Dopo essere sfuggiti alla violenza degli occupanti sionisti grazie anche al clamore mediatico suscitato dai video della loro disperata resistenza messa a protezione dell'incolumità del piccolo Mohammad i componenti della famiglia Tamimi, Palestinesi di Cisgiordania, sono riusciti a rilasciare delle dichiarazioni ai microfoni dei media locali e regionali, in particolare all'emittente in lingua inglese PressTV.
"Siamo soggetti a un'invasione, un'occupazione militare e dobbiamo aspettarci di tutto da essa. I soldati sionisti uccidono senza pensiero i bambini e arrestano e torturano i nostri giovani, certo, ho colpito il sionista e lo ricolpirei se si trattasse di difendere mio figlio. Non mi importa se verrò arrestata, picchiata o perfino uccisa", ha dichiarato la madre, che con la figlia maggiore e sua sorella ha salvato il piccolo Mohammad.
Il padre di Mohammad ha detto di non essere intervenuto per paura che la sua azione potesse istigare i militari del regime ebraico ad aprire il fuoco e uccidere suo figlio, come molte volte é già accaduto in passato sempre in Cisgiordania. Ha dichiarato anche di aver visto il militare, prima che intervenisse il resto della sua famiglia, colpire il figlio alla testa con una pietra.
La sorella di Mohammad da parte sua ha detto: "Sono abituata alle dimostrazioni, ce n'é una ogni settimana, ma questa volta il mio fratellino é stato attaccato con violenza. Non ero preoccupata di me, ma ho sempre, sempre paura di perdere un membro della mia famiglia, per questo mi sono lanciata contro il soldato, perché non lo portasse via".
Mohammad stesso ha dichiarato: "Non ho paura dei soldati sionisti, di solito non riescono a raggiungermi, ma questa volta é stato diverso perché avevo il braccio rotto: giorni fa le jeep e i veicoli dei sionisti hanno invaso il nostro villaggio, volevano prendere i giovani e i bambini e portarli via, una jeep mi inseguiva e scappando sono inciampato e mi sono rotto il braccio".
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