Shourouk, secondo il cui reportage i due israeliani che avevano reclutato e controllato Tareq Abdel Rezeq Hussein, affarista del ramo tessile e potenziale talpa dei servizi segreti dello Stato ebraico nella rete di comunicazioni egiziana, sarebbero stati riconosciuti e identificati positivamente nelle istantanee scattate a due operativi del Mossad avvistati a più riprese nei più diversi scenari dell'Asia sudorientale: dalle pendici dell'Himalaya ai Casinò dell'ex colonia portoghese.
Il primo a stupirsi della dettagliata descrizione degli spostamenti dei suoi contatti é stato proprio l'accusato Rezeq Hussein, che ha espresso la sua sorpresa di fronte alle prove concrete del serratissimo pedinamento a cui i servizi del Cairo hanno sottoposto i "colleghi" sionisti lungo una mezza dozzina di stati e diverse migliaia di chilometri. Con ogni probabilità questo saggio di bravura sancisce la fine inappellabile dei giorni in cui lo spionaggio di Tel Aviv poteva permettersi di guardare dall'alto in basso le agenzie degli stati vicini é finito per sempre.
La presenza di operativi israeliani nell'Asia del Sud-Est non deve sorprendere, lo Stato ebraico é fin troppo consapevole di come l'asse di potere della politica e dell'economia mondiale stia rapidamente migrando dal Nordamerica all'Asia e, come sembrano confermare queste notizie, cerca di muovere per tempo le proprie pedine, impiantando sul territorio una serie di contatti e strutture onde non farsi sorprendere dall'alba sel "Secolo Asiatico".
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