domenica 13 febbraio 2011

Khalid Amayreh: "La cacciata di Mubarak é fausto evento per tutti gli egiziani, gli arabi e i musulmani del mondo!"


Mi é difficile esprimere a parole la mia gioria personale per lo spettacolare trionfo della Rivoluzione egiziana.
Mubarak, in compagnia dei colleghi satrapi Re Abdallah e Abu Mazen, rende omaggio ad Ariel Sharon, infaticabile massacratore di egiziani, palestinesi ed arabi in generale...
Secondo il mio modesto parere la deposizione del tiranno Hosni Mubarak, ampiamente considerato come l'agente più fidato degli Usa e di Israele nel Medio Oriente, é l'evento più fausto che il Mondo arabo e musulmano abbiano visto da trentatre anni a questa parte, cioé dalla Rivoluzione iraniana che scalzò dal trono il corrotto Scià di Persia Reza Palhavi.
Reza Palhavi si crogiolava nel più barocco fasto da operetta mentre il popolo iraniano languiva nella miseria.
Come lo Scià in Iran Mubarak tormentava il suo popolo per conto di Washington e di Tel Aviv, valutando la propria "legittimazione" come dipendente dalla sua sottomissione a questi due stati e ai loro desideri, senza considerare affatto le opinioni e i sentimenti dei suoi sudditi.

Nelle strade di Teheran nel 1978 mi ricordo di aver visto centinaia di migliaia di iraniani gridare "Tour Marghe Shahe Khae'n Nehzat Edameh dorad!", cioé 'Fino alla morte dello Scià traditore la lotta continuerà". E ho avuto un naturale e comprensibile dejà vu sentendo masse simili di egiziani intonare, questa volta in arabo e non in farsi, slogan punto differenti nei confronti di Mubarak.

Nessuno nei media occidentali venduti all'imperialismo oggi lo dice, ma c'erano molti punti di contatto fra lo Scià e Mubarak. Attraverso tutti gli anni della sua supremazia la 'vacca che ride' si é sempre preoccupata di prevedere e anticipare i desideri dei suoi padroni, coltivando un cinico e sprezzante odio nei confronti del suo popolo; é noto che Mubarak considerasse gli egiziani inconsequenziali, come se fossero mosche, formiche o qualche altra simile noia da tenere sotto controllo.

Sia Mubarak che Reza Palhavi nascondevano tutto ciò sotto una appariscente e luccicante "crosta" di patriottismo, col quale hanno cercato di ipnotizzare le masse furenti fino all'ultimo momento ma, come é chiaro dalla fine che entrambi hanno fatto, il patriottismo esteriore e di facciata non può far presa su popolazioni esasperate da decenni e decenni di abusi e umiliazioni.

Sotto il trentennio di Mubarak l'Egitto é regredito in ogni possibile campo, soffocato da una cappa di repressione, corruzione che lo hanno portato all'impotenza: una volta paese-guida del Mondo arabo l'Egitto é entrato in decadenza politica, economica, agricola, industriale e anche culturale...la stagnazione é stata prolungata e dolorosa e, insieme alla sottomissione a Israele, ha costituito la molla principale per la Rivoluzione.

Nella mia carriera recente, spesso scontrandomi con capiredattori e direttori preoccupati dall'idea di farsi nemici tra i sostenitori di un tiranno tanto potente, ho sempre denunciato Mubarak come una figura di rara immoralità, ma nemmeno nei miei sogni più rosei avrei potuto immaginare che la fine della sua parabola sarebbe stata tanto vicina e si sarebbe consumata grazie alla furia rigeneratrice del popolo che tanto disprezzava e sdegnava. Sicuramente é stata una grande e inattesa manifestazione di serendipità, che mi conforta e mi fa guardare con ottimismo al futuro.

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