martedì 12 aprile 2011

Sessantatré anni fa i sionisti sterminavano Deir Yassin; in Israele é reato commemorare quelle e le altre vittime della Nakba



Esattamente sessantatre anni fa, più di cento civili palestinesi venivano sterminati a colpi di arma da fuoco, di granata, di baionetta da terroristi ebrei dell'Irgun (la fazione ebraica responsabile dell'attentato esplosivo all'Hotel King David di Gerusalemme), e della famigerata Banda Stern (responsabile dell'assassinio del mediatore ONU Conte Folke Bernadotte e di sua moglie), durante quello che é solamente il più conosciuto dei tanti "massacri dimenticati" della 'Nakba', la distruzione del villaggio di Deir Yassin e della sua popolazione.

Insieme a tutte le altre stragi della Nakba Deir Yassin sta ancora aspettando che qualcuno la utilizzi come materiale di base di seppur una minima frazione del vero e proprio diluvio mediatico (kolossal di Hollywood, memorie, romanzi, opere teatrali, musical, fumetti etc...etc...etc...) che ogni anno intasano letteralmente il panorama internazionale portando l'attenzione di sempre nuove generazioni di lettori/spettatori/fruitori a ricordare, rivivere, mandare a memoria le sofferenze di una (e una soltanto!) delle innumerevoli categorie di vittime del più grande conflitto del secolo scorso; a differenza delle altre Deir Yassin é nota a una piccola frazione di pubblico internazionale grazie al rapporto firmato dall'inviato in Palestina delle Nazioni Unite, Jacques de Reynier, che nelle sue memorie così ricorda quel che vide dopo la strage:

La banda degli assassini indossava uniformi rustiche ed elmetti di metallo. Tutti erano giovani, esaltati, fanatizzati, alcuni praticamente adolescenti, maschi e femmine, armati sino ai denti: revolver, mitragliette, bombe a mano, baionette, pugnali e persino accette e coltelli facevano parte del loro "corredo", la maggior parte delle lame erano ancora impiastrate di sangue. Una graziosa ragazzetta, con orgoglio criminale, mi mostrò le strie di sangue sulle sue mani; le metteva in mostra come trofei.

Questa era la squadra "spazzina", che, ovviamente, aveva preso il proprio incarico molto sul serio.

Cercai di entrare in una casa, una dozzina di miliaziani mi circondarono, le loro mitragliette puntate su di me, e il loro ufficiale mi proibiva di proseguire...allora venni preso da uno dei più colossali accessi di rabbia della mia vita, chiamandoli criminali e assassini e dicendo loro in termini inequivocabili quel che pensavo di loro e della loro "impresa", minacciandoli in ogni modo possibile, fino a che, prendendoli in contropiede, non mi riuscì di farmi largo nella casa.

Trovai corpi, cadaveri ormai freddi, la squadra "spazzina" li aveva liquidati a colpi di proiettile, poi finendoli con le granate. Quelli ancora vivi erano stati spacciati a colpi d'ascia e di pugnale, era fin troppo evidente. Mentre mi apprestavo ad andarmente senti un singhiozzo, mi voltai, rivoltai ogni corpo, fino a trovare un piccolo piede ancora tiepido, attaccato ad esso, sotto a un cadavere mutilato, c'era una bambina di otto-dieci anni, sfigurata da una bomba a mano, ma ancora viva.

Oggi, dopo sessantatré anni di negazionismo ebraico, dopo sessantatré anni di congiura del silenzio, rafforzata dall'infame legge razzista che pretende di impedire ai Palestinesi di Israele di commemorare la Nakba gli ultimi resti di Deir Yassin, inglobati nell'esplosione urbanistica di Gerusalemme che pretenderebbe di ricoprire con nuovi edifici la Storia e il segno della Palestina sono ancora visibili. Lo Stato sionista li ha inglobati nel giardino che circonda il manicomio di Kfar Shaul e, per colmo di ingiustizia, a un tiro di sasso dal luogo dove i fanatici sionisti massacrarono, sgozzarono, mitragliarono e fecero saltare in aria donne e bambini palestinesi sorge il pacchiano e ipocrita "museo dell'olocausto" dove, senza alcuna menzione delle vittime polacche, russe, slave, zingare, omosessuali e testimoni di Geova della follia nazista grassi senatori americani e registi e produttori di Hollywood vanno 'in pellegrinaggio' a inchinarsi all'altare del culto della Shoah, all'ombra del quale i nazisti del Ventunesimo Secolo portano avanti indisturbati il loro Olocausto.


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