venerdì 22 luglio 2011

Dirigente di Hezbollah ammonisce Tel Aviv: "Oggi la Resistenza é ancora meglio equipaggiata e preparata per infliggervi nuove, cocenti sconfitte!!"


Il 24 luglio 2006 cominciava la Battaglia di Bint Jbeil, uno degli snodi-chiave dell'invasione sionista nel Sud del Libano, che mise alla prova lo strapotere bellico e tecnologico (foraggiato coi soldi degli 'aiuti al terzo mondo' americani e con le 'compensazioni per l'olocausto' tedesche) e la totale mancanza di scrupoli etici e morali delle truppe del regime ebraico, contro la determinazione, il coraggio, lo spirito di sacrificio dei combattenti di Hezbollah e delle altre formazioni armate libanesi e palestinesi che presero le armi per difendere il Paese dei Cedri (visto che le forze armate nazionali, vincolate dal debole governo Hariri, asservito a Washington e Tel Aviv non seppero e non vollero tener fede al loro mandato di difesa della sovranità nazionale).

La lotta fu lunga ed estenuante e durò fino all'11 agosto. Dopo la prima settimana di scontri, giudicando di aver rallentato a sufficienza l'avanzata sionista e di avere inflitto danni notevoli agli attaccanti il comando di Hezbollah ordinò ai suoi uomini di ritirarsi, ma loro rifiutarono, invocando una migliore conoscenza della situazione sul terreno e valutando di poter ancora tenere inchiodate nel villaggio considerevoli forze israeliane. Fedele al dettame della decentralizzazione delle decisioni tattiche, gli alti gradi della Resistenza acconsentirono e, allo scoccare del 'cessate il fuoco', il villaggio era ancora contestato, con centinaia di soldati sionisti impegnati nel tentativo di 'bonificare' un'area che rimaneva letale come lo era alla data del 24 luglio.

Oggi, nello stesso villaggio che fu teatro di una resistenza tanto eroica, capace di rinverdire tra le colline del Libano l'epica di Stalingrado, di Cassino, di Bastogne, il capo del Consiglio Esecutivo di Hezbollah, Hashem Safyieddin ha indicato con chiarezza le minacce militari, spionistiche e politiche che vengono manovrate e posizionate contro i partiti della Resistenza e ha rassicurato l'uditorio sulla capacità e sulla determinazione di Hezbollah e dei suoi alleati di affrontarle e sconfiggerle in maniera anche più plateale e definitiva di quanto non sia accaduto nel 2000 e nel 2006.

Safyieddin, riferendo ai continui e pervicaci tentativi americani e francesi di deragliare il processo di formazione del Governo Mikati, salito comunque al potere nonostante tutti gli sforzi di sabotaggio, ha spiegato che "Già dalle sue prime mosse il nuovo Esecutivo promette di soddisfare i propri impegni e le proprie promesse; questo é un grave colpo agli interessi di coloro che fin dal primo momento si sono schierati contro Mikati e i suoi alleati e che hanno cercato persino di istigare i sentimenti più settari e distruttivi di certe parti dell'opinione pubblica, mostrando di preferire un ritorno alla guerra civile piuttosto che un Libano unito, autonomo e indipendente".

Oggi le armi e gli equipaggiamenti catturati dai combattenti di Hezbollah agli invasori sionisti sono conservate nel museo di Mleeta, al centro del quale lo scafo di un carro armato Merkava IV é stato collocato come la carcassa di un colossale pachiderma ferito, il cannone da 120 millimetri piegato e annodato dagli sforzi e dai sacrifici dei martiri libanesi, i cui nomi sono eternati sulle lapidi che circondano il behemoth d'acciaio, come a volerlo tenere in scacco per tutta l'eternità grazie al potere della memoria e dell'omaggio pagato dai visitatori ai combattenti caduti nella guerra del 2006.


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