venerdì 20 maggio 2016

L'amico Ali Reza Jalali ci presenta un'interessante intervista a Giuseppe Aiello!

La presenza musulmana in Europa è uno dei temi più dibattuti tra gli intellettuali e gli studiosi della contemporaneità; d’altronde, per via di una conoscenza superficiale del tema, soprattutto quando si tratta di sviscerare le caratteristiche della religione islamica, gli studi che si possano definire dignitosi rischiano di essere molto pochi. 
In questo senso l’editoria ha un ruolo importante, per cercare di far comprendere argomenti complessi al pubblico. Abbiamo deciso quindi di porre delle domande a Giuseppe Aiello, titolare della casa editrice Irfan Edizioni, nonché vice-presidente del Centro Studi Internazionale 'Dimore della Sapienza'.

Gentile dott. Aiello, lei è un giovane editore che ha tentato lungo quest’ultimo decennio di far conoscere meglio al pubblico di lingua italiana alcune questioni legate alla cultura e alla religione islamica, con diversi libri editi da Irfan Edizioni. Secondo lei, alla luce della grande ignoranza esistente su questi temi, i suoi libri hanno avuto un effetto positivo?


Sicuramente non a livello di massa. Irfan Edizioni è una piccola casa editrice con un catalogo ridotto che peraltro negli ultimi tempi si è molto diversificato, anche perché riflette nel suo ambito la personalità eclettica e curiosa del sottoscritto. Molte persone mi hanno scritto dicendomi di aver tratto beneficio dai libri da me pubblicati, e ciò non può che farmi piacere e spingermi ad andare avanti, ma si tratta comunque di una cerchia ristretta di lettori. Il pregiudizio anti-islamico è vasto e ormai sempre più radicato. Per mutare l’indifferenza, se non la diffidenza o addirittura l’aperta ostilità nei confronti dei musulmani ci vorranno anni. Dal punto di vista dell’informazione e della “propaganda”, diciamo così, con i loro strumenti sia tecnologici che psicologici, i musulmani sono decenni indietro, e purtroppo, vivendo ormai nella civiltà della massa e nell’era globale interconnessa, questo gap evidente, nonché difficilmente colmabile nel breve termine, continuerà ad avere delle conseguenze molto pesanti, nonostante i grandi sforzi portati avanti ad esempio dall’Iran in campo televisivo. Ad ogni modo, è un dovere tenere la posizione, e se possibile andare avanti.


Quale potrebbe essere il messaggio di fondo per chi si occupa di cultura oggi in Europa e cerca di far conoscere l’Islam agli europei, soprattutto alle giovani generazioni?


In questi anni mi sono pian piano convinto che bisogna dare dell’Islam una immagine diversa dall’essere una semplice “religione”, con tutte le problematiche e i limiti legati a questa prospettiva che possiamo definire exoterica, moralistico-formale. Se qualcuno mi facesse una domanda secca “cos’è l’Islam?”, io risponderei:“è un metodo di conoscenza di sé, del mondo e del divino”. Tawhid, infatti, che è il principio fondante dell’Islam, significa letteralmente “unificazione”, e deriva dal verbo che indica una pluralità che si è riunita divenendo una cosa sola, una unificazione di diverse cose o persone. Wahhad significa infatti letteralmente “unire”, “unificare”, “consolidare”, e ciò andrebbe applicato innanzitutto a “se stessi” (cercare di unificare se stessi a livello di corpo, anima e spirito), alla “conoscenza” (vedesi la costante ricerca degli antichi saggi musulmani di definire una “classificazione delle scienze”, gerarchica, armonizzata e dunque unificata), ai “diversi popoli e alle diverse culture”, (poiché l’impero islamico, diciamo così, in linea teorica mira a unificare sotto la propria autorità e la propria Legge, quelle di Allah, le diverse genti, non a convertire necessariamente i singoli individui all’Islam), e infine alla “creazione”, ovviamente, che è armonizzata e
ordinata sotto un unico Principio.
Imposterei, insomma, il discorso in tutt’altra maniera rispetto a quello a cui siamo abituati.


Tra i libri pubblicati dalla sua casa editrice balzano all’occhio quelli riguardanti la figura dell’Imam Khomeini, grande leader politico, ma soprattutto studioso musulmano di primo ordine nel Novecento.
Nel discorso del dialogo costruttivo tra la civiltà musulmana e l’Europa, come si pone il pensiero di questa guida religiosa carismatica?


Dipende da cosa si intende per “civiltà musulmana” ed “Europa”. Mi sembrano concetti che non hanno una definizione univoca. Non saprei dare una risposta breve, posso dire che tornerei al discorso di prima, aggiungendo che l’Imam Khomeini, personalità eclettica e certamente fuori del comune, ha cercato di creare un sistema che potesse unificare, sotto un’unica autorità ancorata però ancora ai principi tradizionali (in alternativa all’autorità monarchica svuotata di qualsivoglia legittimazione tradizionale e in balia delle mode e dei poteri moderni e occidentali) le diverse etnie, religioni e scuole islamiche (in Iran vivono sia sciiti che sunniti, ma anche ebrei, cristiani e zoroastriani). Se dunque l’Islam è “processo di unificazione” sotto l’egida di Allah, diciamo così, dovrà per forza di cose anche, al giusto livello, avviare un processo non solo di dialogo basato sui Principi, ma anche, appunto, di unificazione (nel pensiero e nell’azione), con gli europei ancora legati ai principi Tradizionali.


Per concludere: oggi i musulmani che vivono in Europa sembrano in preda a seri problemi di
integrazione. Da un lato alcuni si chiudono nel radicalismo fondamentalista, rifiutando in blocco il modello di vita occidentale, con un atteggiamento di ostilità attiva e violenta nei confronti dell’Europa.
D’altro canto altri rinnegano le proprie radici religiose, ma invece di inserirsi armoniosamente nella società ospitante, prendono la via della emarginazione sociale e della micro-delinquenza. Può esistere secondo lei un modello equilibrato di integrazione islamica in Europa, che isoli e stronchi questi due estremi?



Non tutti coloro che rinnegano le proprie radici prendono la via dell’emarginazione e della delinquenza, ma anzi si “sciolgono” nella società moderna e nel suo stile di vita, a volte addirittura portandone all’eccesso certi elementi….


A ogni modo, i musulmani che vivono in Europa, siano essi autoctoni o immigrati, vivono certamente una situazione contrastata: da una parte l’Islam, innanzitutto a livello di vita e pratica quotidiana, oltre che di principi, appare inconciliabile con il mondo moderno e lo stile di vita della moderna civiltà occidentale; dall’altra, sia la società in cui vivono, ormai quasi del tutto priva del senso del sacro, sia le istituzioni con cui i musulmani in quanto cittadini devono, volenti o nolenti, confrontarsi lealmente e costruttivamente (pena cadere nell’ipocrisia) si fondono in maniera esplicita su principi laici e secolari, moderni, praticamente antitetici a quelli islamici e, direi, religiosi in generale.


Cosa fare dunque? Innanzitutto, data la situazione di diffidenza che si è creata e che, credo, non potrà che peggiorare, consiglierei vivamente ai musulmani di non emigrare in Europa, se non nei casi in cui ciò è strettamente necessario, tantomeno di venire a elemosinare una vita migliore con mezzi e modalità indegni oltre che illegali, in quanto ciò non potrà che alimentare la diffidenza se non propria aperta ostilità nei confronti dei musulmani in generale (sentimenti che in certi casi, devo dirlo, sono abbastanza comprensibili e perfino giustificabili), sentimenti e giudizi che verranno poi traslati, per ignoranza o per opportunismo, all’Islam in quanto tradizione.


Al musulmano che è invece nato in Occidente, consiglio di impegnarsi non solo a livello di crescita spirituale personale, che è ovvio, ma anche socialmente, a livello culturale, intellettuale e scientifico, ossia dandosi, nel suo piccolo, nell’ambito della propria attività e in base alla propria indole interiore, uno scopo preciso che possa incidere e lasciare un segno positivo nella società. Ciò non solo potrà permettere di crearsi un minimo di vita sociale con singoli individui non-musulmani con cui portare avanti e condividere progetti e idee e parte della propria vita quotidiana (non cedendo quindi all’emarginazione sociale), ma anche di lasciare un qualcosa di positivo e di benefico nella società stessa, che negli anni a venire sarà ricordato come opera, o invenzione, o creazione di un musulmano, che, ricordiamolo, deve essere testimone dell’Islam innanzitutto con il proprio comportamento, le proprie azioni, prima ancora che con le parole e i vuoti proclami.

Si ricorda che Giuseppe Aiello interverrà come relatore al convegno internazionale dedicato alla figura dell’Imam Khomeini il 4 giugno a Roma al Best Western Hotel (zona stazione Tiburtina) con inizio alle ore 15. L’evento è organizzato dal Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza, in collaborazione con Irfan Edizioni, Istituto Culturale della Repubblica Islamica dell’Iran, Unione delle Associazioni Islamiche degli Studenti in Italia, Libreria Raido e Associazione Identità Europea. Per ogni ulteriore informazione potete contattare la seguente casella di posta elettronica: dimoredellasapienza@yahoo.it.

20 commenti:

  1. L'unico aiuto che sia possibile dare agli islamici è quello di aiutarli ad imboccare lo stesso cammino che noi abbiamo iniziato e perseguito , grazie a Kant Voltaire all'illuminismo,alla rivoluzione francese, che ci ha portato a sconfiggere l'oscurantismo e la prepotenza della chiesa eliminando l'inquisizione,il suo potere temporale, mettendola in posizione di non nuocere piu'allo sviluppo della scienza ,della libera espressione in qualsiasi tema ateismo ed anticlericalismo compreso Tutto questo gli islamici non hanno avuto la fortuna di poterlo fare e sono ancora sotto il tallone di una teocrazia che pur con diverse sfumature condiziona ogni piu piccolo aspetto della loro vita!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Temo, di contro, che la via percorsa dall'Occidente, condivisa e additata a modello da Alberto, non potrà che disgregare ulteriormente l'Islam, snaturandone l'essenza tradizionale.

      Elimina
  2. Io invece credo che bisognerebbe perseguire il modello di sradicamento della religione, e non mi riferisco solamente all'islam.

    RispondiElimina
  3. Cosa vuo dire "snaturare l'essenza tradizionale" se la tradizione è la totale sottomissione della donna,il subire una fatwa se sei un ateo,impedirti di parlare in dissenso del corano pena la vita,proibirti di mangiare che cazzo ti pare,rappresentare che cazzo ti pare,amare come e chi cazzo ti pare,se non puoi pensare che si puo' agire liberamente, che l'uomo sia padrone delle sue scelte e del proprio destino e non che Allah vuole o no vuole,ecc ecc questo non è snaturare una tradizione, è liberare l'uomo!

    RispondiElimina
  4. Una volta tanto sono d'accordo con anonimo ma essendo appunto tale ed essendocene diversi, non so quale sia!

    RispondiElimina
  5. Secondo me il problema principale dell'islam è la mancanza di un'autorità che detta la linea ... La mancanza del Papa.

    La visione distorta dell'isis che esclude i passi del Corano che dicono di trattare con rispetto ebrei e cristiani, in quanto la loro religione è basata su parte dei libri sacri musulmani (antico e nuovo testamento, ma non il Corano). È permessa dalla mancanza di un'autorità religiosa riconosciuta da tutti, e fintanto mancherà tale figura unificante un esaltato potrà prendere una singola frase del corano per giustificare ogni abuso e con la propria propaganda convincere menti deboli ad immolarsi per lui.

    On

    RispondiElimina
  6. Il problema non in cima figursi, è alla base, la religione è una sconfitta della ragione ,un sonno della ragione che non puo' che generare mostri,come diceva Voltaire "Coloro che possono farti credere assurdità possono farti commettere atrocità"

    RispondiElimina
  7. Che povertà! Che miseria nei commenti di alberto e on!

    RispondiElimina
  8. Perchè che miseria ? Anonimo 22:41 ? Diego.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Perchè le Religioni sono sentieri dell'Umano (che è finito e imperfetto) per arrivare ad avvicinare l'Assoluto (che è Perfetto e perciò Unico), chi nega il valore delle Religioni Tradizionali lo fa sulla base della propria profonda ipocrisia.

      Elimina
    2. La religione e il credere ad un dio è un bisogno individuale che i preti di tutte le religioni si sforzano di inculcare nei giovani affinchè ,da adulti non possano ragionare e scegliere liberamente se ricercare e coltivare questo bisogno o respingerlo

      Elimina
  9. Le parole di Anonimo delle ore 23,24 sono vuote e senza alcun senso, solo fredde ripetizioni di cose sentite mille volte e mandate a memoria

    RispondiElimina
  10. Povera Europa che hai tradito le tue radici cristiane.. a cosa ti sei ridotta ... sei orfana di te stessa....
    A tutti gli intelligentoni che hanno commentato sopra auspicando la laicizzazione del continente, vi dico che da duemila anni che esiste la chiesa portatrice del messaggio di Cristo. Voi confondete le organizzazioni umane che si sono macchiate di ignobili meschinità con il messaggio evangelico... Ed ecco i risultati... Chi avrebbe mai pensato che La Russia, patria dell'Ateismo di Stato, avrebbe un giorno difeso la Cristianità in Medioriente e i valori tradizionali che hanno retto la società per millenni.

    RispondiElimina
  11. Sono tutte religioni TEISTE: sembra di leggere il corriere dello sport! E come allo stadio, ci si ammazza per questo.

    Vipera

    RispondiElimina
  12. Gouthama Buddha rispondeva cosi' a chi ponesva questioni attinenti a Dio ed alla sua perfezione: ^Se un uomo avvelenato desiderasse sapere tutto dell'avvelenatore prima di assumere l'antidoto, non riuscirebbe a salvarsi!^
    Ogni pensiero determina un'azione, ogni azione una tua abitudine, ogni abitudine il tuo carattere, ed il tuo carattere determina il tuo destino.

    RispondiElimina
  13. On invece ha centrato il punto sull'islamismo, (già riconosciuto per altro da molti esperti di questa religione) l'assenza di un autorità religiosa unica de facto ha permesso la creazione di molti movimenti e sette all'interno della comunità musulmana ,(come nel protestantesimo d'altronde che non riconosce alcuna autorità) senza chiaramente entrare nel merito se queste siano giuste o sbagliate, ecc.. Però in questo modo ha potuto svilupparsi anche il wahabismo che è una perversione e un'eresia islamica nonché ispiratore dell'ISIS & Compagnia Cantante. Alberto invece possiede a mio avviso una visione ideologica e quindi distorta della storia giudicando la chiesa dall'alto delle conquiste moderne scientifiche successive dimenticandosi che la Chiesa all'epoca nel medio evo e nel citato '500 e '700 era composta da uomini appunto del medio evo del '500 e del '700. Ragionando così si può smontare anche gli illuministi Diderot e Voltaire che nei loro scritti scientifici e politici hanno scritto anche vere e proprie boiate alla luce dell'esperienza storica e scientifica attuale.. Ma questo non diminuisce il valore delle loro opere.. Seguendo il ragionamento di Alberto allora si dovrebbe considerare Platone, Aristotele dei cavernicoli allora.. Insomma un modo di vedere e ragionare sulla storia e sulla filosofia ideologico, parziale ma soprattutto superficiale che si commenta da sé.

    RispondiElimina
  14. ... commento molto intelligente: soprattutto quando dice agli islamici di starsena a casa loro, visto che qui, ormai, non c'è più "trippa per gatti" ... neanche per noi.

    RispondiElimina