Il Premier irakeno Nouri al-Maliki ha ottenuto 721.000 preferenze personali nelle recenti elezioni politiche del 30 aprile, portando il suo partito a conquistare 92 seggi. Subito dopo di lui si sono classificati, a cinquantotto lunghezze di distanza, i seguaci di Moqtada al-Sadr con 34 seggi, mentre il terzo partito sciita di Sayyed Hakim ha totalizzato 29 deputati.
Le formazioni curde del PUK e del KDP arrivano a 19 e 25 seggi a testa mentre solo le briciole rimangono per i sunniti di Osama Nujaifi con 23 parlamentari e del Blocco Arabiya di Mutlak, con 10 seggi. Visti i risultati a guidare nei prossimi anni il paese mesopotamico sarà una coalizione di partiti sciiti in cui Nouri al-Maliki, anche se non ricoprisse il premierato, avrà comunque un'importanza decisiva.
Si può certamente dire che i tentativi dell'Arabia Saudita di destabilizzare l'Irak con il terrorismo mercenario wahabita sono decisamente falliti, nel globale panorama di sconfitte rimediate da Riyadh nel corso di questi ultimi tre anni.
Forza vecchia roccia scita! Con te i Cristiani Iraqeni potranno tornare a casa e vivere in pace con i vicini Mussulmani.
RispondiEliminaNuove forniture di armi da Santa Madre Russia ed enormi accordi economici con I'Onorevole Dragone, ottimi rapporti con l'Iran e gli americulattonassassinpedofili fuori dalle scatole, ottimo lavoro Onorato fratello Nouri.
Ivan
Gli Americani hanno ottenuto l'esatto opposto di quello che Busch jr e i neocon Dick Cheney e Donald Rumsfeld avevano prospettato quando decisero di eliminare il loro ex amico Saddam e distruggere l'Iraq. L'iraq di oggi, nonostante la vigliacca continua strategia della tensione portata avanti dalla Cia e dai sauditi, è in piena ricostruzione, ha stretto rapporti vari molto stretti con l'Iran, la Cina, la Russia, ed è rimasto saldamente nell'Asse di Resistenza, coordinandosi attivamente con i governi di Damasco e Teheran per la repressione dei gruppi takfiri/wahabiti e il sostegno alla Siria. L'iraq sta vivendo un "boom" petrolifero, con la produzione tornata ai livelli degli anni 80, con più di tre milioni di barili/giorno, con un incremento record di oltre un milione di barili in soli sei mesi. Nel 2013 è diventato il secondo produttore dell'Opec, ed attualmente è il primo fornitore della Cina. Oggi la Cnpc [China National Petroleum Corporation] ha posizioni di forza nello sfruttamento di una ventina di giacimenti, tra cui i pozzi di Rumailia, molto "ambiti" perchè nel sottosuolo vi sono 15-20 miliardi di barili, che sfrutta per il 38%, congiuntamente alla British Petroleum sempre al 38%, e il resto al governo Irakeno. Con un investimento di 3 miliardi di dollari si è aggiudicata più di recente i diritti di sviluppo per 23 anni del giacimento di Al-Ahdab, almeno un miliardo di barili nel sottosuolo e il potenziale di arrivare rapidamente a un milione di barili al giorno. Grazie agli introiti derivanti da questi accordi, il governo di Baghdad conta di arrivare a produrre 4 milioni di barili al giorno già quest’anno e 4,7 nel 2015, finanziando così gli ingenti investimenti pubblici che ha annunciato: 174,8 trilioni di dinari [pari a 150 miliardi di dollari] nel solo 2014, rispetto ai 138,4 trilioni di dinari dell’anno scorso. Un aumento del 26% nel budget che fa seguito a quello del 18% dell’anno scorso, motivato con le necessità ingenti della ricostruzione. Che è in pieno svolgimento a partire da Baghdad dove sorgono a ritmo serrato grandi centri commerciali, grattacieli per uffici, sfavillanti hotel a cinque stelle. Con l'economia in rapida ripresa, il governo può ora permettersi di destinare sempre più grandi cifre per nuovi equipaggiamenti militari, sopratutto dalla Russia e dall'Iran, che ultimamente stanno anche consentendo a Baghdad di ripulire il territorio dalla presenza delle bande Islamiste di takfiri/wahabiti foraggiati dai sauditi. Rimane solo il problema del Kurdistan e di qualche multinazionale petrolifera occidentale da sloggiare. La campagna Americana contro l'Iraq si è rivelata disastrosa per le politiche occidentali.
RispondiElimina