Oltre centomila persone, in stragrande maggioranza donne e ragazze, si sono mobilitate a Diyarbakir, nel Sudest della Turchia, per protestare contro il divieto di indossare veli negli edifici pubblici, lascito della datata e superata Costituzione 'laicista' imposta al paese dopo la fine del Sultanato e la trasformazione della Turchia in Repubblica. Adesso quella norma, una vera e propria violenza alla Storia e alla Cultura turche, potrà venire finalmente abrogata, con la scrittura di una nuova Carta costituzionale, che costituirà il più grande obiettivo di politica interna del terzo Governo Erdogan, andato al potere con la sonora vittoria a maggioranza assoluta nelle elezioni di questo giugno.
Una manifestazione tanto imponente in una città relativamente piccola dimostra quanto per le donne turche sia importante rivendicare la libertà di aderire ai dettami della loro fede religiosa, un deciso contrasto con quei paesi dove leggi razziste e xenofobe mirate appositamente contro le minoranze musulmane impongono divieti simili od omologhi e dove la propaganda consumista, araldo della disperazione morale dell'Occidente, fa passare come augurabili e imitabili modelli di comportamento sempre più disordinato.
Il raduno e la marcia di Diyarbakar sono stati organizzati da enti non governativi e non politici; una federazione di associazioni culturali e della società civile che ritengono importante dare un "Alt" una volta per tutte all'insensato 'laicismo di stato' che per decenni, sotto l'egida dei militari asserviti alla Nato e agli Usa, o sotto governi nominalmente indipendenti ma in realtà sempre tenuti alla catena dai generali (come quello di Bulent Ecevit) ha preteso di snaturare la Turchia 'per decreto' e 'per editto'.
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