Da tempo é nota la nostra posizione critica sulla richiesta di "riconoscimento" dello Stato palestinese all'ONU, sulla base dei confini riconosciuti dalla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 242; innanzitutto perché tale mossa subordina la soddisfazione delle richieste non-negoziabili del popolo di Palestina a una sorta di "beneplacito" esterno, da ottenere all'Assemblea generale ONU, secondariamente perché Fatah ha usato la questione come scusa per bloccare il processo di riconciliazione, terzo perché anche qualora 'magicamente' per effetto del Riconoscimento ONU l'occupazione si ritirasse oltre la Cisgiordania e oltre Gerusalemme Est e ogni insediamento illegale sparisse per magia resterebbe comunque la questione delle terre palestinesi occupate nel 1948 e dell'illegittima entità sionista che sorge da allora su di esse, questione che bisognerebbe affrontare e risolvere radicalmente (come radicalmente é stata risolta la questione del Sudafrica dell'Apartheid, con la sua dissoluzione in uno stato veramente democratico e rappresentativo).
La richiesta di 'riconoscimento ONU' fa sembrare che la legittimità di uno Stato sia qualcosa di esterno da mendicare a una assise internazionale, mentre essa discende direttamente dalla volontà del popolo e il popolo palestinese non vuole venire messo 'in riserva' nei territori del 1967, ma vuole uno Stato 'dal mare al fiume' su tutto il territorio originariamente abitato da Palestinesi prima dell'arrivo degli invasori Ebrei. La questione del 'riconoscimento' é stata usata da Fatah come 'distrazione' dal prosieguo del processo di Riconciliazione nazionale quando é apparso chiaro che l'influenza, il potere e la corruzione dei cacicchi della fazione di Abbas non sopravvivranno alla popolarità di Hamas, conquistata con la coerenza, la resistenza e l'onestà.
Prova di ciò é stato il lamentabilissimo e tiepido 'turnout' alla manifestazione di propaganda voluta da Fatah a Jenin, dove appena poche centinaia di 'ultrà' di Abbas e cacicchi vari si sono radunati brandendo come smorti sudari i vessilli di Fatah, gialli come le bandiere di quarantena, agitando tristi totem come una sedia con il ritratto di Arafat, leader carismatico ma malaccorto e peggio consigliato, che recentemente é stato ricordato (e criticato) per essersi fatto 'uccellare' da Clinton e Rabin nel 'trappolone' di Oslo, una svolta sbagliata che ha regalato ai Palestinesi nient'altro che diciott'anni di tribolazioni, angherie e frustrazioni.
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