Samer era stato incluso nella prima 'tranche' di oltre 400 detenuti liberati lo scorso autunno, e le autorità del regime ebraico, liberandolo, si erano impegnate a non monitorarlo, non pedinarlo e, soprattutto, non riarrestarlo; oltre a lui altri sette prigionieri politici già liberati sono stati ri-arrestati. Emblematico, questa primavera, é stato il caso di Hana'a Shalabi che, per farsi nuovamente liberare e per attirare l'attenzione internazionale sulla situazione dei prigionieri ri-arrestati non ha esistato a rischiare la morte per digiuno.
Il Centro Studi Palestinese (CPS) si é rivolto ufficialmente al Governo egiziano, che aveva fatto da mediatore per permettere che Tel Aviv e il legittimo Governo palestinese di Hamas potessero trovare un accordo senza dover colloquiare direttamente (Hamas infatti non riconosce la legittimità dell'occupazione ebraica e non può trattare con essa), in maniera che intervenga o almeno protesti per la condotta israeliana che viola lo spirito e la lettera degli accordi presi per la liberazione di Schalit. Il CPS ha poi esteso il suo appello anche alle istituzioni internazionali perché si preoccupino di esercitare pressioni su Israele affinché rilasci Al-Aisawy, gli altri sette detenuti ri-arrestati e si attenga a quanto promesso per ottenere il rilascio di Schalit.
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