Posto che la redazione di Palaestina Felix ha una visione prettamente prosaica e utilitaristica degli avventimenti storici e politici e non crede alle 'Folgorazioni sulla via di Damasco', tuttavia dobbiamo riconoscere che, da quando é sceso direttamente in campo per rimuovere il tentennante e inefficiente Presidente Mohammed Mursi il Generale Al-Sisi, capo della giunta militare attualmente garante del potere politico egiziano, ha saputo via via guadagnare popolarità e disinnescare le inizialmente imponenti manifestazioni di protesta indette dall'Ikhwan musulmana giocando sul tasto del nazionalismo, sentimento molto forte nel Paese delle Piramidi e al contrario del sentimento religioso (principale fattore di appeal della Fratellanza) distribuito trasversalmente tra i ceti e le classi sociali.
Uno dei principali fattori di cambiamento rispetto alla condotta di Mursi, più volte fattosi ritrarre vicino alla bandiera dei ratti terroristi, é stato quello nei confronti della questione Siriana, riguardo la quale la giunta dei generali ha ristabilito di recente i contatti diplomatici, troncati dal Presidente dell'Ikhwan, l'invio di una delegazione di ufficiali per osservare i progressi della campagna antiterrorismo di Damasco e una severa presa di posizione contro ogni prospettiva di intervento militare americano a favore dei mercenari takfiri.
Certo Al-Sisi non può davvero fingere "verginità" riguardo a legami con gli Usa, visto che fin dai tempi di Camp David l'Esercito egiziano é stato uno dei perni dello status quo filoisraeliano sul fronte del Sinai e nel Mondo Arabo 'at large' ma se le sue intenzioni nazionaliste si riveleranno più profonde di un semplice espediente per alzare temporaneamente la popolarità delle sue iniziative anti-Ikhwan, il bilancio delle forze in Medio Oriente potrebbe riallinearsi in maniere molto interessanti.
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