domenica 30 gennaio 2011

Da Washington a Tel Aviv cancellerie, ambasciate e servizi segreti sono all'erta: "Siamo al 1989 arabo?"


Uno spettro si aggira per il Medio Oriente, lo spettro di un nuovo "1989", che questa volta scuota i paesi arabi invece di quelli slavi e balcanici, che faccia rotolare giù dai troni (oltre a Ben Ali), i Mubarak, gli Ali Saleh, i Re Abdullah come già rotolarono gli Zhivkov, i Ceausescu, gli Honecker, come in un cataclisma tellurico le onde della protesta e della rivolta spandono lungo una "cintura di fuoco" che va da Algeri fino a Sanaa passando per Alessandria, il Cairo e Amman.

Non direttamente coinvolto dalle scosse ma potenzialmente espostissimo alle loro conseguenze, lo Stato ebraico, rinserrato dietro le sue muraglie e le sue barriere di Apartheid osserva interdetto e spaurito, temendo il momento in cui i satrapi e i reucci di stretta osservanca imperialista e filo-occidentale potrebbero venire sostituiti da sistemi democratici, epressione di popoli che certono non vedono di buon occhio le politiche aggressive, razziste, persecutorie che costituiscono il pane quotidiano dei politici e dei militari israeliani.

Se per esempio Mubarak, finora vittima della rivolta più imponente e prolungata, dovesse cadere, sostituito da governante appena appena meno legato a Israele e Usa, é certo che a Tel Aviv andrebbero totalmente nel panico; dopo la complete rottura dei rapporti con la Turchia, la perdita anche della "vacca che ride" lascerebbe lo Stato sionista con una grossa, grossissima incognita per quanto riguarda Sinai e Gaza, ultima preoccupazione di uno scenario regionale che lo vede sempre più isolato.

Aluff Benn, il pelato ed inespressivo "giornalista" dalla faccia da Mohai di cui avevamo segnalato i bellicosi deliri in occasione dell'incendio sul monte Carmelo, é particolarmente preoccupato dalla prospettiva, cui ha dedicato un suo 'editoriale' (parole grosse) su Haaretz il giornale dei 'pacifisti' e 'progressisti' filo-sionisti (quindi niente affatto progressisti e niente affatto pacifisti).





Il timor panico israeliano nei confronti delle proteste per la democrazia nei regimi arabi filo-occidentali é veramente divertente e fa tornare in mente il "tifo" sfegatato messo su da Tel Aviv in quattro e quattr'otto a favore degli immaginari "rivoluzionari verdi", che, secondo le gazzette della Fox e della Cnn, erano sul punto di rovesciare il 'malvagio regime' di Teheran (ovviamente 'malvagio' perché anti-imperialista e anti-sionista). Intervistato da un reporter particolarmente sarcastico sul perché la famigerata loggia filosionista "The Israel Project" non stesse organizzando le stesse cagnare e gazzarre che aveva messo su in occasione della regolare e democratica rielezione di Ahmadinejad il suo componente Alan Elsner (il cui ceffo trovate effigiato in foto qui a fianco) non ha saputo rispondere altro che un poco convinto e poco convincente: "La situazione attuale é un problema interno egiziano".

Preoccupatissima deve essere anche la cosiddetta "Autorità nazionale palestinese", cioé il governo-fantoccio della Cisgiordania che Fatah ha impiantato nella cittadina di Ramallah; già colpita mortalmente nella propria credibilità politica e diplomatica dalle rivelazioni di Al-Jazeera riguardo i suoi accordi sottobanco con Israele la fazione di Abbas e complici potrebbe doversi trovare ad affrontare una massiccia insurrezione dei suoi 'sudditi' della West Bank, i quali già nel 2006 avevano votato in maggioranza assoluta per Hamas e che negli oltre cinquanta mesi intervenuti da allora hanno avuto modo di assaggiare le "plaisanteries" del regime degli ascari filosionisti in cui Fatah si é lentamente trasformata.

Israele, grazie al suo Apartheid, alle parziali e disoneste 'mediazioni' americane e ai soldi (e al silenzio complice e colpevole) dell'Unione Europea pensava di essere sul punto di "mettere al sicuro" anche il suo confine Cisgiordano grazie al collaborazionismo di Abu Mazen e dei suoi ascari, ma, ora, con Libano ed Egitto in fermento per motivi diversissimi, ma apparentemente avviati su strade contrarie ai desiderata sionisti, persino la Cisgiordania potrebbe 'andare con la corrente' e trasformarsi di nuovo in un terreno 'caldo'.

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