Tutti i lettori assidui di Palaestina Felix sanno che giudizio riserviamo all'ANP e all'organizzazione che senza nessun diritto ne occupa e ne monopolizza ranghi e istituzioni, cioè Fatah. Dobbiamo pur dire che tra tanti corrotti e grigi e vili burocrati che si sono ingrassati coi fondi UE e americani distribuiti 'a pioggia' senza nessun sistema di responsabilizzazione, solo e soltanto per garantire il 'riconoscimento di israele' e il 'coordinamento della sicurezza' (cioé per trasformare l'ANP nella gendarmeria indigena dei buana sionisti) ogni tanto svetta un'individualità che non ha ancora del tutto abdicato alle idee di lotta e di Resistenza.
Certo, intendiamoci, il Ministro Ziad abu Ein, morto ieri nei dintorni di Turmus Ayya non stava certo andando ad affrontare gli invasori sionazisti con l'AK-74 a tracolla, né a sloggiare gli occupanti giudei illegali con una bomba, però anche il gesto simbolico di voler piantare un piccolo ulivo laddove i coloni degli insediamenti illegali ne hanno tagliato, bruciato e sradicato migliaia aveva un suo valore.
Adesso per gli effetti del gas lacrimogeno tossico usato dai sionisti e le percosse ricevute Ziad abu Ein é diventato un martire, esattamente come i coraggiosi cugini che hanno attaccato la sinagoga di talmudisti razzisti eretta sulle rovine di Deir Yassin, esattamente come i comandanti di Brigate Armate colpiti dai vigliacchi droni assassini di Tel Aviv, che la sua memoria viva in eterno e ispiri altri al sentiero della lotta, magari con armi più efficaci.
La sua morte avrà un senso solo se contribuirà alla terza ed ultima intifada, quella vittoriosa.
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