giovedì 3 febbraio 2011

Muntaha al Tawil, arrestata e tenuta un anno in carcere preventivo é stata liberata!


Immaginate di perdere un anno della vostra vita, di venire strappati agli affetti, alla famiglia, al lavoro, all'impegno e alle passioni che rendono la vostra vita feconda e degna di essere vissuta, immaginate che tutto ciò succeda senza motivo, senza una "spiegazione" apparente, soltanto in ragione dell'odio che qualcuno prova pregiudizievolmente contro di voi.

E' quello che é successo a Muntaha al-Tawil, la moglie del sindaco della cittadina di al-Bireh, nella zona centrale della Cisgiordania, una quindicina di chilometri a nord di Gerusalemme. Quasi dodici mesi fa, con uno spiegamento di uomini pesantemente armati e di veicoli blindati totalmente sproporzionato al fine, le forze di 'sicurezza' dello Stato ebraico, maestre indiscusse di soprusi e intimidazioni, facevano irruzione in casa al-Tawil, rapendone con la forza la quarantunenne Muntaha al-Tawil, moglie dello Sceicco Jamal al-Tawil.
Tradotta nella galera di Talmund per Muntaha iniziò subito un calvario di abusi, violenze fisiche e psicologiche, che si protrassero dal giorno dell'arresto (lunedì) fino alla domenica successiva (14 febbraio), quando venne portata di fronte alla "corte canguro", l'impostura di tribunale che i sionisti usano per perseguitare e opprimere i Palestinesi. Come giustamente ha detto Ameer Makhoul di fronte a un tribunale dello Stato ebraico tutti i Palestinesi sono colpevoli per definizione, il loro reato é, appunto, quello di essere palestinesi.

Citando fumose e non circostanziate "attività terroristiche" il presunto giudice sionista mise Muntaha in "carcere preventivo" per sei mesi, periodo che per tre volte é stato esteso ogni volta di un trimestre. La strenua e agguerrita battaglia legale impostata dall'avvocato gerosolimitano Jawad Bulos (sopra) e dal consulente legale Taghrid Jahshan del Centro per la Difesa dei Diritti dei Prigionieri ebbero bisogno di quasi un anno prima di riuscire a ottenere la scarcerazione della donna, che nel frattempo era stata spostata nella galera sionista di Hasharon (la stessa dove viene tenuto prigioniero Yousef Al-Zeq, bambino palestinese partorito in prigione dalla madre di cui lo Stato ebraico rifiuta la scarcerazione per l'affidamento alla famiglia).
Nel 'democratico' Israele capita anche di nascere direttamente in prigionia...
Per tutto questo periodo ai legali della signora Al-Tawil non é stato concesso di sapere perché essa era stata arrestata, né di analizzare le prove a sostegno delle imputazioni. Secondo la nota dottrina sionista della 'segretezza delle prove', un insulto ai più elementari principi universali del Diritto, solo agli accusatori e al giudice era stato consentito di guardare il dossier segreto dello Shin Bet in base a cui si giustificava l'arbitrario e persecutorio arresto con conseguente detenzione.

Alla sua uscita dal carcere sionista Muntaha al-Tawil ha dichiarato che per il popolo di Palestina é sempre più urgente ricomporre un'unità nazionale per opporsi con tutte le forze agli abusi e alle prevaricazioni degli occupanti sionisti, ha inoltre rilasciato conferme sul regime di abusi e torture che vige regolarmente nelle carceri israeliane, che per le donne comprende anche perquisizioni corporee umilianti e ripetute, mirate a ledere la loro autostima.

Muntaha al-Tawil, madre di quattro figli, é attiva nelle organizzazioni sindacali palestinesi, difendendo i diritti di quei suoi compatrioti che sono sfruttati come manodopera sottopagata e priva di diritti in Israele, inoltre é una studentessa modello di Scienze sociali all'Università Aperta di Gerusalemme, nonché un membro attivo di diversi gruppi per il rispetto dei Diritti umani, che si sono prodigati in iniziative e pressioni per ottenere il prima possibile il suo rilascio dalla prigionia.

Il fatto che il marito di Muntaha, lo Sceicco al-Tawil, abbia passato oltre 13 anni nelle galere di Israele, dà una misura del successo di questi sforzi, che hanno liberato la signora "appena" dopo 12 mesi.

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