martedì 2 novembre 2010

Coloni israeliani danno alle fiamme una chiesa a Gerusalemme

Un nuovo grave caso di vandalismo e violenza perturba l'atmosfera di Gerusalemme, l'antica e storica città che dal 1967 subisce l'occupazione armata delle forze sioniste e che ultimamente è stata al centro dei programmi del Governo Netanyahu, che mira a deportarne la popolazione araba (cristiana e musulmana) per far posto all'inserimento forzato di gruppi di fondamentalisti ebrei, già utilizzati dal Governo di Israele come "battistrada" di una futura giudeizzazione forzata della città.

Questi ebrei integralisti si sono resi sempre più noti e famigerati per i loro violenti atti vandalici, mirati contro luoghi storici, culturali o religiosi delle altre comunità gerosolimitane, condotti con modalità e tecniche che richiamano alla memoria le "bravate" portate a termine in Europa e Nordamerica dai teppisti dell'ultradestra, che devastano o imbrattano luoghi "simbolo" come monumenti alla Resistenza, cimiteri ebraici e sinagoghe.

L'ultimo in ordine di tempo é stato l'attacco incendiario condotto contro una chiesa cristiana: data alle fiamme nella notte fra sabato e domenica lungo la "Strada dei Profeti", che attraversa la città dalla Porta di Damasco fino a Piazza Davidka, attraversando per intero il quartiere di Musrara.

L'edificio, costruito nel 1897 é servito fino al 1948 come sede del "Collegio biblico palestinese", fino al suo forzato trasferimento nell'attuale sede a causa della violenza armata di gruppi sionisti durante la Nakba.

Zakaria Al-Mashriqi, sacerdote nella chiesa presa di mira e leader della comunità che attorno ad essa si raccoglie, ha descritto l'attacco come "un crimine particolarmente odioso" in una città come Gerusalemme, sacra per le tre grandi religioni abramiche (giudaismo, cristianesimo, islam) e riverita da molte altre sette e denominazioni.

La scelta del bersaglio, informano le Autorità di Ramallah in un loro comunicato stampa, é probabilmente legata al recente riconoscimento da parte dell'UNESCO (l'agenzia delle Nazioni Unite per la protezione e la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale) di includere nelle sue liste di monumenti da difendere le Moschea Ibrahimi e Moschea di Bilal Ben Rabah definendole come "siti di interesse culturale Palestinese".
L'antico e pregiato Minbar della Moschea Ibrahimi
Gli ultrà di estrema destra, infatti, contestano la classificazione (che ha un mero valore burocratico e di catalogazione) basandosi sul fatto che vicino a dette moschee insistano luoghi di preghiera sacri anche ai giudei, come se, con la sua scelta terminologica l'UNESCO abbia in qualche modo voluto "offendere" la loro fede (trascurando il fatto che le strutture di maggior valore storico e architettonico siano quelle musulmane).

Già in passato gli ultranazionalisti israeliani hanno lasciato il loro marchio insanguinato su quegli stessi antichi edifici: come quando nel 1994 un ebreo ultraortodosso si introdusse nella moschea di Ibrahimi sparando all'impazzata sui fedeli con un fucile automatico; questa volta, invece, la loro furia cieca e insensata si é rivolta su un edificio cristiano (sempre però "colpevole" nella loro ottica razzista e sciovinista di fare parte del patrimonio storico e culturale dei Palestinesi).
La Moschea di Bilal Ibn Rabah in una foto d'epoca.
L'attentato ha suscitato reazioni in tutta la Palestina e oltre: il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina e il Movimento Musulmano Palestinese hanno rilasciato dichiarazioni sdegnate chiedendo altresì un'azione congiunta politico-diplomatica che porti al termine delle politiche israeliane di "sradicamento" degli abitanti Palestinesi di Gerusalemme e all'infiltrazione di coloni fondamentalisti ebrei. Il Movimento Musulmano Palestinese, per bocca del suo portavoce, l'avvocato Zahi Njedat ha annunciato di aver catalogato l'attentato sionista nella sua lista di aggressioni a luoghi sacri palestinesi, pur essendo avvenuto contro una struttura di fede diversa.

Il capo della OIC, Ekmeleddin Ihsanoglu (foto sopra), condannando l'avvenuto, ha esteso un appello all'intera comunità internazionale perché vigili più strettamente sui luoghi sacri dell'intera Terra Santa.

Ramin Mehman-Parast, portavoce del Ministero degli Esteri della Repubblica Islamica Iraniana, ha esteso un comunicato di condanna dell'accaduto, rimarcando come il governo israeliano non faccia nulla per cercare di porre un freno agli eccessi di queste frange ultranazionaliste di estrema destra, ma anzi, cerchi costantemente un approccio e una coordinazione con esse, nell'ambito delle sue politiche provocative e persecutorie contro l'intera comunità Palestinese: cristiana e musulmana.

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