sabato 15 gennaio 2011

Khalid Amayreh su Israele e la sua natura destabilizzatrice e criminale

Khalid Amayreh
I membri del Governo ultranazionalista e razzista al potere in Israele, compreso il Primo Ministro Benyamin Netanyahu, si sono recentemente lamentati per la crescente campagna di critica e denuncia nei confronti dei crimini e degli abusi dello Stato ebraico, che loro con aperta ipocrisia chiamano "delegittimizzazione" (come se l'entità sionista sia mai stata in qualche modo legittima) e hanno evidenziato il bisogno che Israele e i suoi sodali e complici internazionali si mobilitino per "delegittimare i delegittimizzatori".

Ma una pur cursoria revisione delle attività in cui sono state coinvolte le forze di aggressione e repressione israeliane negli ultimi tempi evidenzierà oltre ogni legittimo dubbio la natura nefanda, illegale e assassina di un'entità i cui rappresentanti commettono crimini e atti di terrore consapevolmente e deliberatamente, con la piena certezza che non verranno mai chiamati a risponderne come succederebbe per i rappresentanti di qualunque altro Paese del mondo: sono queste loro azioni, non altro, a privare il cosiddetto Stato di Israele di qualunque pretesa e/o aspirazione a una qualsivoglia legittimità internazionale.

L'omicidio, volontario o casuale, costituisce la normale e quotidiana azione politica di Israele contro il popolo Palestinese e contro quanti coloro lo sostengono o solidarizzano con esso, siano essi individui, associazioni, gruppi o governi e nazioni. Alcune delle vittime degli omicidi sionisti sono figure apolitiche, innocenti la cui morte non ha alcuna giustificazione tranne il "bisogno" dei sionisti di infliggere dolore e sofferenza a coloro che percepisce come 'nemici'.

Lo scorso 9 gennaio soldati sionisti dal grilletto pruriginoso, al sicuro su di una piattaforma di tiro sopraelevata al confine con la Striscia di Gaza assediata hanno sparato, uccidendolo, al sessantacinquenne Shaban al-Garmout, un povero contadino palestinese, mentre stava prendendosi cura dei suoi campi che si trovano pericolosamente vicini alla "Zona della Morte", la terra di nessuno arbitrariamente stabilita da Israele all'interno stesso della Striscia. Con la totale mancanza di interesse che li contraddistingue quando si parla di morti non-Ebrei i portavoce delle forze militari israeliane hanno negato di essere a conoscenza dell'incidente; da costoro, uomini e donne senza distizione, si aspetterebbe quantomeno una parola di cordoglio o di empatia nei confronti di un uomo ucciso mentre lavorava la terra senza costituire una minaccia per nessuno...invano...forse tale albagia ha l'origine nell'indottrinamento razzista che é parte integrante dell'addestramento dei soldati israeliani, ricordiamo infatti che più di un esponente del rabbinato militare ha definito i non-Ebrei come "bestie" e "subumani" invitando i soldati a usarli come scudi.

I parenti della vittima e i testimoni oculari dell'assassinio sono ancora più netti: "Incidente? Un incidente é qualcosa che succede una, due, forse tre volte", dichiara Ahmet al-Garmout, congiunto della vittima "Ma qui stiamo parlando di un vero e proprio tiro al bersaglio quotidiano, gli 'errori' ripetuti quotidianamente hanno un diverso nome: sono una politica di assassinio". Basta guardare alla lista di Palestinesi assassinati sui confini della Striscia di Gaza mentre si recavano al lavoro, coltivavano le loro terre o raccoglievano materiali di risulta da impiegare nell'edilizia per capire che c'é più di un oncia di verità in queste parole.
Abu Mazen si é umiliato di fronte a Israele fino a rendersi odioso al suo stesso popolo...ha fatto forse cessare le violenze e gli omicidi israeliani? NO!
In seguito al recente assassinio di un altro sessantenne nella Cisgiordania formalmente 'controllata' da Fatah, la morte di Al-Garmout fa ancora più scalpore perché dimostra chiaramente come il disprezzo degli israeliani per le vite dei Palestinesi sia totale, sia che essi vivano nella Striscia di Gaza (che sotto la guida del Movimento di Resistenza Hamas rifiuta l'Occupazione sionista e viene perciò attaccata e assediata da Tsahal), ma anche quando sedicenti 'rappresentanti' del popolo di Palestina (come i sodali di Abu Mazen) fanno atto di sottomissione e si trasformano nei fedeli ascari degli interessi sionisti: il disprezzo e gli assassinii non cessano.

Qualche giorno prima di Al-Garmout e di Al-Qawasmi é toccato a Jawaher Abu Rahma venire martirizzata dalle truppe di occupazione sioniste, soffocata dai gas urticanti lanciati in concentrazione letale contro un rally di protesta che non faceva altro che contestate pacificamente l'estensione dell'infame barriera dell'Apartheid sulle terre palestinesi. Se la lista sempre crescente dei crimini dello Stato ebraico non lo qualifica come un'entità malvagia, canagliesca, assassina, che cosa sarebbe necessario per giungere a tale conclusione?

Dobbiamo forse aspettare l'erezione di una nuova Auschwitz per ammettere finalmente la natura criminale di Israele? Quante piogge di fosforo bianco, quanti pogrom militari condotti contro infrastrutture e abitazioni civili saranno ancora necessarie? L'impostura del cosiddetto "esercito più morale del mondo" ha ancora sostenitori? Cos'hanno da dire davanti al sudario insanguinato del 65enne Al-Qawasmi? Che cosa hanno da dire davanti al pianto della madre di Jawaher e Bassem Abu Rahma?

L'innegabile e oggettiva natura criminale di Israele non é ristretta o limitata all'arena palestinese...il Mossad si occupa normalmente di inviare "squadroni della morte" all'estero ad assassinare a sangue freddo cittadini di altri Stati, con operazioni di killeraggio o di vera e propria strage...i casi di Gerald Bull, Rafik Hariri, Mahmoud Al-Mabhouh e molti altri ancora sono emblematici e tipici della concezione sionista delle operazioni di "intelligence".

Con simili credenziali criminali, senza una decisa e aperta azione di stigmatizzazione, condanna, isolamento e sanzioni da parte della Comunità internazionale Israele continuerà a essere un fattore destabilizzante non solo nei confronti della Palestina o del Medio Oriente, ma anche dell'Asia, del Nordafrica e del mondo in generale. Il terrorismo di Stato israeliano continuerà a influenzare per il peggio le vite di milioni di persone in tutto il pianeta. Diventa quindi un imperativo morale e politico mobilitarsi con ogni mezzo legale, giustificato e appropriato per contenere e controbattere la letale carica di caos e distruzione che la presente linea di condotta israeliana reca con sé, in modo che, messo di fronte alle conseguenze del suo agire, Israele stesso cessi di portare al potere politici tanto pervicacemente e costantemente alieni dalle più comuni norme della legalità e del Diritto internazionale.

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