mercoledì 4 maggio 2011

Sabir Kushour, il Palestinese accusato di 'stupro' per aver fatto l'amore con un'ebrea é al processo d'appello: "Voglio giustizia, non ho fatto niente di male!"


Del caso di Sabir Kushour abbiamo già parlato: il paradossale caso del cittadino palestinese di Israele accusato di 'stupro' per aver consumato con una donna ebrea un rapporto sessuale del tutto consensuale e soddisfacente sembra uscito da un racconto dell'assurdo di Kafka o di Buzzati, ma é purtroppo una crudele realtà, che testimonia come in tutta la società del Regime dell'Apartheid il razzismo sia non solo tollerato, ma apertamente incoraggiato e sostenuto dalle autorità.

La donna ebrea che si concesse a Kushour (appena venti minuti dopo averlo incontrato) lo denunciò per 'stupro' soltanto dopo aver scoperto che era un Palestinese, affermando che egli l'avrebbe 'ingannata' presentandosi come 'Dudu' (nomignolo tendenzialmente ebraico); Kushour, da parte sua, ha dimostrato di essere sempre stato chiamato 'Dudu' da amici e parenti e che, lungi dall' "impersonare" un Ebreo, egli semplicemente non menzionò in alcun modo la sua etnia nel periodo trascorso insieme alla sua accusatrice, conclusosi con un rapporto sessuale.

Dopo avere passato mesi in prigione ed essere stato sotttoposto a portare una cavigliera elettronica per diversi mesi dopo il suo rilascio Sabir Kushour spera ancora di poter ottenere giustizia; é infatti arrivato il momento del suo processo d'appello davanti alla Corte Suprema e spera che, questa volta, la realtà dei fatti e l'esperto patrocinio di un illustre legale possano avere la meglio sulla mentalità tribale, arretrata e bigotta che lo ha condannato in prima istanza per un comportamento che in qualunque altro paese del mondo, tranne che nel Regime dell'Apartheid ebraico, non avrebbe avuto alcuna rilevanza penale.

L'avvocato di Kushour, il Professor Laist Elkana dell'Università di Tel Aviv, fida di poter ribaltare il verdetto di primo grado: "Uno dei fattori-chiave della vicenda é il brevissimo tempo intercorso tra l'incontro del mio cliente con l'accusatrice e il loro eventuale rapporto sessuale". La difesa di Kushour  ha indicato la genesi del verdetto di colpevolezza in primo grado come "frutto di una mentalità antiquata e patriarcale che vede l'uomo come 'soggetto attivo e aggressivo' in ogni relazione sessuale, una visione messa in crisi dalla realtà della società odierna, dove é possibilissimo che l'iniziativa in una dinamica sessuale venga presa dalla partner femminile".

Siamo certi che ogni giorno, nel Regime dell'Apartheid, numerosissimi Ebrei hanno relazioni o incontri sessuali con donne o ragazze arabe, naturalmente loro non vengono accusati di stupro, anche se magari usano la loro posizione, il loro potere, la loro ricchezza o la loro influenza (come datori di lavoro, padroni di casa o altro) per estorcere il consenso alle loro partner, ma di costoro nessun procuratore si interessa, a loro carico nessun fascicolo di indagine viene aperto, esattamente come nel Sudafrica dell'Apartheid si sarebbero mossi mari e monti se un "Kaffir" avesse toccato con un dito una donna "Afrikaans", ma nessuno diceva niente delle migliaia di bianchi che andavano con donne africane.


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