Secondo uno studio portato avanti dal Comitato di Difesa degli abitanti palestinesi di Silwan, il quartiere di Gerusalemme occupata sottoposto alle brutali politiche di giudaizzazione forzata del Governo sionista dell'Apartheid, i bambini e i ragazzi del distretto che hanno avuto la sfortuna di cadere prigionieri delle autorità israeliane hanno subito gravi ed evidenti modifiche al comportamento e alla personalità, in conseguenza degli abusi e dei tormenti cui sono stati sottoposti durante la detenzione.
Tali modifiche, se non affrontate nella maniera terapeuticamente corretta, si svilupperanno in profondità con effetti negativi sulla socialità e la salute mentale dei soggetti in questione, come articola, in un incontro tenutosi lo scorso venerdì con la stampa locale e regionale, il membro del Comitato Fakhri Abu Diab. "Stiamo parlando di dozzine e dozzine di bambini e ragazzi, per un totale di oltre due centinaia: bambini che una volta restituiti alle famiglie hanno mostrato segni di isteria, agitazione, attacchi di panico, incubi, scotofobia (paura del buio), balbuzie e altri disordini della fonazione, aggressività e altri disordini che erano del tutto sconosciuti prima delle loro esperienze nelle carceri israeliane".
Tali cambiamenti, sottolinea Diab, non possono essere tutti frutto del caso o di 'incidenti isolati'; evidentemente Israele implementa una politica di sistematica brutalizzazione delle proprie vittime, in special modo sui bambini, in quanto più esposti e sensibili alle molestie e agli abusi, in modo da 'creare' intere generazioni di Palestinesi traumatizzati e insicuri, che più difficilmente saranno in grado di lottare in maniera coerente per i propri diritti e più facilmente potranno lasciarsi andare ad atti di violenza insensata, giustificando così la 'leggenda' sionista sui 'palestinesi come animali violenti'.
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