mercoledì 17 agosto 2011

Saleh promette (o minaccia?) un suo ritorno a Sanaa; accusa il proprietario di Sabafon dell'attentato che lo ha ferito!


Ali Abdullah Saleh, ex-uomo forte di Sanaa attualmente 'ospite convalescente' del Palazzo delle Conferenze di Riyadh dopo che lunghi e complicati interventi chirurgici hanno quasi del tutto cancellato i segni dell'attentato esplosivo che lo ha colpito nel suo stesso palazzo all'inizio di giugno é apparso in televisione (la testa rigorosamente coperta a nascondere una cicatrice sfigurante che nemmeno chirurghi europei e americani, ampiamente foraggiati dalla tesoreria di Saoud, sono riusciti a cancellare) e ha 'promesso' agli yemeniti che "presto" tornerà in patria.

La notizia, riportata dall'Agenzia France Presse, sembra in contraddizione col 'dorato esilio' a cui Saleh si é ormai acclimatato, vista la nota "ospitalità saudita" verso i tiranni arabi o musulmani in disgrazia (Idi Amin, Ben Ali...); nella sua intemerata televisiva Saleh si é scagliato contro l'opposizione domestica definendola "monopolizzata da figure di ristretti pensieri e interessi". Tuttavia la disconnessione tra le parole del presidente in esilio e la realtà della situazione politica yemenita é evidente visto che le opposizioni hanno già formato un Consiglio per la Transizione e invitano il vicepresidente in carica, Mansour Hadi, a trasferire ad esso il potere esecutivo, facendosi definitivamente da parte e perciò sbarrando la strada a una rentrée del suo superiore.

Inoltre Saleh ha accusato il capo tribale Hamid al-Ahmar di essere dietro l'attentato che lo ha colpito, sulla base del fatto che le schede SIM usate per far "detonare la bomba" (quindi non si sarebbe trattato di un attacco con razzi o mortai) sarebbero state registrate presso la compagnia Sabafon, di proprietà del maggiorente yemenita. Ma se le schede fossero state 'Wind' avrebbe accusato Naguib Sawiris?
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