venerdì 11 marzo 2011

L'Egitto marcia verso la totale de-Mubarakizzazione: liberati due prigionieri politici incarcerati per trent'anni

I cugini Abboud e Tareq el Zomor
 Immaginate di riemergere dopo un'apnea durata trent'anni; un soffocante periodo di umiliazioni, servilismo, nepotismo, corruzione e vergogna...provate soltanto a figurarvi l'euforia, la gioia, l'esaltazione che potreste provare al rilascio definitivo dopo tante offese e tante sofferenze.

E' quanto sta succedendo in Egitto, dopo la caduta del corrotto 'faraone' Mubarak, che aveva svenduto la dignità e il prestigio internazionale del paese agli interessi di Washington e Tel Aviv in cambio dell'osso degli aiuti militari americani e della pace vana e ingiusta con il regime sionista, ottenuta con l'offensiva e illegittima 'smilitarizzazione' del Sinai (come se l'Italia facesse "la pace" con la Mafia, e anche quello a patto di non far più circolare polizia e carabinieri in Sicilia).

Ieri, il turno per 'emergere' da un'immersione (o forse una sepoltura) durata tre decadi é venuto per i prigionieri politici Abboud e Tareq el-Zomohr, fra di loro cugini, incarcerati in quanto ritenuti 'coinvolti' nella pianificazione e/o nell'organizzazione dell'attentato costato la vita ad Anwar Sadat, successore di Nasser e predecessore di Mubarak, ucciso il 6 ottobre 1981 a colpi di mitra e bombe a mano da un commando di quattro militari infuriati contro di lui per la svolta filosionista e filoimperialista della sua politica.
Il commando omicida era composto da Islambouli, Abdelhamed Salaam, Ata Tayel Raheel, e Hussein Abbas
Tra i partecipanti all'attacco fu il Tenente d'artiglieria Khaled el-Islambouli a crivellare materialmente il Presidente Sadat con le raffiche del proprio Kalashnikov. Islambouli e altre 23 persone vennero uccise dai plotoni d'esecuzione scatenati da Mubarak nella violenta ondata repressiva che fu il suo primo atto di governo, mentre i cugini Zomohr furono fra i molti condannati a lunghissime pene detentive dopo processi-farsa resi possibili dallo "stato d'emergenza" dichiarato subito dopo la morte di Sadat e tuttora non revocato, nonostante i ripetuti annunci in tal senso seguiti alla caduta del satrapo del Cairo.



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