lunedì 6 dicembre 2010

Ahava denunciata in Sudafrica per etichette ingannevoli: "Quei cosmetici sono frutto dell'occupazione!"


Prende sempre più forza, in tutti gli angoli del mondo, la campagna BDS che intende forzare Israele a riconsiderare le sue politiche etnocentriche, razziste, bellicose e colonialiste mediante danni economici sempre più ingenti inflitti alla sua economia attraverso il boicottaggio, il disinvestimento e, infine, le sanzioni internazionali.

Se ieri riportavamo la notizia di una duplice adesione alla campagna internazionale da parte di una cooperativa e di un sindacato irlandesi non deve stupire che oggi segnaliamo un nuovo importante sviluppo che ha avuto invece luogo in Sudafrica; entrambe queste nazioni, infatti, hanno sofferto fino a tempi recentissimi per l'occupazione, le rappresaglie, il razzismo ed è quindi naturale che le loro Società civili, le loro opinioni pubbliche, siano particolarmente sensibili ai temi della Resistenza e della lotta per i diritti civili.

Obiettivo degli attivisti é stata la compagnia israeliana Ahava che, dietro il suo nome suadente ed esotizzante, adeguatamente corredato da languide e sensuali modelle che prestano visi e corpi ai suoi spot e alle sue reclame, nasconde segreti tutt'altro che "affascinanti". I suoi cosmetici vengono infatti prodotti nell'insediamento illegale Cisgiordano di Mitzpe Shalem, e sono realizzati con risorse naturali (i famosi "fanghi del Mar Morto") espropriati al Popolo palestinese tramite le politiche della colonizzazione, dell'occupazione e dell'annessione di territorio.

Gli insediamenti ebraici, tutti gli insediamenti in Cisgiordania/West Bank, sono illegali ai sensi del Diritto internazionale e sono fonte di continua pressione, angheria e persecuzione ai danni dei Palestinesi, come testimoniato su queste pagine più e più volte. Acquistando i prodotti Ahava si finanzia l'occupazione, l'apartheid, il militarismo e l'aggressione israeliana.

Ahava cerca di nascondere questi fatti etichettando i suoi prodotti come "Made in Israele" ed evitando ogni riferimento a Mitzpe Shalem sui propri materiali pubblicitari. Adesso, grazie all'iniziativa della sezione sudafricana dell'organizzazione "Open Shuhada Street", i distributori locali dei prodotti Ahava (la Wellness Warehouse e SDV Pharmaceuticals) saranno messi sotto inchiesta per "vendita di prodotti con indicazioni mendaci", un'infrazione piuttosto severa secondo il codice sufafricano di protezione del consumatore.

Daniel Kamen, portavoce di "Open Shuhada Street" ha dichiarato: "Non c'é nulla da discutere, le Nazioni Unite, gli Stati Uniti d'America, persino la stessa Corte Suprema d'Israele classificano la Cisgiordania come 'territorio palestinese occupato' e non come parte di Israele; l'etichettatura dei prodotti Ahava che recita 'Made in Israel' é quindi mendace e contraria alla Sezione 7 del Merchandise Marks Act. Siamo pronti a effettuare ulteriori pressioni perché la Wellness Warehouse e la SDV interrompano del tutto lo stoccaggio e la distribuzione dei prodotti Ahava fino a che le loro etichette non recitino: 'Prodotto in un insediamento israeliano illegale su terra palestinese occupata', e siamo pronti ad andare fino in fondo".

Sean Gomes, chief executive della Wellness Warehouse ha dichiarato che la sua compagnia si sta attivando per risolvere la questione, in modo che i prodotti siano rispondenti a qualunque requisito richesto dalla competente autorità governativa. La SDV Pharmaceuticals, invece, non ha rilasciato alcuna dichiarazione in merito alla questione.

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