mercoledì 8 dicembre 2010
Moubayed: "Le dichiarazioni di Abu Mazen? Ennesimo bluff di un vecchio baro!"
In Italia, dove personaggi come Alessandro Sallusti hanno la qualifica di giornalista, é difficile immaginare un panorama mediatico vivace e animato come quello mediorientale, dove il comune bacino linguistico arabo e i forti sentimenti di solidarietà e fratellanza che spesso travalicano frontiere e nazioni fanno sì che un fatto o una dichiarazione che siano avvenuti, mettiamo, in Egitto, hanno buona probabilità di essere commentati e analizzati tanto a Marrakech quanto a Bagdad, tanto a Beirut quanto a Dubai, attraverso dozzine di centinaia di chilometri e quasi altrettanti confini di stato.
E' quanto é successo, attraverso tutto il Nordafrica e il Vicino Oriente, con la recente dichiarazione dell'ex presidente dell'Anp (tuttora facente funzione) Mahmud Abbas, che aveva annunciato, qualora le "trattative di pace" con Israele non avessero fatto segnare progressi, la propria intenzione di sciogliere l'organo di autogoverno creato come "prodromo" alla dichiarazione del fantomatico "Stato palestinese".
In un suo articolo che abbiamo reperito sul sito Intifada Palestine lo storico e politologo siriano Sami Moubayed, autore fra gli altri suoi saggi della seminale biografia di Shukri al Quwatli e caporedattore della rivista "Forward" commenta la dichiarazione di Abbas liquidandola come una "boutade" e l'ennesimo bluff di un politico ormai in crisi di immagine e di idee.
"Ci sono molti fattori che spiegano le azioni e le dichiarazioni di Abbas. Uno é la permeante e profonda corruzione nei ranghi dell'Anp e della fazione Fatah che l'ha trasformata praticamente in una sua estensione; un altro é la montante crisi fra Abbas e Dahlan, punteggiata da segnali che quest'ultimo non ha intenzione di aspettare che la parabola politica di colui che si faceva chiamare Abu Mazen si esaurisca natauralmente per succedegli e sembra più che disposto a 'dare un mano' per estinguerla anzitempo; il terzo fattore, poi, é la mancata riconciliazione con Hamas, che indebolisce i Palestinesi e la loro Resistenza, ma rende anche estremamente impopolare Fatah e i suoi capi.
Abbas é perseguitato dall'inflessibilità israeliana sulla decisione di proseguire la costruzione e l'ampliamento degli insediamenti di Ebrei fondamentalisti sul territorio Cisgiordano, che scredita l'Anp e rende palese la sua sussidiarietà e la sua sottomissione a Netanyahu e alla sua cricca, ma bisogna sempre ricordare che l'Anp venne creata in base all'Accordo Gaza-Gerico (appendice degli Accordi di Oslo) come 'ponte' verso la dichiarazione di uno Stato palestinese, con un timeframe di cinque anni.
L'Anp, sopravvissuta oltre il triplo del tempo che le dava, in prospettiva, la cornice di accordo, in assenza di un clima costruttivo di dialogo con Israele, guidato oggi da una congrega di nazionalisti fascistoidi che ha in spregio l'idea stessa di un dialogo da pari a pari con qualunque rappresentante del popolo Palestinese, disposto tutt al più a lasciare a un ascaro del caso tipo Dahlan il compito di 'tenere in riga' gli arabi, sarebbe stata già sciolta, se alla sua testa vi fossero politici responsabili e degni del loro ruolo. Essendo stata letteralmente "dirottata" dalla dirigenza di Fatah in conseguenza del suo fallito tentativo di Colpo di Stato del 2007 essa continua formalmente a esistere, con un Presidente dal mandato scaduto da due anni (Abbas) che non ha nemmeno il coraggio di indire elezioni per rinnovare la propria carica; visto che é atterrito dall'idea di una bassissma affluenza alle urne nel caso che si presentasse come solo candidato o contro dei concorrenti-fantoccio e di venire sonorissimamente battuto se permettesse a degli indipendenti (magari legati a vario titolo ad Hamas) di schierarsi in lizza contro di lui.
Un Presidente che non riesce nemmeno a rinnovare la sua presidenza non avrà quindi il polso e la fermezza necessaria per distruggerla.
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