Come era immaginabile la Suprema Commissione Elettorale egiziana ha respinto le richieste di appello alla sua precedente decisione di togliere dalla competizione elettorale presidenziale dieci candidati, tra i quali, oltre all'ex 'Zar' dei servizi segreti di Mubarak, Omar Suleiman, figuravano però anche i candidati dei die più importanti partiti presenti in parlamento, l'FJP della Fratellanza Musulmana e l'Al-Nour degli islamisti più ortodossi.
Sembra così finita ancora prima di cominciare la corsa alla presidenza di Khairat al-Shater ed Hazem Abu Ismail rispettivamente esclusi il primo per tecnicismi riguardo alla grazia ricevuta per la detenzione inflittagli dal regime di Mubarak (detenzione non per un reato comune, ma per un reato politico -finanziamento della Fratellanza Musulmana- che a logica dovrebbe andare in prescrizione una volta caduta la dittatura) e il secondo per non essere riuscito a provare che sua madre non avesse la doppia cittadinanza (statunitense oltre che egiziana).
Motivazioni labili, meri pretesti trovati dai membri della Commissione (nominata dai Generali dello SCAF, Tantawi e soci) per "pilotare" la competizione elettorale, la Fratellanza Musulmana d'Egitto ha già annunciato che in luogo di Al-Shater il suo nuovo candidato presidente dovrebbe essere Mohammed Mursi, esponente del Partito di Libertà e Giustizia.
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