Sono arrivati sotto le finestre del Primo Ministro, quell'Awn Khasawneh che dopo qualche fuggevole speranza all'indomani della sua nomina a Premier non si é dimostrato poi molto meglio di coloro che lo avevano preceduto, gli insegnanti e i professori giordani che, dopo aver rifiutato l'offerta governativa di un aumento del settanta per cento dei loro stipendi continuano a pretendere la rivalutazione degli stessi al cento per cento, praticamente un raddoppio, per poter fare fronto all'inflazione in costante aumento che negli ultimi anni ha eroso e divorato il loro potere di acquisto.
Al contrario di altri dipendenti pubblici, che 'arrotondano' i loro magri incassi con secondi lavori o, persino, con la richiesta di 'incentivi' e 'bustarelle' a quanti si rivolgono a loro per il disbrigo di una pratica o per il rilascio di una autorizzazione i lavoratori dell'insegnamento possono contare solo sulle loro buste paga e perciò la richiesta del raddoppio dello stipendio non deve suonare esosa o esagerata; le bandiere che hanno portato sotto i balconi di Khasawneh recitavano: "Non domandiamo il Caos, pretendiamo ciò che é giusto" e "Anche gli insegnanti hanno Diritti Umani, non accetteremo ingiustizie".
Quasi un milione e mezzo di scolari e studenti giordani sono rimasti a casa dall'inizio dello sciopero, dieci giorni fa, una 'vacanza' che forse ad alcuni di loro non dispiace ma il cui protrarsi metterebbe in serio dubbio la possibilità di concludere regolarmente l'anno scolastico e portare a termine i programmi didattici previsti.
Secondo Moustafa Rawasdeh, capo del Sindacato dell'Insegnamento, sono circa novantamila i docenti giordani che hanno incrociato le braccia.
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