L'AIPAC, ricchissima e potentissima organizzazione che coistituisce il cuore della "lobby a sei punte" che manovra e dirige la politica statunitense a esclusivo vantaggio dello Stato ebraico, nel corso della sua disperata battaglia legale contro il suo ex-dirigente Stephen Rosen (che ha citato i suoi ex-datori di lavoro per oltre venti milioni di dollari) ha lanciato una contro-denuncia per sottrazione e possesso illecito di propri materiali interni, che Rosen evidentemente si era procurato costruendosi un "dossier incriminante" da usare come extrema ratio se i suoi rapporti con la lobby ebraica a stelle e strisce si fossero incrinati...come é puntualmente accaduto.
L'AIPAC é ansiosa di liquidare la denuncia di Rosen come la bizza vendicativa di un ex-dipendente licenziato, ma deve riuscirvi evitando che i materiali sensibili da quest'ultimo accumulati nel corso di oltre venti anni di militanza ricevano esposizione mediatica o giuridica e, se ciò dovesse accadere, che vengano ritenuti falsi o di credibilità dubbia; il perché é evidente...la loro diffusione potrebbe far "saltare" per sempre la copertura dell'AIPAC, rivelandola per quel che molti la sospettano di essere: un'estensione dei servizi segreti israeliani negli Stati Uniti, attivamente impegnata in operazioni di spionaggio nei confronti del cosiddetto "alleato".
Negli Stati Uniti nessun candidato presidenziale può sperare di vincere se non si inchina al Moloch della Lobby sionista... |
Rosen infatti "it's in for the money", se i suoi ex-colleghi fossero stati meno tirchi e avessero continuato a farlo foraggiare dai loro ricchi sponsor, probabilmente non avrebbe mai nemmeno sporto denuncia. Quindi la situazione é tesissima: Rosen tentenna ed esita, come l'uomo che tiene la sua vittima sotto il tiro di un revolver con un solo colpo, l'AIPAC tenta di distruggerne la credibilità con tattiche di logoramento e una campagna di fango e insinuazioni degna dei peggiori Feltri e Belpietro.
Rosen, d'altra parte, potrebbe anche denunciare l'AIPAC all'IRS, la potente agenzia delle entrate amaricana, guadagnandosi una "taglia" di cinque milioni di biglietti verdi e facendo crollare l'impostura che la qualifica come "opera caritatevole" garantendole la quasi totale esenzione fiscale. E' chiaro che finora la speranza di ottenere un premio più grande tramite la causa in corso o un accordo sottobanco con la lobby sionista lo ha trattenuto dal fare gesti estremi, ma la sua pazienza (e la sua ingordigia) sembrano essere giunte molto prossime al limite
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