Puntualmente, appena scaduto l'ultimatum di 48 ore, le forze armate egiziane sono rientrate pesantemente e possiamo anche dire prepotentemente in scena dopo le dimissioni dello SCAF avvenute poco dopo l'elezione presidenziale di Mohammed Mursi e il successivo posizionamento a riposo (con grandi e altisonanti e ben remunerate 'sinecure') degli alti ufficiali che avevano animato e diretto il Supremo Consiglio cui era toccato di salvaguardare la gradualità e legalità della transizione tra l'autocrazia di Mubarak e le prime consultazioni democratiche nella millenaria storia del Paese.
I morti negli scontri di piazza che hanno portato al 'redde rationem' tra i generali e le istituzioni elette (dove l'Ikhwan musulmana aveva la maggioranza schiacciante) hanno causato oltre 50 morti e 1500 feriti, ma non sono arrivate ai picchi di violenza toccati due anni e mezzo fa al momento della dissoluzione del regime dell'NPD e del suo anziano leader.
La situazione é tuttora confusa, si parla di un appello del Presidente alla popolazione fedele alle istituzioni elette a "resistere pacificamente" ai tentativi di intervento militare nella vita pubblica, ma si dice anche che Mursi sarebbe stato ormai costretto agli arresti domiciliari e che forze dell'Esercito sarebbero impegnate a erigere barriere artificiali con blocchi di cemento e transenne attorno al palazzo presidenziale.
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